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Superbonus: metodo sbagliato per obiettivi apprezzabili

Il miglioramento dell’efficienza energetica e della sicurezza antisismica degli immobili è certo un obiettivo da perseguire. A rendere il Superbonus una misura dagli effetti perversi per efficienza ed equità è la sua entità e l’assenza di vincoli.

Un incentivo da primato

Il decreto Semplificazioni, approvato dal Senato il 28 luglio, ha prorogato, snellito ed esteso l’ambito di applicazione del Superbonus, a conferma dell’appoggio dell’attuale governo a una misura popolare quanto controversa. È una scelta valida, negli obiettivi e nella strumentazione?

In Italia, l’intervento pubblico (tanto centrale quanto locale) ha tradizionalmente avuto uno speciale riguardo nei confronti dei due sistemi collegati – spesso strettamente – dell’edilizia e dell’immobiliare: permettendo un uso intensivo del territorio, concedendo aumenti di cubatura degli immobili esistenti, tassando tendenzialmente con mano leggera redditi e patrimoni e talora incentivando le attività di costruzione.

Il Superbonus (ecobonus più sismabonus), che riconosce ai proprietari di immobili residenziali una detrazione di imposta del 110 per cento (recuperabile in dichiarazione dei redditi, per quanto consentito dalla capienza dell’imposta da pagarsi, o mediante cessione del corrispondente credito di imposta o mediante “sconto in fattura”) per spese effettuate per miglioramenti dell’efficienza energetica e della sicurezza sismica, si colloca in tale prospettiva. E lo fa con notevole slancio.

L’entità dell’incentivazione non si è mai vista prima e si traduce in concreto in un dono. Lo stanziamento messo a disposizione è molto consistente: 18,5 miliardi, provenienti in parte dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e in parte dal Fondo complementare, di cui 2 miliardi già utilizzati a maggio 2021 (fonte Enea). Con le modifiche introdotte dal decreto Semplificazioni che sganciano il beneficio fiscale dalla conformità urbanistica e in ragione della proroga della scadenza della misura a fine 2023, c’è da chiedersi se le risorse saranno sufficienti rispetto alla domanda.

Le ragioni che hanno indotto il governo Conte II e il Parlamento a introdurre la misura sono (ancora) indicate nella pagina apposita del sito della presidenza del Consiglio: “Il Superbonus 110 per cento è una misura di incentivazione […] che punta a rendere più efficienti e più sicure le nostre abitazioni. Il meccanismo prevede che gli interventi possano essere svolti anche a costo zero per il cittadino! […] Questa misura crea un meccanismo virtuoso di mercato che offre benefici a tutti i soggetti coinvolti: il cittadino può ristrutturare casa gratuitamente, ridurre il costo delle bollette e valorizzare il proprio patrimonio immobiliare; l’impresa può aumentare il proprio fatturato grazie al maggior volume di lavori; lo stato può rendere più efficienti e più sicure le abitazioni e sostenere l’aumento dell’occupazione e del reddito”.

Già a prima vista, la giustificazione non sembra essere di molta sostanza: non c’è riferimento ai costi e al loro riparto; la lingua è di intento persuasivo e la filosofia sembra essere quella dei pennies – anzi, dei grandfrom heaven. Ma anche se si va più a fondo è difficile trovare, per un’incentivazione di questa entità, una valida giustificazione economica, sotto vari punti di vista.

Esperienza internazionale

Misure di incentivazione rivolte all’edilizia e all’immobiliare sono state introdotte in molti paesi, a rimedio delle difficoltà settoriali conseguenti alla pandemia e con obiettivi di miglioramento ambientale-energetico. Per esempio, in Francia, nel 2020, è stata adottata la MaPrimeRénov’, che rimborsa ai proprietari di immobili residenziali una frazione – crescente al crescere del numero dei componenti del nucleo familiare, decrescente al crescere del reddito familiare e differenziata tra la regione di Parigi e il resto del paese – delle spese sostenute per il miglioramento energetico-ambientale delle abitazioni.  La misura si è aggiunta ad altre preesistenti e meno sostanziose e prevede rimborsi compresi tra un massimo del 90 per cento delle spese per i redditi definiti molto modesti (inferiori a 42.381 euro/anno per una famiglia di quattro persone nella regione di Parigi), e un minimo del 40 per cento delle spese per i redditi definiti alti (superiori a 79.041 euro/anno, sempre per una famiglia di quattro persone e nella regione di Parigi). Le opere e i lavori ammissibili sono individuati specificamente, e per ciascuno è stabilito l’ammontare dell’incentivazione.

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Di struttura più semplice sono in provvedimenti adottati in Germania e Regno Unito. In Germania, è stato varato nel 2020 il programma denominato Finanziamento federale per edifici efficienti, che sostituisce meno robuste misure preesistenti; rimborsa ai proprietari-occupanti, mediante un credito di imposta, utilizzabile in tre successive tranches annualia riduzione delle imposte dovute, una frazione compresa tra il 20 e il 50 per cento delle spese sostenute per l’efficientamento energetico degli immobili di proprietà. Nel Regno Unito, dal settembre 2020 al marzo 2021 è stato in vigore il programma denominato Green Homes Grant, che indirizzava ai proprietari di immobili residenziali (occupanti o locatori) sussidi per spese di efficientamento energetico, nella forma di vouchers e nella misura di un terzo delle spese, con un massimale di 5 mila sterline (10 mila sterline per proprietari con reddito basso).

Nei tre paesi, l’aiuto dato all’edilizia e all’immobiliare è stato molto meno generoso di quanto lo sia stato in Italia, ma soprattutto è stato a copertura solo di una parte delle spese private e ha considerato le caratteristiche socio-demografiche dei beneficiari. Senza questi vincoli, gli effetti di efficienza e equità sembrano essere perversi.

Effetti di efficienza

Qui sono due gli aspetti rilevanti. Il primo riguarda l’azzeramento del prezzo, che toglie al mercato ogni funzione allocativa. Viene meno il meccanismo di allineamento dei prezzi ai costi. E viene meno quello di razionamento della domanda, che, pertanto, si ritrova molto gonfiata, mentre l’offerta potrà adeguarsi – via maggiore produzione dovuta alle imprese esistenti e alle nuove entranti – soltanto in parte. Alla fine, sarà l’offerta disponibile a determinare i volumi di produzione e i relativi prezzi (e su questo l’Antitrust ha recentemente aperto un fascicolo per monitorare l’aumento dei prezzi nel settore dei materiali edili), con il rischio che rimangano inflazionati anche al termine del Superbonus con effetti traslativi sui consumatori finali.

Il secondo aspetto riguarda la relazione tra i benefici di efficienza energetica e i costi per il fisco: non solo non sono state rese note preventive quantificazioni, ma si può anche temere che la condizione per la quale sono finanziabili opere e lavori che facciano avanzare di due classi energetiche gli immobili non sia sempre sufficiente a garantire un saldo positivo tra benefici e costi. In particolare, quando gli immobili già si trovino in classe relativamente alta e gli interventi comportino la sostituzione di impianti già relativamente efficienti.

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Effetti distributivi

Già prima dell’introduzione del Superbonus le agevolazioni fiscali relative a lavori di ristrutturazione e risparmio energetico mostravano una distribuzione chiaramente regressiva, con i contribuenti nel decile più alto della distribuzione del reddito che beneficiavano, in termini relativi al proprio reddito, dieci volte più di quanto non ne beneficiassero le famiglie più povere. Effetto dovuto non tanto all’incapienza, ma alla distribuzione della proprietà immobiliare e alla capacità di spesa per far fronte a lavori di ristrutturazione.

L’effetto regressivo è ipotizzabile anche per il Superbonus e, in attesa dei dati da dichiarazione dei redditi, è già confermato dai numeri Enea che monitorano le domande. A maggio 2021, su un totale di oltre 1,3 miliardi di detrazioni già usufruite, oltre due terzi sono relative a immobili di categorie catastali A1 (abitazioni di tipo signorile), A2 (abitazioni di tipo civile) o A7 (villini) che rappresentano circa il 40 per cento dello stock residenziale in Italia.

Effetti sulla crescita economica e sullo sviluppo settoriale

L’incentivazione attivata dal Superbonus dà sicuramente una spinta all’edilizia, e, per questa strada, anche all’occupazione e al prodotto nazionale. Tuttavia, è da chiedersi se altre modalità di investimento pubblico non potrebbero avere, a parità di costo per le casse pubbliche, maggiori e più duraturi effetti moltiplicatori. Dati poi gli sviluppi demografici, ci si può domandare se l’effetto non sia alla fine effimero, e cioè, in sostanza, una bolla.

Si può aggiungere anche un’altra osservazione. Se le indicazioni offerte dal governo a giustificazione del Superbonus non sembrano persuasive sul piano della validità economica, dal punto di vista della comprensione della political economy sottostante sono invece una buona guida, ancorché parziale e da completare. La misura trova certamente l’apprezzamento di una platea molto vasta: moltissimi cittadini, dato che in Italia l’80 per cento circa delle famiglie risiede in abitazioni di proprietà, e moltissime imprese (dato il loro frazionamento). Ma a queste categorie bisogna aggiungerne almeno altre tre: quelle dei lavoratori (anch’essi, nel settore, molto numerosi), quella degli intermediari finanziari e infine quella dei professionisti.

In conclusione: i due obiettivi del Superbonus di miglioramento dell’efficienza energetica e della sicurezza antisismica sono accettabili, e in parte lo è anche il terzo, quello della spinta all’edilizia (con il corollario dell’emersione del nero). Sono viceversa discutibili le modalità seguite, per i costi molto alti, tutti a carico dello stato e senza nessun vincolo per le imprese private nella definizione dei prezzi, con effetti perversi di efficienza ed equità.

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Sul Pnrr Italia e Germania hanno idee diverse

  1. Il settore dell’edilizia ha i più alti coefficienti di attivazione diretta e indiretta (insieme al comparto automotive) all’interno delle tavole input-output dell’Istat. Queste ultime indicano gli stimoli che un aumento della produzione edile genera nel resto dell’economia, tramite gli acquisti che le imprese delle costruzioni rivolgono ai settori della metalmeccanica, del cemento, delle piastrelle, del vetro, dell’elettronica, dei mobili, dei servizi di progettazione, e così via. Le esportazioni indicano che in molti di questi settori l’industria italiana è leader europeo.
    L’attuale incentivo rappresenta una forte discontinuità con i tradizionali programmi di rilancio del “cemento”: mentre nel passato si è assistito a impatti negativi in termini ambientali e paesaggistici, questa volta il rilancio delle ristrutturazioni favorisce non solo la ripresa, ma anche la resilienza del sistema Italia nei confronti degli shock climatici e sismici. L’ecobonus e il sismabonus ci avvicinano ai modelli di sviluppo sostenibile caratterizzati dal risparmio energetico e dalla sicurezza antisismica, nonchè da una minore erosione del suolo ancora libero.
    La critica rivolta da molti economisti a questo incentivo è che esso sia “regressivo” sul reddito dei cittadini, e cioè che favorisca soprattutto le famiglie “ricche”, che hanno a disposizione un ampio patrimonio immobiliare, a scapito delle famiglie “povere”, che possiedono solo la casa di proprietà o una modesta seconda casa per vacanze. L’ipotesi formulata non tiene conto dell’importante effetto generato dalla cessione del credito di imposta che il nuovo incentivo consente: grazie alla cessione del credito, anche i redditi bassi, che sono per definizione incapienti (non hanno un ammontare elevato di tasse da cui detrarre le notevoli spese di ristrutturazione), possono “permettersi il lusso” (che fino a ieri era riservato solo ai redditi medio-alti) di ristrutturare una unità immobiliare. Il vincolo di due unità immobiliari indipendenti ristrutturabili al massimo con il nuovo incentivo rappresenta un’ulteriore prova di equità, perché azzera i vantaggi delle famiglie con un elevato patrimonio immobiliare.
    Pertanto, la principale novità inserita dal superbonus non è tanto l’elevato incentivo disponibile (110%) ma bensì la cessione del credito di imposta, che consente di attivare investimenti privati anche da parte di famiglie con reddito non elevato. Date queste caratteristiche, il superbonus 110% diventa un utile strumento per rinnovare i condomini della città, soprattutto a vantaggio per le famiglie residenti in periferia.
    Anzichè terminare l’incentivo nel 2023 occorrerebbe renderlo stabile, ma solo a favore delle ristrutturazioni energetiche e antisismiche, eliminando la semplice tinteggiatura delle facciate (che ottiene, in modo inspiegabile, il 90% di contributo, ben più elevato del normale incentivo antisismico, fissato all’85%) o il tradizionale incentivo per la semplice ristrutturazione (50%), con il primo che fornisce soltanto un valore estetico, ma non ambientale, e il secondo che, sì, possiede una componente “regressiva”. Inoltre, rendere permanente l’attuale superbonus eviterebbe anche l’effetto inflazionistico derivante dalla ridotta capacità produttiva delle imprese edili, risultato di fallimenti e chiusure che hanno decimato il settore nell’ultimo decennio. Conseguentemente, anche la forza lavoro disponibile è attualmente scarsa, soprattutto se consideriamo le maestranze con una qualificazione certificata per gestire i nuovi materiali e i nuovi processi legati alle innovazioni ambientali e sismiche (la certificazione ICMQ per gli addetti che posano il “cappotto termico”, per esempio).

  2. Paolo Ragni

    Ottimo articolo che, assieme a quello di Simone Ferro, sempre su lavoce.info, mette in evidenza come il superbonus presenti molti aspetti negativi legati alla eccessiva (totale) partecipazione dello Stato ai costi di efficientamento. Ma c’è un altro aspetto che mi sembra nessuno abbia sollevato finora. Se l’obiettivo del superbonus è anche e soprattutto quello di ridurre le emissioni di CO2, allora è estremamente inefficiente. Il costo per tonnellata di CO2 evitata è da 2 a 30 volte il costo di altre misure del PNRR. Costa circa 23000 euro per tonnellata di CO2/anno contro i circa 730 euro per tonnellata di CO2/anno della misura agro-voltaico. Insomma, se l’obiettivo è ridurre le emissioni ci sono molti modi più efficienti per farlo, senza far gravare troppo i costi sulle future generazioni. Verificare quanto scrivo è facile, basta fare una ricerca nel PNRR per la parola ” CO2″. Si troverà la quantità di CO2 equivalente risparmiata per anno, quindi fare il rapporto con il costo della misura. Io ho fatto questo esercizio, ma mi piacerebbe che questo argomento venisse sviluppato da chi è più esperto di me.

  3. Marinella Giovine

    I condomini hanno avuto fino a adesso molte difficoltà ad accedere al supebonus . Se partitanno i lavori anche in questo ambito forse la distribuzione per “livello” degli immobili potrà cambiare.
    inoltre, pesa a la farraginosità delle procedure che lasciano qualcuno nel dubbio sulla effettiva “gratutità” dell’operazione, Chi non ha risparmi magari esita ad imbarcarsi temendo di non avere risorse sufficienti per eventuali imprevisti o integrazioni.
    Quanto ai prezzi dei materiali edili, le norme hanno fissato dei tetti massimi , non sono in grado di stabilire se siano troppo “laschi” oppure no.
    Marina

  4. pieffe

    L’articolo descrive bene la situazione. Personalmente, continuo a pensare che l’idea di uno Stato che rimborsa più della spesa sostenuta sia assurda. In questo modo, peraltro, viene meno il naturale interesse del proprietario a negoziare un prezzo accettabile, salta ogni meccanismo concorrenziale; e in un paese come l’Italia ciò può significare un assalto alla diligenza. E inoltre, a chi va questa “regalia” di Stato? In genere non al cittadino, che quasi sempre cederà il credito fiscale. Ho il sospetto che, alla fine del giro, saranno le banche le vere beneficiarie.

  5. L’analisi proposta è precisa e interessante. La prima parte relativa alla proporzione del vantaggio fiscale convince interamente; rischia di avere effetti negativi sui prezzi e condurre a lavori di riqualificazione discutibili, meno utili. Questo grave difetto poteva essere evitato lasciando una quota dell’onere ai proprietari. Il secondo argomento, la regressività, è corretto anche se in materia di sovvenzioni immobiliari tale difetto è tendenzialmente inevitabile. Per creare un incentivo più potente e più immediato hanno rinunciato alla progressività e alla continuità nel tempo. Era preferibile una misura strutturata e differenziata per fascia di reddito di medio lungo termine per evitare l’effetto bolla a vantaggio dei più benestanti. Ma siamo in Italia; pensavano alle prossime elezioni e quindi la bolla entro il 2023 andava benissimo. L’ultimo argomento mi convince un po’ meno, a parte la critica del breve respiro: agevolare il settore edilizio è una leva molto potente per la crescita dell’intera economia. Se fossi al governo concepirei altre misure come questa, ma più razionali (primo argomento), più eque (secondo) e di più lungo respiro, più durevoli (secondo e mezzo). Ho ignorato l’argomento centrale: la riqualificazione energetica, perché è tecnico, ingegneristico: non m’intendo; basta definirla bene.

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