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Pnrr: la tentazione del sindaco*

Ci si chiede se le amministrazioni comunali sapranno gestire gli ingenti fondi del Pnrr. Ma c’è anche un altro aspetto della questione: le decisioni di spesa dei comuni, specialmente sugli investimenti, sono spesso influenzate da interessi elettorali.

Cosa succede con le spese comunali

Il dibattito sulla gestione delle ingenti risorse messe sul piatto dall’Europa, attraverso il Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr), è sempre più acceso e tratta non solamente l’effettiva capacità delle amministrazioni comunali di gestire i fondi, ma anche la qualità degli interventi, soprattutto quelli legati agli investimenti pubblici, che rappresentano un fattore decisivo per la ripresa. Tuttavia, un elemento ancora poco dibattuto, e forse anche un po’ spinoso, riguarda i diversi incentivi che gli amministratori locali potrebbero avere nella gestione delle risorse. La questione cruciale, quindi, è questa: gli amministratori comunali eviteranno la tentazione di usare una parte dei fondi per fini elettorali?

Per rispondere alla domanda potrebbe essere utile analizzare se (e in che misura) esiste una manipolazione della spesa comunale per fini elettorali.

I comuni hanno ampia autonomia di spesa in diverse funzioni, quali, ad esempio, polizia locale, istruzione pubblica, gestione del territorio, servizi sociali e viabilità e trasporti. Allo stesso tempo, i sindaci sono responsabili delle opere infrastrutturali del loro comune. Raccogliendo quindi i dati sulle spese correnti e in conto capitale dei comuni italiani nel decennio 2001-2010 è possibile studiare se, effettivamente, la spesa pubblica segua il ciclo elettorale. Le elezioni dei comuni italiani, infatti, hanno una peculiarità piuttosto rara, ossia le tornate elettorali sono sfalsate: i comuni hanno elezioni in anni diversi. In questo modo è quindi possibile isolare l’effetto legato al ciclo politico rispetto a una qualsiasi variazione di spesa dovuta a shock ascrivibili a un determinato periodo.

I risultati relativi alla spesa corrente sono raffigurati nella figura 1, dove si riscontra che la spesa corrente pro-capite segue perfettamente il ciclo elettorale. Se si prende a riferimento l’anno in cui avviene l’elezione e si calcola la variazione della spesa in ciascuno degli altri (quattro) anni rispetto a quello elettorale, la figura suggerisce che la spesa pro-capite cresce all’avvicinarsi delle elezioni, raggiunge il suo picco nell’anno pre-elettorale per poi scendere immediatamente l’anno successivo (post elettorale).

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Figura 1 – Spesa corrente comunale pro-capite e ciclo politico.

Per quanto riguarda le spese in conto capitale, i risultati sono illustrati nella figura 2 e mettono in evidenza che anche le erogazioni per investimenti sono influenzate da “manipolazione” elettorale. In altri termini, all’approssimarsi delle elezioni, i sindaci tendono a spingere l’acceleratore sugli investimenti pubblici, generalmente finanziando le opere più visibili – si pensi ad esempio al rifacimento dei marciapiedi o all’asfaltatura delle strade – per accrescere il proprio consenso politico. Così, mentre un paio di anni prima delle elezioni la spesa pro-capite per investimenti rimane costante, nell’anno pre-elettorale cresce sensibilmente per poi crollare nuovamente dopo le elezioni.

Figura 2 – Spesa in conto capitale comunale pro-capite e ciclo politico.

Quanto contano gli incentivi elettorali

In realtà, questi risultati confermano l’esistenza di incentivi elettorali nelle decisioni di spesa dei comuni, specialmente sugli investimenti. Se continueranno a esistere, se cioè non verranno pensate misure tali da disincentivare l’uso “politico” dei fondi, sarà forte il rischio, come già avvenuto in passato, che queste somme vengano incanalate in una qualche forma di politica redistributiva, volta a perseguire interessi più di tipo personale (elettorali) che strategici e di rilancio del paese. D’altronde, come scriveva Harold Lasswell nel 1936, la politica è tutta una questione di “chi ottiene cosa, quando e come”, suggerendo che le decisioni sull’allocazione di beni e servizi pubblici sono l’essenza stessa della politica.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire esclusivamente all’autore e non investono la responsabilità dell’organizzazione di appartenenza.

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  1. Gianni Melloni

    È interessante che l’analisi faccia riferimento al decennio 2001 e 2010 , anni in cui i comuni avevano una reale potenzialità di investimenti e spesa corrente determinata da un più alto livello di autonoma finanziaria poi compromessa successivamente dalla introduzione dall’introduzione del patto di stabilita e riduzione e dalla riduzione della autonomia impositiva. La lettura non tiene conto della tendenza di utilizzare gli avanzi accumulati ,dall’inizio del mandato , per ridurre il ricorso all’indebitamento per le spese in conto capitale .

  2. Alessandro

    Le osservazioni formulate, peraltro corrette, non considerano che tra il il programmare, progettare e realizzare un’opera i tempi medi sono almeno di due o tre anni, quando il tutto è realizzato a dovere.
    Di conseguenza gli ultimi due anni di una gestione amministrativa coincidono forzatamente con quelli della maggiore spesa di cassa.
    Sotto l’aspetto di merito è ovvio che questa debba peraltro soddisfare gli appetiti elettorali, altrimenti, e scusatemi se è poco, a cosa serve la “rappresentanza elettorale”.

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