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Dalla pandemia la scuola italiana esce a pezzi

I risultati Invalsi delineano un quadro molto negativo della scuola italiana. Nell’arco di due anni gli apprendimenti in italiano e matematica degli studenti hanno subito un tracollo, soprattutto alle superiori. Fa eccezione solo la primaria.

I risultati Invalsi

Vi era grande attesa per gli esiti delle prove Invalsi relative all’anno scolastico 2020-2021. Poiché quelle dell’anno scorso erano state purtroppo sospese dal ministero, queste, rese note il 14 luglio, erano le prime informazioni sull’impatto dell’anno e mezzo di pandemia sui risultati scolastici.

Finora le previsioni poco ottimiste per l’Italia, inclusa la nostra, si erano basate per analogia su quanto riscontrato in altri paesi, come Stati Uniti, Olanda e Inghilterra, in cui la perdita di apprendimenti dovuta al Covid-19 è stata all’incirca pari a due mesi di scuola, sia pure con vari distinguo.

Ora l’attesa è finita, ma chi era pessimista ha avuto ragione: nell’arco di due anni gli apprendimenti in italiano e matematica degli studenti hanno subito un tracollo, soprattutto alle superiori. La caduta è stata generalizzata, confermando i noti divari – geografici, culturali e di genere – del nostro sistema scolastico. Solo in inglese – i cui livelli sono ancorati al quadro di riferimento europeo Qcer (Quadro comune europeo di riferimento) – non ci sono state variazioni. Non è però necessariamente una buona notizia, perché i risultati erano già stati molto deludenti nelle precedenti rilevazioni, soprattutto alle secondarie, e fare peggio sarebbe stato difficile.

La scuola primaria fa eccezione, non registrando variazioni negative dei risultati in italiano rispetto al 2019, sia in seconda sia in quinta (da quest’anno il confronto diretto è possibile anche per questo grado di scuola, grazie all’ancoraggio orizzontale); mentre la leggera flessione in matematica non è statisticamente significativa. Forse anche per il timore che i più piccoli soffrissero di più durante il lockdown, è il grado di scuola che ha avuto il periodo di chiusura più breve e ha fatto minor ricorso alla didattica a distanza. Invece, i modi di svolgimento e il più esteso arco temporale che hanno caratterizzato la Dad negli altri gradi scolastici – in particolare alle superiori – non hanno permesso di mitigare il contraccolpo dell’interruzione della scuola in presenza.

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Le criticità rispetto al 2019 sono abbastanza marcate nella classe terza della secondaria di primo grado: in italiano la perdita media è di 4 punti, in matematica di 7. Secondo la Banca Mondiale la crescita di apprendimenti media in un anno è di 0,4 deviazioni standard e su una stima simile converge l’Ocse con ricerche condotte in diversi paesi sui dati Pisa (Programme for International Student Assessment). Tradotta in dati Invalsi, sarebbero 16 punti. Gli studenti delle medie, rispetto ai loro omologhi di due anni prima, avrebbero dunque perso circa 2 mesi in italiano e 4 in matematica. È una perdita importante, in linea con i risultati della letteratura sugli effetti del Covid-19: la traslazione parallela della distribuzione degli esiti suggerisce che il calo ha riguardato tutti gli studenti, anche se naturalmente occorrerà individuare chi ha subito conseguenze peggiori, non appena saranno disponibili i dati a livello di scuola.

Figura 1

Fonte: Risultati Prove INVALSI 2021

L’Invalsi ha sottolineato anche l’aumento della variabilità tra classiall’interno della stessa scuola, attribuendolo alla formazione di gruppi socialmente omogenei da parte dei dirigenti scolastici, che riduce l’effetto perequativo della scuola (social tracking). In realtà, non è ancora possibile stabilire se la variabilità derivi effettivamente dalla selezione mirata degli studenti oppure da differenze fra sezioni nella qualità dei docenti o della didattica a distanza. Ne sapremo di più quando usciranno i dati per le singole scuole e si potranno verificare correlazioni tra Dad e risultati, oltre a controllare per lo status socioeconomico degli studenti nel gruppo classe.

Alla secondaria di secondo grado la perdita è più accentuata. In media la diminuzione in italiano è di 10 punti e in matematica di 9: oltre 5 mesi equivalenti di scuola in meno rispetto alle coorti precedenti in entrambi i casi.

Figura 2

Fonte: Risultati Prove INVALSI 2021
Fonte: Risultati Prove INVALSI 2021

Le differenze territoriali

La forma delle due curve, però, suggerisce come la distribuzione dei punteggi sia diversa: quella in matematica, molto più piatta, ci dice che un numero maggiore di studenti si colloca ai livelli più bassi di apprendimento. Lo spostamento verso sinistra comporta, inoltre, un ulteriore sensibile aumento della coda inferiore rispetto al 2019. Dopo 13 anni di istruzione, a ridosso della maturità, in media il 44 per cento gli studenti non raggiunge il livello di apprendimento considerato il traguardo minimo dalle Indicazioni nazionali per il curricolo in italiano e il 51 per cento in matematica, con un incremento di 10 punti percentuali per entrambe le discipline rispetto al 2019.

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Le differenze territoriali sono esasperate, con regioni dove il 70 per cento e più degli studenti è sotto il livello minimo (Puglia, Sicilia, Calabria e Campania) con un ritardo medio di 49 punti rispetto al Nord: oltre tre anni di scuola secondo lo stesso Invalsi.

A livello territoriale, il Mezzogiorno aumenta ulteriormente il divario dei punteggi medi con le regioni del Nord rispetto al 2019. Ma, più sorprendentemente, perdono terreno nei confronti della media anche le regioni del Nord-Est, storicamente le prime della classe.

Peggiora il quadro il fatto che il confronto è con il 2019, quando gli esiti delle prove erano già tutt’altro che soddisfacenti e ci avevano fatto parlare di “fallimento della scuola italiana”.

Il termometro Invalsi non ci restituisce quest’anno una crepa congiunturale che si può rinsaldare a poco prezzo. Certifica l’aggravamento di un’inadeguatezza strutturale del nostro sistema educativo. Per provare a recuperare le perdite serviranno comunque anni di sforzi straordinari. Ma le condizioni per riuscirci sono un rinnovamento della didattica e nuovi criteri di selezione e formazione dei docenti.

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  1. Savino

    Pessima idea il lockdown, che non ha risolto i problemi sanitari creandone altri e mettendo in evidenza tutte le difficoltà strutturali. La scuola è sempre stata la Cenerentola d’Italia per colpa dei sindacati degli insegnanti di ruolo.

  2. Maria Teresa

    Condivido pienamente. La scuola? Si chiuda pure. Serve a qualcosa? Produce reddito? No. Da docente precaria, da pochi anni nella scuola pubblica, e dopo quasi vent’anni nel privato, sono orripilata dal sistema di reclutamento dei docenti. La scuola serve a piazzare e a garantire il posto a molti (secondo il criterio della mediocrazia=la mediocrità al potere) e sospetto che dietro ci sia uno strapotere dei sindacati. Se in ventanni nel privato, a ogni nuova candidatura il mio curriculum veniva letto e vagliato, ora è un carosello di cattedre in base a una fantomatica graduatoria a punti (i cui criteri cambiano ogni due/tre anni) e nessuno mai che dia anche solo un’occhio al CV oppure all’operato durante l’anno o che, magari, chieda un feedback agli utenti dei corsi (sì, proprio a loro, agli studenti). I tuoi Master di specializzazione, presi con studio appassionato, non valgono più nulla (per la precisione: 0,5 punti). Insegna inglese chi, a suo tempo, si era laureato in cinese… E, ovviamente, ti scavalca in graduatoria. I concorsi? Sei domande in 2h30 e zero colloquio. Chi valutava gli scritti? Docenti come noi. Da adulta, provo una vergogna profonda nei confronti delle giovani generazioni e un enorme sconforto a livello personale. La mia esperienza a scuola era stata splendida. Devo davvero ricredermi su ciò che è, oggi, la scuola in questo paese (che si crede nazione sviluppata): peggio di Cenerentola, una Piccola Fiammiferaia.

    • bob

      Lei fotografa esattamente i danni che fa uno strumento come le prove INVALSI. Soprattutto posto nelle mani di politici mediocri e di intellettuali disonesti. Per il popolino serve la “teoria dell’ingrosso” del ” tanto al kg” del ” a Roma tutti somari in Friuli tutti geni” “W l’ Inter abbasso il Milan”.
      Il Paese senza memoria dimentica di un “signore” che ha fatto perdere tempo e energie per discutere in parlamento dell’ introduzione del dialetto nelle scuole ( oltre ad altre corbellerie che è meglio non ricordarle).
      La cosa tragica che ormai una generazione di “giovani” si è alimentata con questa “biada” in certe parti del Paese a dispetto di quello che dice INVALSI ..ragazzi di 30 anni fanno fatica a riempire un bollettino postale

    • anna ruggieri

      Completamente d’accordo con la sua analisi, io, docente a tempo indeterminato dal 1985, entrata in ruolo solo dopo superamento di concorso pubblico ordinario. Da mio punto di osservazione, purtroppo molto limitato (ho insegnato in scuole secondarie di 2° grado a Latina, poi a Formia e da 10 anni a Itri, piccolo centro), la scuola italiana e con essa la professione docente sta vivendo una lunga fase di declino a partire dai primi anni duemila. Le innovazioni, che, con grande entusiasmo e impegno da parte dei docenti, erano state introdotte negli anni novanta, sono state tutte banalizzate e, anche, affossate.
      Inoltre, non si vuole affrontare la questione fondamentale che riguarda il sistema formativo di secondo livello: una scuola classista ancora di stampo gentiliano, che acuisce e non riduce le sperequazioni socio-economiche di partenza dei ragazzi

  3. Felice

    Salve, il rapporto Invalsi ci informa che per le scuole secondarie di I e II grado la prova è stata svolta in maniera computerizzata (CBT). Sarebbe interessante sapere se le prove Invalsi sono state svolte on line da casa per gli studenti della scuola Secondaria. Se cosi’ fosse, di fatto gli studenti potrebbero aver incontrato gli stessi problemi che mediamente sono stati sopportati nella frequenza della DAD, in particolare le difficoltà di connessione. Quanto potrebbe aver inciso la mancata o la difficile possibilità di connetersi per lo svolgimento della prova e per i suoi risultati? Per esempio, qual’e’ la frequenza degli zero complessivi nei test della prova 2021? E’ simile rispetto alla prova precedente? O è diversa? E quale è la dispersione territoriale di tale frequenza? Se gli autori avessero e fornissero informazioni al riguardo, potrebbe essere un dato rilevante. Grazie.

  4. Giorgia Mediani

    Sarebbe una vera rinascita operare rinnovamento della didattica e rivedere selezione e formazione dei docenti. Se è vero che l’educazione appartiene alla famiglia che delega alla scuola, una famiglia che crede in un’educazione che non riempie vasi ma apre menti, che non ha bisogno di pratiche oppressive e sbrigative per risolvere problemi psico-pedagogici, che i DSA sono troppi per essere vero, che anche i ragazzi difficili (figli suoi o di altri) non sono scarti, quella famiglia è abbandonata al caso o alla fortuna nella scuola pubblica o all’ ammirare in vetrina, come l’abito troppo costoso che non può permettersi, la scuola privata.
    Mi sembra molto alto in rischio che il sistema scolastico non si farà carico di queste indicazioni e si farà scivolare addosso anche questi importanti rilievi, perché nulla è più facile della profezia che si autoavvera: se non crede ai ragazzi, questi non crederanno in se stessi e abbandoneranno o confermeranno in modo più o meno deviante l’etichetta che è stata appioppata loro. E a quel punto la scuola avrà fatto tutto, ma i ragazzi sono svogliati e maleducati, le famiglie non sanno più educare e contrastano senza motivi la scuola ecc. ecc. ecc., fole trite e ritrite che ormai sono il coro dominante.
    L’unico effetto certo di queste notizie, finora è che ai nostri giovani, in troppa parte esclusi ab initio dall’opportunità di essere educati in ambiente aperto e stimolante, di imparare a studiare in modo appassionato e motivato perché gli adulti educanti non lo sanno fare, giunge un’ulteriore squalifica sul loro presente e sul futuro.

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