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Un’analisi del programma di Forza Italia sull’istruzione

Il 24 agosto Forza Italia ha pubblicato il suo programma elettorale che, nelle sezioni dedicate a scuola e università, contiene molti più dettagli rispetto al decalogo circolato in precedenza. Di conseguenza aggiorniamo il relativo commento.

 Dopo la pubblicazione del programma congiunto del Centrodestra avvenuta l’11 agosto, il 24 Forza Italia ha reso note le proprie proposte su scuola e università. Riportiamo qui le principali sulla scuola:

  • Completamento del piano asili previsto dal Pnrr e più scuole innovative del primo ciclo (a tempo pieno, con mense e palestre) e campus di scuole secondarie superiori con laboratori scientifici, centri sportivi.
  • Tempo pieno nelle scuole di ogni ordine e grado, statali o paritarie, in tutta Italia, rimodulazione delle rette per gli asili nido pubblici e privati.
  • Centri estivi e scuole aperte anche d’estate.
  • Riconoscimento della libertà di scelta delle famiglie attraverso il buono scuola.
  • Formazione di una nuova generazione di docenti (più tutor e più coach) con nuovi riconoscimenti giuridici ed economici.
  • Introduzione del coding e della didattica digitale, con copertura con la banda larga.
  • Più formazione professionale (sistema duale) e più tecnologi del futuro attraverso gli Its Academy.
  • Istituzione della figura dello psicologo scolastico e dello psicologo per l’assistenza primaria.
  • Introduzione nel programma scolastico di un’ora curricolare di educazione emotiva.
  • Fondi per scuola e Università per impianti di sanificazione e purificazione dell’aria, tramite ventilazione meccanica degli ambienti.
  • Potenziamento dell’Orientamento dei giovani in età scolare con particolare attenzione all’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
  • Piano di edilizia scolastica.

e sull’università:

  • Promozione di una strategia per l’innovazione favorendo l’approccio interdisciplinare dei settori con più eccellenza e meno burocrazia.
  • Potenziamento del diritto allo studio universitario, rendendo il sistema universitario attrattivo a livello globale.
  • Avvio di iniziative utili a favorire il rientro degli italiani altamente specializzati, attualmente all’estero.
  • Conclusione della riforma delle lauree abilitanti e revisione dei curricula formativi.
  • Programmazione dei percorsi di studio delle Professioni sanitarie in stretta sintonia con le esigenze del fabbisogno

Molte proposte – come il piano di edilizia scolastica, le scuole innovative del primo ciclo, la formazione dei nuovi docenti, la didattica digitale, le Its Academy, l’orientamento, il diritto allo studio universitario – sono in diretta continuità con le misure previste dal Pnrr: in particolare digitale e Its, da sempre cavalli di battaglia del partito di Silvio Berlusconi, stanno trovando attuazione grazie ai fondi europei (si veda qui e qui).

Sarebbe utile quantificare l’ordine di grandezza degli investimenti proposti, in aggiunta ai fondi stanziati dal Piano nazionale. Per esempio, Forza Italia propone, correttamente, di utilizzare i dati sul fabbisogno di interventi di edilizia scolastica raccolti in occasione dei vari bandi del Pnrr, in modo da realizzare un piano decennale di investimenti prioritari: manca però una valutazione realistica sull’entità del piano; sappiamo che, se il Pnrr impegna circa 8 miliardi di euro di qui al 2026, una ristrutturazione di tutti i 40 mila edifici scolastici che seriamente affronti le esigenze di sicurezza, di sostenibilità e di innovazione didattica per i prossimi decenni comporterebbe una spesa che la Fondazione Agnelli ha stimato in circa 200 miliardi

Oltre all’ammodernamento delle scuole, che include anche la costruzione di laboratori, mense e palestre e la ventilazione meccanica delle aule (il cui costo supera 1,3 miliardi, si veda la discussione del programma del Pd), Forza Italia articola una serie di interventi sull’aiuto psicologico degli studenti:  l’istituzione dello psicologo di scuola, la possibilità che i laureati in psicologia diventino insegnanti di sostegno degli studenti con bisogni educativi speciali e un’ora (settimanale?) di educazione emotiva, che favorisca lo scambio fra famiglie e docenti sui tratti della personalità dei ragazzi. Un’attività strutturata di counseling psicologico nelle scuole è presente in molti ordinamenti europei, per esempio in Francia, e indubbiamente aiuterebbe i ragazzi emotivamente fragili o semplicemente in difficoltà temporanea (per esempio per il divorzio dei genitori) ad affrontare più serenamente gli impegni dello studio: oggi questo aspetto è lasciato agli insegnanti, molti dei quali non hanno gli strumenti (e in alcuni casi le capacità) per accompagnare bambini e adolescenti nelle fasi più critiche.

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Analogamente, è da apprezzare il tentativo di creare un momento di confronto regolare fra famiglie e scuola, anche se è da chiarire in che cosa consista in pratica l’ora di educazione emotiva: in Italia il coinvolgimento avviene saltuariamente, soprattutto in occasione dei colloqui tri o quadrimestrali, e non con tutti i genitori. Interessanti esperimenti condotti in scuole difficili in Francia e Usa, per cui gruppi di genitori hanno ricevuto regolari aggiornamenti sull’andamento scolastico dei figli, mostrano che il contatto fra scuola e genitori ha contribuito a ridurre significativamente la dispersione.  I dati Pisa 2018 dell’Ocse evidenziano come i rapporti scuola-genitori in Italia siano in linea con gli altri paesi avanzati, con un’importante differenza: mentre altrove il colloquio è più frequentemente richiesto dalla scuola, da noi sono soprattutto i genitori ad attivarsi per chiedere di discutere progressi e difficoltà dei figli. Da noi, infatti, il 59 per cento dei genitori discute i progressi del proprio figlio con i professori in un colloquio proposto di sua iniziativa, contro il 41 per cento medio dell’Ocse; solo l’8 per cento svolge attività di volontariato per la scuola, contro il 12 per cento medio. Dato il beneficio che ne traggono gli studenti, vi è ampio spazio per uno scambio più serrato fra scuole e famiglie.

La proposta di Forza Italia sul tempo pieno a scuola è di gran lunga la più radicale nel panorama dei programmi elettorali: riguarda infatti tutti gli ordini di scuola, mentre finora la discussione sull’estensione del tempo scuola si è tipicamente limitata alle primarie, soprattutto al Sud, e alle medie. A essa si aggiunge l’apertura estiva degli istituti. Se applicata, si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione del modo di far scuola in Italia, con grandi benefici per gli studenti, soprattutto per quelli che provengono da ambienti svantaggiati: l’estensione dell’orario e dei mesi di apertura aiuterebbe a svolgere i programmi annuali in modo meno concitato, a introdurre nuove metodologie di apprendimento, a realizzare corsi di recupero o di potenziamento a seconda delle capacità degli studenti eliminando la piaga delle ripetizioni a pagamento, a proporre materie aggiuntive a scelta degli studenti, ad attivare sport, musica, teatro a tutti i livelli. Inevitabilmente la rivoluzione riguarderebbe anche l’organizzazione del lavoro dentro gli istituti (l’assunzione di docenti per le materie opzionali, per esempio) e la spesa dello Stato. A proposito di quest’ultima l’impegno rischia di dover essere davvero notevole: Tuttoscuola stima che la sola realizzazione del tempo pieno alle primarie (dove la percentuale di studenti che frequentano anche al pomeriggio è già del 40 per cento) comporterebbe un aggravio della spesa ordinaria intorno ai 6,5 miliardi di euro annui, tralasciando gli investimenti in infrastrutture; applicando lo stesso costo per studente, l’estensione del tempo scuola a tutti gli ordini comporterebbe un maggiore esborso di circa 30 miliardi, pari a oltre l’1,5 per cento del Pil. Davvero un cambiamento epocale.

Un altro punto caratterizzante del programma di Forza Italia è la libertà di scelta delle famiglie, che presuppone un maggior sostegno alle scuole paritarie. La proposta, ripresa nel programma congiunto del Centrodestra, riguarda un tema da sempre molto discusso dentro la scuola italiana, essendo legato alla questione delle scuole paritarie, soprattutto di matrice cattolica. L’idea dei sostenitori è che le scuole non statali amplino la possibilità di scelta delle famiglie e che, attraverso la concorrenza nei confronti delle scuole statali, portino a un miglioramento complessivo dei risultati del sistema di istruzione. Poiché in questo senso le scuole paritarie renderebbero un servizio pubblico, negli ultimi anni si è fatta più pressante la richiesta di un sostegno finanziario da parte dello Stato: ad esempio, in numerosi scritti di Suor Anna Monia Alfieri e nel libro di Ribolzi e Vittadini , si discute l’ipotesi che lo Stato riconosca alle scuole paritarie l’equivalente del costo medio per allievo sostenuto dalle scuole, compreso fra i 5200 e i 6600 euro annui, a seconda del grado scolastico. Teoricamente, se anche si accettasse questa impostazione, più che il costo medio andrebbe rimborsato il più basso costo marginale efficiente (costo standard) sostenuto dalle scuole paritarie per istruire uno studente aggiuntivo, al netto quindi dei costi fissi e di quelli di sistema (per esempio, per gli esami di maturità) sostenuti dallo Stato. Gli oppositori a questa proposta si rifanno invece all’art. 33 della Costituzione, che consente ai privati di istituire scuole purché “senza oneri per lo Stato”, vietandone quindi il finanziamento diretto: questo, tra l’altro, spiega perché in regioni come la Lombardia si sia adottato un sistema di buoni scuola, sulla carta aperto a tutti i residenti, come aiuto alle famiglie che scelgono la scuola non statale. Un’altra obiezione è la qualità delle scuole paritarie che nel nostro Paese, a differenza di altri, è complessivamente modesta, sia pure con notevoli eccezioni, soprattutto in Lombardia e nelle scuole di origine religiosa: il riferimento è ai cosiddetti “diplomifici”, ovvero gli istituti paritari che garantiscono l’ottenimento del titolo di studio a studenti particolarmente scarsi. È evidente che i criteri per accreditare e valutare strada facendo queste scuole, oggi abbastanza blandi, andrebbero resi più stringenti.

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La proposta di Forza Italia consiste nell’estensione dei buoni scuola a livello nazionale: si tratta però di una posizione difficilmente accettabile da gran parte del mondo della scuola. Per spostare la discussione su un piano non ideologico, occorrerebbe capire se le scuole non statali svolgono davvero un servizio pubblico, sostituendosi a quelle statali quando queste non sono in grado di soddisfare la domanda delle famiglie, perché non esistono in quel luogo o perché non hanno abbastanza docenti o spazi: in questo caso il rimborso dei costi da parte dello Stato sarebbe giustificato, a condizione che le famiglie non debbano pagare rette.

A livello aggregato, i dati del Ministero dell’istruzione per il 2021-22 ci dicono che nelle scuole dell’infanzia (3-5 anni) il 37 per cento degli studenti frequenta istituti paritari (nei nidi la percentuale è probabilmente ancora superiore, ma mancano dati ufficiali); la percentuale scende al 6,5 per cento alle primarie, al 3,9 per cento alle medie e al 4,1 per cento alle superiori. Nel complesso, ad eccezione dei nidi e della scuola dell’infanzia, per cui il Pnrr ha comunque previsto ingenti investimenti pubblici per estenderne la frequenza e la diffusione sul territorio, la quota di allievi che si rivolge al sistema non statale appare dunque contenuta e non sembra rivelare seri vincoli di offerta, tenuto conto anche del rapido calo della popolazione scolastica nel prossimo decennio (circa un milione in meno di studenti). Si tratta però di considerazioni di larga massima: l’analisi andrebbe approfondita località per località in modo da identificare precisamente dove il sistema statale è carente ed esistono quindi le ragioni per sussidiare quello paritario.

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  1. Firmin

    La “libera” scelta delle famiglie è un puro artificio retorico. Si è veramente liberi di scegliere solo se si è capaci di valutare esattamente la qualità di una scuola (statale, paritaria o totalmente privata). Ma solo genitori con un livello di istruzione abbastanza elevato hanno qualche chance di fare la scelta giusta. Questo significa che la “libertà” di scelta si traduce in un progressivo allargamento dei divari di istruzione e probabilmente anche di reddito. Chi lo ritiene desiderabile è caldamente invitato a votare per Forza Italia.

  2. Vincenzo Pascuzzi

    1) la libera scelta delle famiglie è già possibile e in atto (dove mancano scuole pubbliche e-o le famiglie possono pagare le rette delle “scuole private paritarie” e se queste esistono ed hanno disponibilità di posti);

    2) in realtà “libera scelta ecc.” è uno slogan accattivante che nasconde “con oneri a carico per lo Stato” e vorrebbe così asfaltare o aggirare l’art. 33, Cost.; slogan diffuso e propagandato dalle scuole cattoliche – in particolare dall’attivissima suor Anna Monia Alfieri – ; slogan sostenuto dai politici di destra e dall’intergruppo parlamentare di Maurizio Lupi;

    3) il programma elettorale di FI per la scuola manca delle indicazioni relative ai tempi di attuazione, delle risorse (soldi) necessarie, e delle alleanze politiche e sindacali necessarie;
    (vedere “Programmi elettorali sulla scuola: un libro dei sogni. Promesse di spesa incompatibili con l’attuale quadro finanziario” su https://www.tuttoscuola.com/programmi-elettorali-sulla-scuola-libro-dei-sogni/ “)

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