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Dieci anni dopo: Irpef e assegno unico per i figli

Le riforme dell’Irpef degli ultimi dieci anni, inclusa quella che entrerà in vigore nel 2022, hanno un effetto distributivo marcatamente progressivo. Se però si considera anche il passaggio all’assegno unico per i figli, il discorso in parte cambia.

L’Irpef e le sue riforme

La riforma dell’Irpef prevista per il 2022 ha scatenato un intenso dibattito sui suoi effetti distributivi. Il dettaglio dei guadagni per i contribuenti single derivanti dalla riforma in base al tipo e al livello di reddito è stato già descritto su questo sito in un altro intervento: tutti guadagneranno, ma in termini assoluti lo sconto fiscale  sarà significativo soprattutto per i redditi compresi tra 35mila e 60 mila euro.

Oltre a questa necessaria valutazione degli effetti della singola misura, va ricordato che, negli ultimi dieci anni, l’Irpef è stata oggetto di svariati interventi, cinque dei quali sono particolarmente significativi: l’aumento delle detrazioni potenziali per figli a carico tra il 2012 e il 2013; la rimodulazione della detrazione da lavoro dipendente tra il 2013 e il 2014; il bonus Renzi del 2014, ritoccato ed esteso nel 2020; l’introduzione della cosiddetta flat tax per gli autonomi nel 2019; l’introduzione, dal 2022, del nuovo assegno unico per i figli fino a 21 anni, che sostituisce le corrispondenti detrazioni in sede Irpef. In questo articolo valutiamo gli effetti distributivi complessivi delle cinque riforme, avvenute nel periodo 2012-2022.

Consideriamo come figure di riferimento due tipologie familiari: un contribuente senza carichi familiari (dipendente o autonomo) e una famiglia monoreddito composta da due genitori e uno o due figli minori di età compresa tra 4 e 17 anni. Per presentare i principali risultati, occorre fare alcune ipotesi, che non alterano la valutazione complessiva delle riforme. In particolare, per gli autonomi facciamo riferimento a un commerciante, non soggetto al regime dei minimi nel 2012, caratterizzato, per l’attuale flat tax, da un abbattimento forfetario dei costi pari al 40 per cento e consideriamo, come reddito imponibile, un valore già al netto dei contributi sociali, come avviene per i dipendenti. Per rendere compatibili gli attuali assegni al nucleo familiare (Anf), che decrescono in base al reddito monetario della famiglia, con l’assegno unico, che decresce in base al valore dell’Isee, ipotizziamo un solo percettore di reddito e una famiglia caratterizzata da assenza di valori patrimoniali (o con valori del patrimonio inferiori alle deduzioni previste per il calcolo dell’Isee).

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I contribuenti single

La figura 1 mostra il guadagno annuo in euro derivante dalle riforme Irpef degli ultimi dieci anni per un single dipendente o autonomo. La curva del dipendente è molto chiara: la no tax area aumenta da 8 mila del 2012 agli attuali 8.145 euro (dal 2014) di reddito all’anno; in questa fascia di reddito non si trae vantaggio dal bonus, che si applica a partire da questa soglia di reddito, ma al di sopra i guadagni sono molto alti soprattutto per i redditi bassi, per diminuire poi in modo lineare. Per gli autonomi l’andamento dei guadagni rispetto al reddito risente molto della flat tax al 15 per cento: nell’elaborazione abbiamo considerato come imposta netta sempre la più conveniente tra regime ordinario e flat tax. In queste simulazioni non abbiamo inserito il reddito di cittadinanza perché ci concentriamo sull’Irpef e sugli assegni familiari, altrimenti vi sarebbe un guadagno anche per i redditi molto bassi.

Figura 1 – Guadagno annuo per un dipendente e un autonomo single

Se il beneficio è maggiore in valore assoluto per i redditi bassi, a maggior ragione lo è se viene espresso in percentuale del reddito (figura 2): dalle modificazioni dell’Irpef deriva un guadagno che vale più del 10 per cento del reddito per i dipendenti tra 10 e 20 mila euro, circa il 4 per cento attorno a 30 mila euro; poi la quota continua a decrescere fino a diventare appena superiore a zero per i redditi alti. Per gli autonomi l’andamento del guadagno percentuale è ancora molto irregolare e, in generale, i benefici rappresentano una frazione minore del reddito, anche se tendono a essere maggiori per i redditi medio-bassi.

Figura 2 – Guadagno annuo per un dipendente e un autonomo single in percentuale del reddito

La famiglia monoreddito con 2 adulti e 1 o 2 minori

Quando si considera un nucleo con figli fino a 21 anni, è necessario introdurre nell’analisi anche il nuovo assegno unico, che da marzo 2022 sostituirà, tra le varie misure, la detrazione per figli a carico in sede Irpef e gli attuali Anf. L’assegno unico ha un effetto molto rilevante sulla distribuzione dei guadagni, che sono particolarmente consistenti per gli autonomi in generale, dato che sono sempre stati esclusi dall’Anf, e per i nuclei dei dipendenti con reddito tra 30 e 70 mila euro, perché oggi l’Anf decresce rapidamente rispetto al reddito tra i 15 e i 30 mila euro (figura 3).

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Figura 3 – Anf 2012, Anf 2022 e assegno unico 2022 per una famiglia di tre componenti

Dal complesso delle riforme degli ultimi dieci anni (Irpef e assegno unico ai figli), i dipendenti a basso reddito non ottengono forti guadagni perché sono già beneficiari di rilevanti trasferimenti per figli. Gli autonomi a basso reddito sono invece i maggiori beneficiari dell’assegno unico (figure 4 e 5).

Figura 4 – Guadagno annuo in euro per una famiglia monoreddito dipendente

Figura 5 – Guadagno annuo in euro per una famiglia monoreddito autonomo

Se si esprimono in percentuale del reddito, anche nel caso delle famiglie, i guadagni diventano decisamente concentrati sui redditi bassi (figure 6 e 7). Se ci limitassimo alle sole variazioni dell’Irpef, senza considerare l’assegno unico, i guadagni sarebbero sicuramente progressivi.

Figura 6 – Guadagno annuo in percentuale del reddito per una famiglia monoreddito dipendente

Figura 7 – Guadagno annuo in percentuale del reddito per una famiglia monoreddito autonomo

Ricapitolando, il complesso delle riforme che hanno interessato la sola Irpef negli ultimi dieci anni, inclusa quella che entrerà in vigore nel 2022, ha un effetto distributivo marcatamente progressivo. 

Se si aggiunge l’effetto del passaggio dall’Anf all’assegno unico, il discorso cambia, in quanto sono garantiti consistenti trasferimenti monetari anche alle famiglie a reddito medio e alto. Questi vantaggi restano comunque nel complesso decisamente inferiori, in percentuale, ai guadagni destinati alle fasce di reddito più basse. Il minore impatto progressivo dell’assegno unico è comunque atteso: si tratta infatti di una misura che ha l’obiettivo di raggiungere tutti i figli, anche se con andamento decrescente rispetto all’Isee, e il governo ne ha deciso il disegno in modo da garantire lo stesso importo a metà delle famiglie italiane con figli.

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  1. Giorgio L

    E i pensionati non esistono, evidentemente. Per uno che incassa 28 o 29 o 30000 euro annui di pensione (qui niente bonus…non parliamo delle perequazioni annulai bloccate o fortemente ridotte negli ultimi 10 anni) , il risparmio è dell’ordine di 84 euro annui ovvero circa 7 euro al mese (come da tabella del Corriere di oggi…). Ma esiste una bolletta elettrica o del gas ridotta e specifica per questi pensionati che, sfortunati, superano 8500 di Isee?

  2. pieffe

    Questa analisi, come altre pubblicate in questi giorni, è abbastanza fuorviante. Come noto, l’IRPEF è pagata in gran parte da circa 18 milioni di lavoratori dipendenti e da circa 11 milioni di pensionati da lavoro (ex dipendenti e autonomi). Pertanto, non è corretto fare simulazioni solo sui lavoratori dipendenti , considerando anche altri aspetti oltre all’imposta in senso stretto; peraltro, anche i lavoratori hanno situazioni molto diverse tra loro, che comportano o meno altri benefici. E’ indubbio che le modifiche delle aliquote e degli scaglioni producono effetti maggiori per i redditi medio alti; una parte dei lavoratori con redditi medio bassi compensa in parte con altre norme. Una corretta informazione dovrebbe essere fatta in questo modo.

  3. Alberto Lusiani

    Secondo me sarebbe opportuno tener conto in questo studio anche l’inflazione, che attraverso il “fiscal drag” aumenta l’imposizione fiscale sui redditi reali, i cui valori nominali hanno accumulato un’inflazione non trascurabile: con un calcolatore su web vedo per esempio che si tratta del 14% per un periodi di 10 anni da inizio 2010 a inizio 2020.

  4. Marcello

    Vorrei che si parlasse dei dettagli dopo aver affrontato il tema principale:evasione ed elusione dell’IRPEF. Come si possa prendere sul serio un’analisi basata sulle dichiarazioni dei redditi che fotografano un paese che semplcemente non esiste. In Italia la ricchezza delle famiglie è per 6.583 miliardi di euro in patrimonio immobiliare e per 4.777 miliardi di euro in attività finanziarie, cioè siamo a 8,6 volte il reddito disponibile (8,3 nel 2019): la più elevata del Mondo. Cerchiamo di fare cose semplici e sensate. Grazie

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