Garantire a tutti gli studenti l’accesso alle tecnologie, formare gli insegnanti e attrezzare in modo adeguato le scuole: sono le tre azioni indispensabili per evitare che la didattica digitale integrata allarghi i divari negli apprendimenti.
I divari che separano gli studenti italiani
Il Piano scuola 2020-2021 prevede la possibilità che, a settembre, le scuole secondarie di secondo grado attivino la cosiddetta didattica digitale integrata, ossia che alternino insegnamento a distanza e in presenza. L’idea è che gli studenti delle superiori siano, rispetto a bambini e ragazzini, più capaci di districarsi tra i due tipi di didattica.
Ma è proprio a questo livello scolastico che il gap negli apprendimenti sulla base dell’accesso alle tecnologie digitali è più pronunciato. La didattica mista non è di per sé un male, anzi, ma servono una buona pianificazione e misure efficaci su più livelli per evitare che i divari si amplino ulteriormente.
Già prima dell’esplosione della pandemia di Covid-19, i quindicenni europei senza accesso alle tecnologie digitali mostravano competenze inferiori rispetto ai loro coetanei che a tali tecnologie potevano accedere (figura 1). Non si tratta di una relazione di tipo causale – in letteratura, peraltro, l’esistenza di un nesso causa-effetto tra tecnologie e apprendimenti è ampiamente discusso – ma costituisce comunque un dato rilevante, poiché segnala che gli studenti con limitato accesso alle tecnologie sono un segmento particolarmente vulnerabile nel momento in cui la didattica viene svolta a distanza.
In Italia il gap ammonta a 56 punti. Per avere un’idea dell’ampiezza della differenza, basti pensare che gli studenti italiani con un personal computer connesso a Internet hanno competenze identiche alla media di tutti gli studenti francesi (495), mentre quelli senza accesso alle tecnologie hanno competenze inferiori (438) alla media dei quindicenni bulgari (penultimo paese Ue).
Nel nostro paese il divario negli apprendimenti tra studenti con e senza accesso alle tecnologie si riscontra sia nelle scuole primarie sia nelle scuole secondarie (figura 2). Ma in queste ultime, è più del doppio.
Il digital divide non è uniformemente distribuito nel paese. Gli studenti del Sud mostrano livelli di accesso alle tecnologie digitali inferiori rispetto ai loro coetanei del Centro e del Nord (figura 3).
I ragazzi con limitato accesso alle tecnologie digitali provengono più frequentemente da contesti socioeconomici svantaggiati. Tra i ragazzi con entrambi i genitori non laureati, il rischio di non avere accesso alle tecnologie è 1,4 volte superiore a quello dei loro coetanei con almeno un genitore laureato. Il digital divide sulla base del background migratorio familiare è ancora più pronunciato: i figli di immigrati hanno un rischio due volte superiore a quello dei loro coetanei nativi.
Cosa fare?
Per evitare che la didattica integrata finisca per allargare i divari negli apprendimenti è necessario intervenire su tre fattori.
- Colmare il digital divide. È prioritario sostenere la digitalizzazione delle famiglie a basso reddito. Con il Piano scuola approvato a maggio, il governo ha introdotto due misure specifiche: un voucher di 200 euro per connessioni veloci senza limiti di Isee; e un voucher di 500 euro per connessioni veloci e pc\tablet per famiglie con Isee inferiore ai 20 mila euro. I voucher una tantum, tuttavia, non sono l’unico strumento. Tra gli altri possibili strumenti, vi sono i conti di risparmio incentivato per le spese in istruzione. Si tratta di strumenti finanziari – di cui in Italia vi sono solo esperienze locali, ancorché promettenti – sviluppati per sostenere in modo sistematico le famiglie a basso reddito nell’accumulo di risparmi da utilizzare, in modo flessibile, per un’ampia gamma di spese legate alla scuola, tra cui anche computer e connessioni Internet.
- Formare gli insegnanti. La didattica a distanza ha messo sotto pressione non solo gli studenti e le loro famiglie, ma anche gli insegnanti. Trasferire l’insegnamento dalle aule alle piattaforme multimediali richiede competenze nuove, che non si limitano a quelle digitali in senso stretto, ma hanno a che vedere con la capacità di utilizzare le tecnologie per innovare la didattica, personalizzando l’insegnamento, stimolando l’interazione tra ragazzi e sostenendone il lavoro autonomo. Tali competenze non si improvvisano. È necessario investire nello sviluppo professionale degli insegnanti, anche facendo leva sull’autovalutazione e fornendo una formazione incentrata sull’attuale situazione di didattica a distanza.
- Attrezzare le scuole. È urgente intervenire sulla dotazione digitale delle scuole affinché sia garantito il supporto necessario a insegnanti e studenti. Purtroppo, in Italia, più della metà delle scuole ha una connessione Internet scadente. La recente decisione di aumentare le risorse destinate a coprire i costi strutturali per portare la banda ultralarga negli istituti scolastici è una notizia positiva, anche se i tempi di realizzazione saranno lunghi.
Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.
3 Commenti