Tutti i principali partiti citano le politiche culturali nel loro programma. Ma le proposte sono slegate dai veri bisogni del settore e molte volte si sovrappongono agli obbiettivi del Pnrr. Spesso contengono più retorica che soluzioni strutturali.

Incentivi e bonus

In tutti i programmi elettorali dei principali raggruppamenti o partiti è immancabile un paragrafo sulla cultura, un tema quantomai rilevante considerato l’ingente patrimonio culturale italiano, spesso però ignorato nelle analisi delle proposte. Qui presentiamo una lettura comparata dei principali programmi (Si, Pd, Az-Iv, M5s, FI, Lega e FdI) alla luce degli interventi presenti nel Pnrr e delle linee guide co-promosse da Icom Italia, ente di riferimento per le istituzioni culturali pubbliche e private nazionali. L’obiettivo è vedere come le proposte rispondano ai problemi reali del settore e alle riforme già in atto.

Il primo argomento affrontato dai vari programmi riguarda gli incentivi fiscali e i bonus per aumentare investimenti privati e fruizione del pubblico, due temi centrali per le politiche culturali sia sul fronte della valorizzazione del patrimonio, sia per esercitare il ruolo educativo e di sviluppo che la cultura possiede. Su questo fronte, i partiti sembrano essere in generale favorevoli a confermare alcune misure introdotte dal ministro Dario Franceschini, come l’ArtBonus per gli investimenti privati e il bonus 18App per i neomaggiorenni. Nella maggior parte dei programmi (fanno eccezione Si e M5s), inoltre, troviamo la possibilità di detrarre le spese per accessi e biglietti ai luoghi della cultura: la misura potrebbe sicuramente aumentare il numero di visitatori, ma il costo per le casse dello stato sarebbe ingente e i benefici educativi dubbi, senza considerare la natura regressiva della proposta. In generale sembra che nessun partito dedichi particolare considerazione al rapporto costo-beneficio delle proposte, promettendo stanziamenti di fondi senza alcun obbiettivo concreto da raggiungere.

Le proposte per i lavoratori della cultura

Un altro tema venuto alla ribalta a causa della pandemia è la questione dei lavoratori della cultura. Come evidenzia anche il documento co-promosso da Icom Italia, il problema non è unicamente legato alla crisi dovuta alle chiusure necessarie durante l’emergenza Covid-19, già in parte gestita tramite i decreti sostegni, bensì ha una natura più strutturale. Alcuni dei problemi più evidenti sono la mancanza di fondi per impiegare stabilmente i lavoratori necessari, che costringe gli enti culturali a usare impropriamente tirocini e contratti d’apprendistato per rimpinguare le fila e il fatto che in molte regioni i concorsi per alcune figure chiave, come quello per le licenze da guida turistica, sono sospesi da anni. Su questo tema, escluso pure dal Pnrr, la maggior parte dei partiti non presenta proposte. Fanno eccezione FdI, che parla genericamente di “tutela ai professionisti della cultura”, e FI e M5s che sono gli unici a proporre un piano straordinario di assunzioni. Solamente il Pd affronta invece il tema della riforma dei contratti dello spettacolo, interrotta a causa della crisi del governo che ha bloccato l’apposita legge delega, promettendo continuità con il governo Draghi.

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Tutto già previsto dal Pnrr?

Un punto particolarmente critico nei programmi è la relazione tra le proposte dei partiti e il Pnrr, in quanto molti schieramenti fanno proposte che già sono programmate dal Piano nazionale o addirittura già in opera.

Il caso più emblematico è quello del rilancio dei borghi storici: la maggior parte dei programmi (fanno eccezione Az-Iv, M5s e FI) propone progetti per preservare, riqualificare e contrastare lo spopolamento dei borghi storici, obbiettivo per il quale il Pnrr ha stanziato ingenti risorse (quasi due miliardi di euro). Solamente due partiti (Lega e Pd) specificano che il loro piano va oltre quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, gli altri invece non dicono se intendono spendere ulteriori risorse per i borghi storici o se vogliono solamente continuare il lavoro, in gran parte già avviato, del Pnrr. Lo stesso succede per altre misure previste dal progetto “Cultura 4.0”, come la digitalizzazione e la messa in sicurezza del patrimonio culturale o il supporto alle industrie creative, argomenti citati da tutti i programmi eccetto Az-Iv, senza però indicare se si desideri continuare l’attuazione del Pnrr, rivederla o affiancarle nuovi stanziamenti di fondi.

In generale, quello che manca in tutti i programmi è un’offerta concreta che vada oltre il riconoscimento assodato del valore della cultura: ci sono pochi riferimenti specifici alle politiche attraverso le quali portare avanti la valorizzazione del patrimonio culturale, a quali siano le priorità più urgenti e a quali siano le riforme normative che i partiti vogliono realizzare. Il documento co-promosso da Icom contiene molti esempi di proposte concrete, come la definizione dello status giuridico delle Icc (imprese culturali e creative) o il completamento del Sistema museale nazionale, tutti temi che non vengono citati in nessun programma di partito. Insomma, quello che bisognerebbe fare è rivolgersi al settore culturale non in maniera retorica, ma come a qualsiasi altro ambito di servizio pubblico.

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