Dopo un lungo braccio di ferro, il rinnovo della concessione per l’Autobrennero è vicino. A vincere sono i politici del Trentino Alto Adige, che si sono sempre opposti alla gara. Ma dar loro ragione costituisce un pessimo precedente. Introiti per lo Stato e razionalizzazione del sistema autostrade.
La gara impossibile
È scaduta da un anno un’importante concessione: quella dell’Autobrennero, 314 chilometri dal Brennero a Modena. È un’autostrada già largamente ammortizzata e che non richiede nuovi investimenti di rilievo. Sembrerebbe quindi logico – e coerente con l’istituto della concessione – che il concessionario, cioè lo Stato, si riprenda l’infrastruttura per gestirla in proprio o riassegnarla tramite gara.
La concessionaria è oggi posseduta per il 54 per cento da enti pubblici del Trentino Alto Adige e per il 28 per cento da enti pubblici del Veneto. Da molti anni ormai è in corso un braccio di ferro tra il governo, che vorrebbe mettere a gara il rinnovo della concessione, e i rappresentanti politici di Trento e Bolzano che si sono opposti in ogni modo, puntando a ottenere una (seconda) lunga proroga senza gara. Già nel 2010 Giulio Tremonti fece inserire in una legge l’obbligo per l’Anas di indire entro l’anno un bando di gara per il rinnovo della concessione, ma tra ritardi, rinvii, ricorsi al Tar, interventi in Parlamento di deputati amici, i trentini sono riusciti a insabbiare ogni tentativo da parte dei vari governi succedutisi da allora.
Ora, stando alle dichiarazioni degli stessi trentini, pare che la vicenda stia per risolversi con la loro piena vittoria. L’escamotage trovato, col consenso del governo, per evitare l’obbligo europeo di assoggettare a gara i rinnovi di concessione sarebbe quello di assegnare una nuova concessione a una società interamente pubblica, non sappiamo se partecipata anche dall’Anas, oppure, come pare, interamente posseduta dagli enti pubblici della regione. Ma una soluzione di questo tipo sarebbe criticabile sotto molteplici aspetti.
I “diritti” degli enti locali
Le concessionarie autostradali non svolgono un servizio pubblico, ma sono società con fine di lucro (e di profitti ne fanno tanti). Non pare quindi motivo rilevante per escludere la gara il fatto che la concessione venga assegnata a enti pubblici; potrebbero poi rivendere quote a privati, libertà che non si vede come potrebbe essere preclusa. Non c’è obbligo di gara se l’infrastruttura torna al concedente, che è lo Stato, ma il caso è assai diverso se lo Stato decide di assegnare una nuova concessione ad altri, siano pure enti pubblici. E scelti poi in base a quale criteri? Perché erano già azionisti della vecchia concessionaria? O perché l’autostrada attraversa il loro territorio? Qualcuno ha riflettuto su quali sarebbero le conseguenze se estendessimo a tutta l’Italia l’uno o l’altro di questi criteri? Il grosso dei pedaggi pagati sull’Autobrennero deriva da traffico di transito, non intraregionale. Attribuire agli enti locali un così rilevante profitto sui transiti sul loro territorio sarebbe un pessimo precedente, che potrebbe incoraggiare e giustificare l’introduzione di pedaggi di transito da parte di ogni altra regione, su autostrade come su altre infrastrutture.
L’intenzione del governo sembrerebbe quella di assegnare la nuova concessione per trenta anni, sino al 2045, probabilmente gratuitamente visto che non si farebbe gara. Considerando che l’autostrada genera un Mol (margine operativo lordo) di oltre 150 milioni l’anno, crescente nel tempo, si può stimare che se si riuscisse a effettuare una vera gara lo Stato potrebbe incassare qualcosa tra i 4 e i 5 miliardi. Come si giustifica la rinuncia a un introito così rilevante? Come si giustifica un regalo così importante a enti pubblici di una regione che già gode di uno statuto di grande privilegio sotto l’aspetto fiscale?
Anche nel caso perdessero la concessione, gli azionisti dell’Autobrennero si troverebbero comunque una società con oltre 600 milioni di liquidità con cui potrebbero finanziare molteplici opere pubbliche. L’autostrada è stata per loro un ottimo affare: a suo tempo investirono solo pochi spiccioli e l’autostrada fu finanziata tutta a debito formalmente o sostanzialmente garantito dallo Stato. In più, la società si ritrova anche oltre 500 milioni accantonati in esenzione fiscale per il “fondo ferrovia” da destinarsi al finanziamento del nuovo traforo del Brennero, ma la cui titolarità è ancora incerta (e la società ha ritardato lo sblocco di questo fondo come arma di pressione sul governo).
Cosa potrebbe fare lo Stato, se tornasse in possesso dell’infrastruttura? Si potrebbero mettere a gara separatamente (“unbundling”) le varie funzioni: esazione, manutenzione, servizi ancillari (pulizia, spalatura della neve, soccorsi). Qui vi sarebbe effettiva concorrenza, perché non servono capitali iniziali, e la stessa vecchia concessionaria potrebbe essere competitiva per aggiudicarsi queste gare.
In teoria, se i pedaggi dovessero essere finalizzati solo a coprire i costi, come previsto quando furono istituiti, dovrebbero essere drasticamente ridotti. Ma ormai i pedaggi sono divenuti delle imposte e diamo quindi per scontato che lo Stato deciderebbe di mantenerli (e aumentarli nel tempo con le norme attuali). Avendo appaltato tutti i servizi, lo Stato si limiterebbe a incassare il reddito netto dell’autostrada, oltre 150 milioni l’anno (pari a circa il 10 per cento di quanto spende all’anno per tutta la rete statale nazionale). Questo sarebbe anche il miglior modo per porre termine ai continui rinnovi di concessioni e finalmente razionalizzare nel tempo il sistema delle autostrade in Italia.
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