La Lombardia è sotto i riflettori per la gestione dell’emergenza coronavirus. I dati Istat sulla mortalità in eccesso consentono di fare un confronto con comuni vicini al suo confine. Pur nei limiti di dati ancora parziali, le differenze sono evidenti.
I numeri della Protezione civile
In Lombardia, secondo i dati della Protezione civile (aggiornati al 19 aprile), i decessi di persone positive al Covid-19 sono più di 12mila. Quasi uno (0,99) in più per mille abitanti rispetto al resto del paese. Se limitiamo il confronto alle regioni confinanti, dove il virus ha circolato prima che altrove come in Lombardia, i decessi “aggiuntivi” scendono a 0,74 in più per mille abitanti.
È difficile sapere se il confronto sovrastimi o sottostimi il vero “effetto Lombardia”, ovvero la differenza nel numero di decessi dovuta alla gestione regionale e al suo sistema socio-sanitario. Da un lato, è un confronto che riflette fattori, come la localizzazione geografica dei primi focolai e il loro mancato o tardivo isolamento, che esulano, almeno parzialmente, dalle responsabilità della regione. Dall’altro, è purtroppo probabile che il dato della Protezione civile sottostimi il vero numero di morti e che l’errore sia superiore proprio nelle regioni – come la Lombardia – dove il virus si è diffuso di più.
I comuni confinanti come gruppo di controllo
Per ottenere una stima più affidabile, abbiamo utilizzato i dati di mortalità totale (riconducibile a qualunque causa) nel periodo 1° marzo – 4 aprile 2020 (aggiornamento Istat del 16 aprile) per un sottoinsieme di 1.689 comuni. In particolare, abbiamo confrontato le differenze rispetto all’anno precedente per 204 comuni vicini al confine regionale della Lombardia (figura 1). Abbiamo cioè adottato una strategia che combina i metodi della “differenza nelle differenze” e della “discontinuità attorno a una soglia”.
Figura 1
I dati Istat sono più affidabili di quelli della Protezione civile perché non riflettono le differenze regionali nel modo in cui si registrano i decessi positivi al Covid-19. In più, i comuni vicini al confine regionale sono molto simili in relazione alla distanza geografica dai focolai iniziali.
Una banda più stretta attorno al confine è più attendibile dato che utilizza osservazioni più simili e con approssimativamente la stessa distanza dai primi focolai. D’altra parte, gli abitanti di quelle zone potrebbero essere curati da strutture sanitarie al di là del confine regionale. La discontinuità attorno alla soglia potrebbe quindi essere “sfuocata” e il nostro risultato sarebbe una sottostima del vero “effetto Lombardia”. Esiste anche un problema di precisione delle stime, dovuto al numero di osservazioni, che diminuisce allargando la distanza dal confine. Abbiamo quindi deciso di focalizzarci su due insiemi di comuni (figura 1): quelli esattamente sul confine regionale (banda 1) e quelli che confinano con un comune sul confine (banda 2). Nel 2019, in entrambe le aree, gli abitanti dei comuni di Lombardia e regioni confinanti avevano caratteristiche demografiche molto simili (Tabella 1).
Tabella 1
Per ogni comune presente nella base dati Istat, abbiamo calcolato l’eccesso di mortalità, definito come il rapporto fra la differenza di decessi rispetto all’anno precedente e la popolazione del 2019. I comuni della banda 1 e della banda 2 lombardi, rispetto a quelli delle altre regioni, hanno un eccesso di mortalità più alto rispettivamente di 0,39 e 0,92 per mille abitanti (tabella 2). Potrebbero sembrare differenze piccole, ma se le si estendono a tutta la regione, si traducono in un “effetto Lombardia” che va dai 4 mila ai 9 mila morti.
Tabella 2
Limiti dei dati Istat
Il campione Istat comprende solo i comuni che nei primi mesi del 2020 hanno registrato almeno 20 morti e in numero superiore del 20 per cento rispetto agli anni precedenti. Come ben argomentato su queste pagine, si tratta di un campione selezionato. Inoltre, il numero di comuni presenti è variabile nelle province e nelle regioni. Se ipotizziamo, però, che i problemi di selezione siano omogenei vicini al confine, la nostra stima, che si basa su una differenza, rimane valida. Se, invece, i comuni dal lato del confine lombardo fossero sovra-rappresentati, proprio a causa del maggiore incremento di mortalità, le nostre potrebbero essere stime per difetto.
Possibili spiegazioni
Per individuare alcuni dei meccanismi che spiegano i nostri risultati, utilizziamo lo stesso metodo descritto sopra e confrontiamo la Lombardia con ciascuna delle regioni confinanti. Le differenze di mortalità in eccesso sono molto marcate rispetto a Emilia-Romagna e Veneto, mentre appaiono più contenute rispetto a Piemonte e Trento (tabella 3).
Tabella 3
Rispetto a Emilia-Romagna e Veneto, la Lombardia ha circa la metà di pazienti trattati in assistenza domiciliare integrata e di conseguenza una maggiore propensione al ricovero ospedaliero. Giorgio Palù, uno dei migliori virologi europei e consulente della Regione Veneto, ha notato come questo possa dipendere anche dall’alta proporzione di strutture sanitarie private. Può aver giocato un ruolo importante, come suggerito anche su queste pagine, la decisione della Lombardia di curare i pazienti cronici in ospedali e strutture socio-sanitarie, invece di prediligere la medicina di comunità. Un ulteriore fattore riguarda la strategia e il numero di tamponi. L’Emilia-Romagna ne ha effettuati 5,2 per caso registrato, il Veneto addirittura 15. La Lombardia solo 3,7.
L’aggiornamento dei dati Istat ci consentirà, nelle prossime settimane, di aggiungere più comuni all’analisi e di applicare lo stesso metodo di stima anche ad altre regioni e quindi di ottenere un quadro più preciso di come i diversi sistemi sanitari hanno affrontato l’emergenza coronavirus.
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