Sull’evasione la manovra del governo Conte bis è in netta discontinuità con quella del Conte 1. Ma restano i dubbi sulla possibilità concreta di realizzare gli obiettivi previsti. Tutto ruota ancora attorno alla questione dell’utilizzo effettivo dei dati.
Discontinuità con il governo Conte 1
Il Documento programmatico di bilancio per il 2020 (Draft Budgetary Plan-Dbp) che è stato reso pubblico dal governo contiene una serie di misure che hanno l’obiettivo di ridurre l’evasione fiscale. In attesa di disporre dei testi delle norme – che saranno contenute in parte nel decreto fiscale e in parte nella legge di bilancio – e delle relazioni tecniche, si può dire che, a livello di gettito previsto, l’insieme degli interventi dovrebbe assicurare risorse aggiuntive per circa 3,2 miliardi nel 2020, suddivise come indicato nella tabella 1.
Tabella 1
A queste dovrebbe aggiungersi una norma volta a superare gli ostacoli posti dalla legge sulla privacy e dalla sua interpretazione, consentendo così di utilizzare finalmente l’anagrafe dei conti correnti e dei rapporti finanziari per effettuare l’analisi del rischio fiscale: garantirà un gettito quasi nullo nel primo anno e uno più significativo negli anni successivi.
Il Documento contiene anche le norme dedicate all’incentivazione dell’uso della moneta elettronica, compreso il cosiddetto cashback, il cui impatto è nullo per il 2020 e negativo (per circa 3 miliardi) a partire dal 2021.
Da questi elementi è possibile dedurre che sull’evasione la manovra del governo Conte bis si pone in netta discontinuità con quella del Conte 1, che era caratterizzata dal ricorso ai condoni, a loro volta ispirati a quelli introdotti dalla seconda legge di bilancio del governo Renzi. La manovra sembra invece in continuità con quanto fatto nel 2011 e nel 2015 sia negli strumenti (l’anagrafe dei conti, il contrasto alle indebite compensazioni) sia in quella che possiamo definire come la filosofia di fondo dell’intervento.
È una filosofia caratterizzata da tre obiettivi che emergono con una certa chiarezza: i) spingere le amministrazioni finanziarie a utilizzare i dati esistenti, cominciando a farlo subito in settori dove le patologie emergono proprio grazie all’analisi dei dati; ii) aumentare la tracciabilità e quindi l’ammontare dei dati disponibili; iii) rimuovere alcuni ostacoli che fino a oggi hanno contribuito a limitare l’uso effettivo dei dati.
Necessaria una rivoluzione culturale
Si tratta certamente di obiettivi condivisibili, ma due osservazioni critiche emergono circa l’efficacia delle misure adottate rispetto al primo e al terzo obiettivo.
Sull’utilizzo dei dati esistenti si poteva osare di più, ad esempio attribuendo all’Agenzia delle entrate l’obiettivo di arrivare, con tempistiche precise, a realizzare il progetto di precompilazione delle dichiarazioni Iva – di cui si è spesso parlato negli anni scorsi – utilizzando i dati della fatturazione elettronica e della trasmissione elettronica dei corrispettivi.
Inoltre, si poteva prevedere che, alla luce dei nuovi dati disponibili dalle Fats (Foreign Affiliate Statistics) e provenienti dalla rendicondazione dei dati nazionali paese per paese, l’Agenzia rivedesse i criteri di accesso e le modalità di gestione del regime dell’adesione cooperativa, che dovrebbe rappresentare lo strumento primario per il contrasto dell’evasione e dell’elusione da parte delle multinazionali.
Ma la criticità più importante riguarda (ancora) l’uso effettivo dei dati. Se la norma sulla privacy verrà approvata e sarà efficace (il che è tutto da dimostrare, stanti i precedenti), rimarrebbe la necessità di ripensare il modello organizzativo della filiera dei dati fiscali e di dotare l’amministrazione finanziaria delle risorse umane e materiali per utilizzare i dati in modo massiccio e preventivo, anziché per casi individuali e in una logica di mero accertamento, come avvenuto finora. Una rivoluzione culturale e organizzativa che ha mosso i primi passi in questi anni, ma che ora richiede un salto di qualità netto e deciso. Si tende troppo facilmente a pensare che i problemi si risolvano scrivendo una norma, quando invece, specie in campo fiscale, è almeno altrettanto importante ciò che accade dopo che la norma è stata approvata.
C’è da sperare che questo governo se ne preoccupi subito, cominciando con l’attribuzione delle deleghe in campo fiscale, indispensabili per avviare la fase attuativa della manovra.
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