Se le condizioni fiscali sono le stesse, gli italiani sono propensi a pagare le tasse tanto quanto i danesi, se non di più. L’evasione non è una questione di volontà individuale o di cultura. È una questione di possibilità, come dimostra la Danimarca.
Un esperimento su danesi e italiani
I danesi sono felici di pagare le tasse? Da alcuni sondaggi sembrerebbe di sì. Tuttavia, recenti studi sperimentali suggeriscono il contrario, mostrando come i danesi evadano le tasse se ne hanno la possibilità (Kleven et al., 2011), e abbiano una predisposizione a farlo tanto alta quanto quella degli italiani, se non di più (Guerra e Harrington, 2018).
In particolare, nel mio studio insieme a Brooke Harrington, pubblicato su Journal of Economic Behavior and Organization, abbiamo condotto un esperimento in laboratorio per analizzare la predisposizione all’evasione di italiani e danesi. Durante l’esperimento, abbiamo richiesto ai partecipanti di svolgere un semplice lavoro retribuito e di dichiarare il reddito percepito, informandoli che il reddito dichiarato sarebbe stato tassato a fini redistributivi. Abbiamo sottoposto i partecipanti a nove diverse condizioni fiscali, variando redistribuzione del gettito fiscale, aliquota e probabilità di controlli. Nel caso in cui un controllo fiscale avesse rilevato una dichiarazione mendace, sarebbe stata applicata una sanzione proporzionale all’ammontare evaso.
I risultati mostrano che, in ogni condizione, il tasso medio di evasione è più alto nel campione danese rispetto a quello italiano, eccezion fatta per un’alta probabilità di controlli e un’alta redistribuzione. Quindi, se sottoposti alle stesse condizioni fiscali, italiani e danesi sono ugualmente propensi a pagare le tasse. È tuttavia fondamentale che la probabilità dei controlli sia elevata e il beneficio di pagare le tasse sia chiaro, alto e tangibile.
Lo studio mostra anche che la propensione a evadere in entrambi i campioni aumenta all’aumentare dell’aliquota e si riduce al crescere della redistribuzione e della probabilità di controlli. Quest’ultimo effetto è particolarmente significativo. Per esempio, quando la probabilità di controlli è al 5 per cento, il tasso medio di evasione è 64,29 per cento nel campione danese e 41,26 per cento nel campione italiano. Aumentando la probabilità dei controlli al 30 per cento, il tasso medio di evasione è più che dimezzato, fino a quasi scomparire in entrambi i campioni quando la probabilità dei controlli aumenta al 50 per cento.
Un esempio per l’Italia
La ricerca, condotta nei laboratori di Copenhagen University e dell’Università di Bologna, ha visto la partecipazione di 180 studenti. Nonostante i numerosi esperimenti usati per analizzare le determinanti dell’evasione (qui una revisione), e sebbene sia stato dimostrato (qui e qui) che gli studenti si comportano come farebbero altri contribuenti, si potrebbero nutrire dubbi sul metodo sperimentale.
Può essere allora utile leggere i risultati di un altro studio, pubblicato su Econometrica, condotto in Danimarca in collaborazione con Skat (l’Agenzia delle Entrate danese), che ha coinvolto più di 40 mila contribuenti. Questa ricerca mostra come il basso tasso medio di evasione in Danimarca non sia dovuto alla volontà individuale dei danesi di pagare le tasse, bensì dalla loro impossibilità di evadere, dato il diffuso e obbligatorio modello precompilato di dichiarazione dei redditi.
Una lettura congiunta dei dati offre una prospettiva incoraggiante per l’Italia. La Danimarca non è un caso esemplare di cultura pro-tasse, ma di certo un esempio di sistema fiscale in cui è praticamente impossibile evadere.
Al tempo stesso, l’Italia non è un caso senza speranza. Le misure introdotte per ridurre l’evasione (per esempio, la fatturazione elettronica o la lotta al contante) sembrano avvicinarci al modello danese. Cosa manca? Un’alta probabilità di controlli, più informazione su come le tasse vengono redistribuite e la tangibilità dei benefici nel pagarle, oltre all’obbligo – ove possibile – del modello precompilato di dichiarazione dei redditi.
Infine, come più volte segnalato (qui, qui e qui), è fondamentale la capacità di usare i dati, con eventuale revisione della legge sulla privacy (Santoro.1, Santoro.2, e Comandè). Il sistema danese è in grado di tracciare perfettamente il comportamento puntuale dei singoli contribuenti. E se in Danimarca è stato possibile costruire una macchina di monitoraggio così precisa, superando barriere di privacy per il bene della collettività, dev’essere possibile farlo anche in Italia.
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