Due provvedimenti finiscono per cambiare il valore di Aspi proprio mentre Cassa depositi e prestiti si accinge a presentare l’offerta di acquisto. Ma gli aspetti giudiziari non dovrebbero influenzare il normale funzionamento di un mercato regolato.
La Commissione chiede chiarimenti
L’Italia fa di tutto per complicarsi la vita e minare la propria credibilità dinanzi agli investitori internazionali. L’ultimo esempio in ordine di tempo riguarda ancora la saga delle concessioni autostradali, ove l’invitato di pietra potrebbe essere ancora Autostrade per l’Italia (Aspi).
Sulla stampa sono trapelati stralci di una lettera che la Commissione europea avrebbe inviato al governo italiano, nella quale, preannunciando di fatto una procedura di infrazione, si chiedono delucidazioni su almeno due punti particolarmente importanti da un punto di vista finanziario:
a) le motivazioni e il perimetro di applicabilità dell’articolo 35 del “decreto Milleproroghe” del 2019, con cui si è significativamente ridotto l’indennizzo a favore del concessionario in caso di revoca della concessione;
b) le modalità di applicazione del nuovo modello tariffario introdotto dall’Autorità di regolazione dei trasporti, con cui si mira a regolare in maniera più efficiente il settore, abbassando tariffe e rendimenti anche delle concessioni in essere (di questo tema abbiamo già discusso in questo articolo).
Il nuovo valore di Aspi
Le due novità muterebbero in maniera sostanziale il valore della concessione di Aspi poiché si porterebbe l’indennizzo da 23 a 6-8 miliardi di euro e il tasso di rendimento dall’11 al 7,09 per cento. A loro volta, le variazioni produrrebbero due effetti non trascurabili per la vicenda Aspi e, a cascata, per l’intero settore.
Da un lato, la riduzione del tasso di rendimento produce una riduzione del valore della concessione e, quindi, dell’azienda Aspi, in un momento in cui il consorzio guidato da Cassa depositi e prestiti, dunque dallo stato, si appresta a chiudere la due diligence e a presentare l’offerta di acquisto. Dall’altro, un eventuale rifiuto dell’offerta potrebbe esporre Aspi alla revoca della concessione (in base alle dichiarazioni di componenti dei precedenti governi), ma l’indennizzo che riceverebbe sarebbe un terzo rispetto a quello desumibile all’atto della stipula della convenzione.
Sembra che la lettera della Commissione sia arrivata a seguito di esposti presentati da investitori internazionali quali Allianz, Gic Fund, Silk Road Fund. E non c’è da stupirsi, visto che l’operazione decisa dal governo (non si sa quanto consapevolmente) comporterebbe una riduzione del valore di Aspi, perciò del prezzo di acquisto, e dell’indennizzo, dunque della convenienza a rifiutare l’offerta di Cdp. In pratica, si stanno spingendo soggetti privati a vendere a un prezzo politicamente determinato. Un’operazione di questo tipo, probabilmente censurabile dal punto di vista del diritto comunitario, espone l’Italia a un giudizio severo da parte degli investitori poiché si offre la netta sensazione che i contratti e le convenzioni possano essere unilateralmente modificati.
Le responsabilità penali, civili e anche politiche del disastro del Ponte Morandi vanno acclarate, i responsabili puniti e i rammendi amministrativi applicati con solerzia. Ed è pur vero che, come certificato dalla Corte dei conti, il settore garantiva tassi di rendimenti eccessivi a causa di una giungla regolatoria. Ma risolvere i problemi con un atto normativo di dubbia validità rischia di creare un ulteriore problema, senza risolvere i precedenti.
Il nuovo governo si troverà a gestire questo ginepraio ed è auspicabile che separi gli elementi giudiziari da quelli che ineriscono (o dovrebbero inerire) il normale funzionamento di un importante mercato regolato, nel pieno rispetto dei principi comunitari, oltre che del buon senso. Dovrà evitare di affossare l’attrattività dell’Italia intera, nel tentativo di punire pochi e identificabili responsabili di una sciagura terribile.
Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.
5 Commenti