Giovedì 29 ottobre è stato pubblicato il Gender Equality Index 2020, redatto dallo European Institute for Gender Equality, che misura il progresso verso l’obiettivo di una società senza disuguaglianze di genere. Su una scala da zero a cento punti, dove il massimo rappresenta il conseguimento dell’uguaglianza, l’Italia ne ottiene 63,5 (-4,4 rispetto alla media Ue a 28), posizionandosi al 14esimo posto tra i paesi europei. Tuttavia, il nostro paese ha sperimentato il miglioramento più significativo a livello europeo nel periodo 2010-2020 (+10,2 punti; +0,5 punti dal 2017), guadagnando 8 posizioni.

Dove l’Italia va meglio

Il punteggio italiano più alto si registra nel dominio della Salute, l’area che misura le disuguaglianze nell’ambito della salute e che, a livello italiano tanto quanto europeo, è la più vicina alla parità di genere. L’88,4 italiano (+1,9 dal 2015 ma -0,3 dal 2019) è inferiore di solo 0,1 punti alla media europea ed è trainato dai punteggi oltre la media di due dei tre sottodomini: 94,3 per lo Stato (ossia lo stato di salute) e 98,6 per l’Accesso (ossia la presenza di esigenze mediche non soddisfatte pressoché nulla per entrambi i generi). Guardando allo Stato, si trova un divario del 5,8 per cento nella quota di uomini e donne che si ritengono in buona salute, a cui tuttavia corrisponde una speranza di vita femminile superiore (4,4 anni in più degli uomini) e un valore pressoché identico per quanto riguarda l’aspettativa di vita in salute alla nascita. L’Italia si attesta invece al di sotto della media europea, con 74,2 punti, nel Comportamento: nel nostro paese, le donne fumano e consumano alcol in misura minore degli uomini, ma svolgono meno esercizio fisico, e le stesse tendenze si confermano anche per la media europea.

Il secondo miglior punteggio italiano è rappresentato dai 79 punti ottenuti nel dominio del Denaro, contro una media europea di 80,6. Sebbene questo sia il punteggio più alto mai raggiunto dall’Italia nel dominio in questione, il dato rimane pressoché invariato dal 2013 (solo +0,1). Quest’area guarda alle disuguaglianze di genere sulla base della performance in due sottodomini: risorse finanziarie e situazione economica. Sebbene per il primo il punteggio italiano sia superiore alla media europea (72,5 contro 69,4), i dati al suo interno circa la retribuzione media mensile sono tutt’altro che positivi, e il divario di genere italiano è quello che, insieme a Polonia e Lettonia, ha registrato l’andamento peggiore dal 2010. Per le donne italiane, i guadagni medi sono inferiori del 18 per cento rispetto a quelli dei connazionali uomini, e il dato peggiora in base alla fascia di popolazione a cui si guarda: per esempio, 35 per cento per donne e uomini con i livelli di istruzione più alti e 30 per cento internamente alle coppie con figli. Le stesse differenze più o meno accentuate in base allo spettro di popolazione analizzato si trovano anche nel rischio di povertà, misura della situazione economica.

Dove siamo migliorati di più

Il miglioramento più sensibile si è avuto nell’ambito della distribuzione del Potere, che ha visto il punteggio italiano salire dal 25,2 del 2013 al 48,8 del 2020: una dinamica figlia di miglioramenti in ambito politico (sono donne un terzo dei parlamentari, +13 per cento rispetto al 2013), ma soprattutto economico. L’Italia ottiene così 49,3 punti nel primo campo (contro i 56,9 della media Ue) e 54,9 nel secondo (al di sopra della media europea, che si attesta a 46,8).
In particolare, il valore relativo all’ambito economico è salito da 10,6 a 54,9 punti perché trainato da un notevole aumento della presenza femminile negli organi direttivi delle grandi aziende quotate (il 35,2 per cento, partendo da un valore del 5 per cento). L’aumento si concentra nel periodo compreso tra le rilevazioni 2013 e 2017 e riflette gli effetti della legge Golfo-Mosca del 2012 sulla rappresentanza di genere nelle società quotate e a controllo pubblico, più che una mutata mentalità: un rapporto di Cerved e Fondazione Bellisario, infatti, evidenzia come le imprese abbiano generalmente mantenuto la rappresentanza femminile ai vertici vicina ai minimi consentiti, con un aumento molto lento nelle imprese non soggette alle quote.

L’altra area protagonista di un deciso miglioramento è la Conoscenza, che misura la disuguaglianza di genere in termini di istruzione e segregazione nei settori di istruzione, sanità, assistenza sociale, discipline umanistiche e artistiche. L’Italia fa segnare un punteggio di 61,9 (+8,1 sul 2013), inferiore di 1,7 punti alla media europea. In generale, la percentuale di laureati è aumentata sia per le donne che per gli uomini: mentre nel 2005, data della prima rilevazione, erano rispettivamente il 9,1 e il 9,2 per cento della popolazione, a oggi sono il 15,9 e il 13,4 per cento, e le donne laureate si confermano essere più degli uomini. Questa maggiore presenza si scontra tuttavia con un problema di segregazione: le laureate si concentrano in larga misura nei (poco remunerativi) settori citati sopra. Il divario con il resto dell’Unione nasconde una doppia dinamica: per livello di istruzione, la media europea si attesta su 73,1 contro il 58 italiano, mentre per la segregazione l’Italia ottiene un punteggio di 66 (il quarto più alto), un risultato migliore del 55,4 medio europeo.

Dove c’è ancora strada da fare

Sebbene Potere e Conoscenza stiano registrando, come analizzato, miglioramenti importanti, il margine di crescita rimane elevato. Così come rimane tanta la strada da percorrere per i domini del Lavoro e del Tempo, che ottengono rispettivamente 63,3 e 59,3 punti. Dal 2005 a oggi, l’Italia si è sempre trovata in ultima posizione per il dominio del Lavoro, che misura la disparità di genere in termini di accesso al lavoro e condizioni di questo. Nel 2020, il punteggio italiano si attesta a 63,3, con un incremento di quasi un punto rispetto a cinque anni prima, ma ancora quasi 20 punti al di sotto del risultato da primo posto della Svezia (82,9). Per l’indicatore di Partecipazione, il divario di genere nel tasso di occupazione calcolato tenendo conto degli impieghi full time e part-time (“full-time equivalent” o Fte) rimane invariato a circa 20 punti percentuali. La differenza cambia in base alla fascia di popolazione a cui si guarda. Per esempio, aumenta nelle coppie con figli e per i livelli di istruzione più bassi; al contrario, diminuisce all’interno delle coppie senza bambini e se si restringe il campo sui lavoratori con alti livelli di istruzione (Figura 3). La Segregazione delle donne in istruzione, sanità e assistenza sociale rimane alta, con presenze femminili superiori al triplo di quelle maschili in questi settori (25,8 per cento contro il 7,1 per cento). In particolare, la concentrazione delle donne nel settore sanitario ha significato una maggiore esposizione in prima linea durante la pandemia di Covid-19.

Un altro settore con ampio margine di miglioramento è il Tempo, area che misura le disuguaglianze di genere nell’allocazione del tempo speso per la cura di figli e nipoti, il lavoro domestico e altre attività sociali. L’Italia ottiene nel 2020 un punteggio di 59,3, contro una media europea di 65,7. Per quanto riguarda l’Attività di assistenza – cura di figli e nipoti e lavoro domestico – il punteggio di 61,2 (67,6 nel 2015) è trascinato verso il basso in particolare dalla seconda componente, che vede l’80,9 per cento delle donne e solo il 19,7 per cento degli uomini dedicarsi alla cura della casa ogni giorno. Mentre da un lato il divario tra uomini e donne che si dedicano alla cura di figli e nipoti è del 10,1 per cento (-2,9 per cento rispetto al 2015), la differenza sale al 61,2 per cento se si guarda al lavoro domestico (+8,7 per cento rispetto a cinque anni fa). La media europea vede un divario maggiore nella cura dei bambini, sempre nell’intervallo 12,5-12,8 per cento tra il 2013 e il 2020, ma decisamente inferiore nel lavoro domestico, per quanto in crescita al 45 dal 39,6 per cento del 2015. Di conseguenza, a una migliore posizione italiana in termini di cura dei figli (gap inferiore di 2,7 punti percentuali) corrisponde un disavanzo monstre del 35,9 per cento nelle attività di cura della casa. La disparità nel numero di ore che le donne italiane dedicano alla casa rispetto agli uomini è infatti molto elevata – circa il quadruplo – e maggiore della media europea. A causa delle misure di contenimento del Covid-19 poi, la performance per il Tempo rischia di subire un peggioramento, e l’Italia parte svantaggiata.

Digitalizzazione e segregazione nel mercato del lavoro

Il rapporto include anche un approfondimento su digitalizzazione e futuro del lavoro, focalizzato su uso e sviluppo di competenze digitali e tecnologie e trasformazione digitale del mondo del lavoro. Ne emerge che le donne usano internet meno degli uomini (71 contro 75 per cento), e presentano livelli inferiori in tutte le competenze analizzate (informazione, comunicazione, risoluzione dei problemi e software). Anche sul lavoro, le donne svolgono in media meno attività Ict (sia in Italia che in media in Europa, sebbene i livelli italiani siano 10 punti percentuali più bassi per le donne e 5 per gli uomini). Nei settori Ict, il divario di retribuzione è del 14,6 per cento in Italia, contro una media europea dell’11,1 per cento.
In ambito educativo e nel mercato del lavoro vi è, a livello italiano ed europeo, una vera e propria segregazione: gli scienziati e ingegneri nei settori high-tech sono per il 22,8 per cento donne (20 per cento per la media Ue a 28) e 77,2 per cento uomini (80 per cento nell’Ue a 28), mentre tra laureati e specializzati in ambito Ict si raggiungono livelli di disparità ancora più significativi, con quasi sei uomini specializzati per ogni donna.

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