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Le accuse di Renzi a Letta in materia fiscale

Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca a Matteo Renzi: il governo Letta ha aumentato le tasse ed è stato l’ultimo ad aumentare le aliquote Iva?

Martedì 16 agosto il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha dichiarato: “Enrico Letta ha aumentato le tasse e io no, fu l’ultimo premier che aumentò l’Iva“. È così?

La pressione fiscale sotto i governi Letta e Renzi

Per verificare la prima parte dell’affermazione, occorre utilizzare la misura più indicativa per valutare l’andamento del peso del fisco in un paese, ossia la pressione fiscale. Si tratta del rapporto tra l’ammontare del prelievo operato dallo Stato e dagli altri enti pubblici sotto forma di imposte, tasse e tributi e contributi sociali, per il finanziamento della spesa pubblica, e il Pil del paese di riferimento. Riprendendo i dati già utilizzati in un precedente fact-checking, riportiamo in Figura 1 l’andamento della media mobile a quattro trimestri della pressione fiscale in Italia dal 1999.

Il Governo Letta ha giurato il 28 aprile 2013, ossia nel secondo trimestre di quell’anno. Poco prima del suo insediamento, si è verificato un aumento di oltre mezzo punto percentuale della pressione fiscale media in Italia, ma, appunto, prima che il governo presieduto dall’attuale segretario del Pd entrasse in carica. Durante tutta la durata del governo Letta, invece, la pressione fiscale è calata: nel momento delle dimissioni, il 14 febbraio 2014, il valore dell’indicatore era tornato ai livelli di fine 2012.

Osservando i dati in Figura 1, dunque, si può concedere a Matteo Renzi di rivendicare di aver abbassato la pressione fiscale durante il suo governo, nonostante due leggeri aumenti registrati in due trimestri, ma l’ex premier sostiene erroneamente che il governo di Enrico Letta abbia aumentato le tasse.

L’ultimo aumento dell’Iva

L’Iva è stata istituita dal Dpr 633/72, che, con le successive modificazioni, ne regola il funzionamento ancora oggi. L’imposta è stata introdotta per la prima volta nel 1973 e prevedeva tre aliquote: quella ordinaria, che riguardava tutti i beni, salvo altre indicazioni, fissata al 12 per cento; quella ridotta, pari al 6 per cento, che riguardava i beni indicati nella tabella A allegata alla legge che regola l’Iva, che comprende per esempio la maggior parte dei beni alimentari; e, infine, un’aliquota maggiore a quella ordinaria, pari al 18 per cento, che riguardava i beni inseriti nella tabella B allegata alla legge, tra cui, per esempio, i prodotti di pellicceria. Si può poi considerare una quarta aliquota, allo 0 per cento, per i prodotti esenti dal pagamento dell’Iva.

Fino al 2016, l’Iva ha sempre previsto tre aliquote (quattro se si considera quella per i beni e servizi esenti), ma il loro valore è mutata di molto nel corso del tempo. Dal 12 per cento del 1973, l’aliquota ordinaria è presto aumentata al 14 per cento del 1977, al 15 del 1980 e al 18 del 1983. Anche l’aliquota ridotta è aumentata nel tempo, ma non ha mai superato il 10 per cento, mentre quella massima, dopo essere stata aumentata al 30 per cento già nel 1974, è rimasta stabile al 38 per cento dal 1983 al 2015.

Il sistema è cambiato nel 2016, quando il governo Renzi ha abolito l’aliquota massima e ha introdotto due nuove aliquote ridotte, al 4 e al 5 per cento, mantenendo quella al 10 per cento già esistente. I beni sottoposti a queste aliquote sono riportati rispettivamente nella parte II, nella parte II bis e nella parte III della tabella A allegata al Dpr 633/72. Viene applicata l’aliquota del 4 per cento soprattutto a prodotti alimentari di origine vegetale (frutta e ortaggi, mangimi) o a beni e servizi sanitari (per esempio protesi ortopediche), mentre l’aliquota al 5 comprende un numero limitato di beni, tra cui i tartufi e gli assorbenti biodegradabili. L’aliquota del 10 per cento viene applicata a una quantità di beni e servizi superiore, tra cui prodotti di origine animale, medicinali da banco, prestazioni alberghiere e di ristorazione.

La Figura 2 mostra l’evoluzione dell’aliquota Iva ordinaria nel corso dei cinquant’anni in cui è stata applicata l’imposta. Guardando al periodo del governo Letta, si nota che l’ultimo aumento dell’aliquota è avvenuto proprio in quel periodo, dal 21 per cento del 2013 al 22 del 2014. Va comunque ricordato che l’aumento dell’Iva quell’anno fu dovuto allo scattare di una delle clausole di salvaguardia introdotte dal governo Berlusconi IV nel 2011. L’aumento dell’Iva, dunque, fu il prezzo da pagare per non impegnare risorse della legge di bilancio nella sterilizzazione della clausola, legata a promesse disattese di riduzione della spesa.

Verdetto

Per quanto riguarda l’aumento delle tasse, la dichiarazione di Matteo Renzi è FALSA: la pressione fiscale non è aumentata nel corso del breve governo di Enrico Letta, che invece l’ha ridotta di circa mezzo punto percentuale.

Per quanto riguarda l’aumento dell’Iva, invece, le parole di Renzi sono VERE: il governo di Enrico Letta ha aumentato l’aliquota ordinaria dal 21 al 22 per cento, mentre quello di Matteo Renzi ha introdotto ulteriori agevolazioni per alcune categorie di beni. Negli anni successivi, la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia ha sempre evitato l’aumento dell’Iva, rendendo quello del governo Letta l’ultimo incremento di aliquota dell’imposta.

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  1. damiano

    portare l’aliquota iva dal 21 al 22% ha un effetto trascinamento fortissimo che è andato a ricadere sui governu successivi.

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