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Firmare online deve essere un diritto per tutti

La bocciatura della Consulta dei quesiti referendari su eutanasia e cannabis non deve far trascurare l’importanza della raccolta firme online che li ha contraddistinti. Occorre rendere effettivo il diritto all’accesso a internet perché si realizzi un vero allargamento della partecipazione politica.

La Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibili i quesiti referendari su eutanasia e cannabis. Al di là di questo giudizio, la raccolta firme di questi referendum ha portato due importanti novità: la modalità online, interamente per il referendum sulla cannabis e parzialmente per quello sull’eutanasia, e la disponibililità di open data sui firmatari, tramite l’Associazione Luca Coscioni (con la collaborazione di onData). Se la possibilità di firmare online ha generato un dibattito con voci anche molto critiche su quella che è stata ribattezzata “Spid democracy”, gli open data permettono un’analisi approfondita che può far luce sul tema della partecipazione digitale alla vita politica, potenzialmente centrale nel prossimo futuro.

Un’attenta analisi di questi dati rivela innanzitutto due particolarità: un’impressionante copertura geografica della campagna di raccolta firme, con il 97.4 per cento dei Comuni italiani con almeno una firma per il referendum sull’eutanasia (e il 96.4 per cento per quello sulla cannabis), e una prevalenza dei giovani tra i sostenitori di entrambi i referendum. Di questo hanno scritto Madio e Principe su questo sito.

A livello nazionale, i nati dopo il 2000 rappresentano più del 17 per cento del totale delle firme, ma solo il 4 per cento della popolazione (dati Istat 2021). In quasi ottocento comuni italiani, il 15 per cento della popolazione tra 18 e 24 anni ha firmato per almeno uno dei due quesiti. Anche guardando soltanto i dati, seppur parziali, delle firme raccolte ai banchetti per l’eutanasia, i giovani maggiorenni sotto i 25 anni sono il gruppo che firma di più rispetto al loro numero (Figura 1) nella popolazione complessiva. La maggior prevalenza dei giovani non è quindi esclusivamente legata alla modalità digitale e rappresenta un chiaro desiderio di partecipazione che assume particolare rilevanza in uno scenario di crescente astensione, soprattutto tra ventenni e trentenni.

Tra i giovani risulta particolarmente alta la quota di firmatari iscritti all’Aire, il registro per gli italiani all’estero, intorno al 10 per cento del totale per i nati dopo il 2000 (Figura 2).

La Costituzione, all’articolo 75, afferma che cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali possono chiedere un referendum abrogativo. Firmare un quesito referendario è dunque una forma di partecipazione politica. La possibilità di farlo online rappresenta di fatto un allargamento di questa forma di partecipazione, anche se chiaramente non è esente da potenziali criticità. Alcuni esperti, come l’accademico Pier Vincenzo Uleri o il costituzionalista Ceccanti hanno per esempio prospettato la necessità di una riforma del numero delle firme necessarie per un referendum, data la crescita della popolazione dal 1948 a oggi e la maggiore facilità di firmare online.

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Il problema dei limiti nell’accesso a internet

La firma online pone un altro tema, che può apparire scontato nel 2022 ma purtroppo non lo è: l’accesso a internet. Se le firme online rappresentano almeno in astratto uno strumento che porta maggiore partecipazione, la condizione affinché si concretizzi è rendere effettivo il diritto all’accesso a internet. In Italia ci sono ancora comuni in cui internet non è accessibile. La mappatura di Agcom mostra a livello comunale la velocità media di download e il numero di famiglie senza internet, statistiche che sorprendentemente non hanno alcuna correlazione con il numero di firme online ai due referendum, forse per il numero limitato di persone completamente senza internet (63 mila in tutta Italia).

La digitalizzazione è a ogni modo uno dei principali obiettivi di questo governo. Il ministro Colao ha dichiarato che entro il 2026 tutta Italia avrà internet super veloce. Anche alla luce di questi obiettivi, il problema rimane sostanzialmente economico e sociale, oltre al libero accesso: come emerso durante i lockdown e il prolungato uso della didattica a distanza, l’uso di internet non è infatti ancora comune in molte famiglie, soprattutto nel Sud Italia. L’Istat mostra che, nel periodo 2018-2019, il 33,8 per cento delle famiglie italiane non ha un computer o un tablet a casa, con alcune regioni del Sud sopra il 40 per cento. La correlazione tra la disponibilità di computer o tablet a casa e la percentuale di firmatari tra i maggiorenni a livello regionale è molto alta (Figura 3, r=0.73).

Questa correlazione non è un risultato definitivo e può nascondere altri fattori che influenzano sia la propensione a firmare per questi temi sia la disponibilità di computer o tablet in casa. A ogni modo, questo dato sembra riflettere un problema di risorse economiche che precludono un adeguato accesso a internet, strumento sempre più indispensabile in una società dove anche il diritto alla partecipazione politica ormai viene promosso online. Come scrisse Stefano Rodotà nella Dichiarazione dei Diritti in Internet, un testo del 2015 prodotto nell’ambito di una commissione di studio promossa dalla Camera dei Deputati, il diritto di accedere a Internet deve avvenire “in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale”.

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Partecipazione che va oltre le divisioni tra partiti

Infine, è interessante notare come non c’è nessuna correlazione a livello comunale tra la percentuale di firmatari e il voto ai partiti nelle elezioni politiche, nemmeno per il Movimento 5 Stelle (M5S). Come è noto, per il M5S -almeno agli albori- la democrazia digitale è stata un tema molto importante. Uno studio ha mostrato che una più alta penetrazione di internet nei primi anni duemila ha causato una più alta percentuale di voti per il M5S nel 2013. E’ sorprendente allora notare che la relazione tra le firme online ai due referendum e la percentuale di voti del M5S nel 2013 e nel 2018 è indistinguibile da zero, a ulteriore dimostrazione che i firmatari rappresentano una coalizione peculiare di cittadini, prevalentemente giovani, interessati a diritti civili, che il legislatore ignora da anni.

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Ponte transatlantico sulla sovranità digitale

  1. Savino

    Fra un anno circa il m5s sparirà dalla geografia politica italiana e anche la sconclusionata visione delle cose che esso ha avuto su questi argomenti rispetto ad una nazione che ha bisogno più di pane ancora che di democrazia digitale.

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