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Immigrati irregolari: vittime senza voce

La regolarizzazione degli immigrati irregolari favorisce la loro integrazione. Aumenta infatti il loro grado di fiducia nelle istituzioni del paese ospitante. Cresce così anche la volontà di denunciare reati e abusi. Lo mostrano i risultati di uno studio.

Oltre la prima accoglienza

Il fenomeno migratorio e le sue conseguenze sociali, economiche e di gestione dell’ordine pubblico sono quotidianamente al centro del dibattito politico e dell’attenzione dei media. Mentre a livello europeo è in corso la trattativa per una revisione del cosiddetto regolamento di Dublino per giungere a una più equa distribuzione dei rifugiati tra paesi europei.

Come ricorda la campagna Ero straniero, le discussioni riguardano principalmente gli aspetti contingenti degli sbarchi e della prima accoglienza, mentre restano in ombra temi di più ampio respiro, come una programmazione degli ingressi e l’inclusione degli immigrati nel tessuto socio-economico del paese. Nel decreto Rilancio del maggio scorso, il governo ha previsto una sanatoria con la possibilità di regolarizzare gli immigrati illegali attivi nel settore primario e in quello del lavoro domestico. Secondo le stime del governo, la platea di potenziali beneficiari potrebbe coinvolgere fino a 220 mila persone. Si tratta di un numero significativo, che va però confrontata con una stima di circa 600 mila immigrati irregolari.

Diversi contributi, anche su lavoce.info (Enrico Di Pasquale e Chiara Tronchin e Di Pasquale e Tronchin), hanno evidenziato benefici e costi, vantaggi e svantaggi, delle sanatorie. Mentre tra le conseguenze negative delle regolarizzazioni si ricordano principalmente i più alti costi per il welfare, tra quelle positive si riporta una maggiore capacità di inclusione dei beneficiari della sanatoria. Così, anche in base alle evidenze provenienti dalle esperienze di altri paesi, questi studi sottolineano come la regolarizzazione tenda a migliorare le condizioni lavorative degli immigrati, a facilitare il loro accesso ai servizi sanitari e, più in generale, ad aumentare la loro partecipazione alla vita sociale e politica del paese ospitante.

In uno studio recentemente pubblicato abbiamo messo in evidenza un’ulteriore e importante conseguenza della regolarizzazione. Una volta tolti dall’alveo della clandestinità, gli immigrati che sono vittime di un atto criminale aumentano notevolmente la loro propensione a rivolgersi alle forze dell’ordine e a denunciare i reati. In altri termini, la regolarizzazione aumenta il tasso di denuncia dei crimini togliendo gli immigrati clandestini da un sottobosco di soprusi, illegalità e prevaricazione. Una maggiore disponibilità a denunciare porta alla luce del sole attività criminali che resterebbero altrimenti impunite, stimolando l’intervento delle forze dell’ordine e della giustizia, che non si attiverebbero senza notizia di reato.

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Una lezione dagli Stati Uniti

Utili per evidenziare questo risultato sono i dati di vittimizzazione registrati negli Stati Uniti in corrispondenza dell’Immigration Reform and Control Act (Irca).

Varata nel 1986, Irca è la più importante sanatoria approvata a Washington e ha portato, tra il 1987 e il 1988, alla regolarizzazione di circa 2 milioni e settecentomila immigrati già presenti sul territorio degli Stati Uniti. Tra i regolarizzati era preponderante la quota di persone di etnia ispanica (si veda la figura 1).

Figura 1 

L’importanza numerica della sanatoria – e, in particolare, il fatto che in netta maggioranza i beneficiari fossero di origine ispanica – permette di superare la principale difficoltà tecnica presente nella stima della propensione a denunciare da parte degli immigrati illegali: nelle indagini di vittimizzazione lo status legale – regolare o clandestino – del rispondente non è noto. Non è quindi possibile valutare direttamente la tendenza a denunciare da parte di un clandestino. Nel caso di Irca, la sproporzione nella rappresentazione degli ispanici tra i beneficiari della sanatoria permette di utilizzare l’origine etnica delle persone come indicatore di regolarizzazione.

La figura 2 mostra la propensione media annua a denunciare un atto criminale tra il 1980 e il 1994. La figura mostra la serie per la popolazione di etnia ispanica e per quella di etnia non ispanica. Come si può vedere, il tasso di denuncia è più elevato tra i non ispanici. Le due serie però tendono a sovrapporsi nel 1987 e nel 1988, gli anni nei quali Irca manifesta i suoi effetti in termini di aumento di immigrati regolarizzati. Le due serie riprendono a divergere negli anni successivi, a causa di un aumento dei clandestini dovuto a un nuovo afflusso di immigrati illegali.

Figura 2

La spiegazione più convincente dell’aumento del tasso di denuncia nel biennio 1987-1988 è legata al venir meno, una volta iniziato il percorso di regolarizzazione, di potenziali conseguenze negative legate all’atto di rivolgersi alle forze dell’ordine. Come mostrato dalla figura 3, negli anni della regolarizzazione diminuirono notevolmente i rimpatri. Ciò portò a una riduzione del rischio di vedersi costretti a lasciare gli Stati Uniti, aumentando verosimilmente la fiducia tra gli immigrati e smorzando il timore di essere deportati in quanto clandestini.

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Figura 3

Replicando l’analisi per diverse tipologie di reato, è possibile evidenziare che l’aumento della propensione a denunciare degli ispanici è maggiore nel caso di crimini contro il patrimonio – in particolare i furti – rispetto ai crimini contro la persona.

In base ai nostri calcoli, tenendo conto del fatto che non tutti gli ispanici hanno beneficiato della regolarizzazione – così come una quota, minoritaria, dei non ispanici invece ha goduto della sanatoria – stimiamo che il tasso di denuncia dei crimini dei regolarizzati sia passato dal 17 al 37 per cento. Questo significa che il cambio di status, da clandestino a legale, ha fatto sì che la propensione a denunciare i crimini sia più che raddoppiata, avvicinandosi notevolmente a quella della popolazione non ispanica, stimata al 39 per cento.

È interessante inoltre notare come durante gli anni della sanatoria, nelle aree degli Usa in cui la regolarizzazione ha avuto un impatto percentualmente più elevato vi è stata anche una diminuzione della criminalità nei confronti della popolazione ispanica.

Il risultato, seppur statisticamente meno robusto rispetto a quello sul tasso di denuncia, suggerisce che vi sia stato un beneficio immediato per la popolazione di immigrati; l’aumento della propensione a denunciare ha verosimilmente ridotto gli incentivi a commettere atti criminali nei confronti delle persone di etnia ispanica. Nessun effetto invece, né in diminuzione né in aumento, si è registrato per la popolazione non ispanica.

In conclusione, la regolarizzazione degli immigrati clandestini ha importanti conseguenze positive per la loro integrazione, aumentando il loro grado di fiducia nelle istituzioni del paese ospitante. Una maggiore propensione a denunciare reati migliora la capacità di tutelarsi contro gli abusi, portando in superficie attività criminose che altrimenti potrebbero rimanere impunite.

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  1. PURICELLI BRUNO

    Basicamente, è interessante ma per un paese come l’Italia di questo ultimo ventennio è necessario focalizzarci sulla capacità d’integrazione effettiva di persone non richieste in un programma perchè i benefici restano comunque inferiori ai costi (patrimoniali, morali, e insicurezza diffusa). Oggi, appare non di parte sottolineare i problemi indiretti che culture non un po’ differenti ma opposte producono. Lo si vedeva prima dell’uccisione del Professore francese Samuel Paty….. ma il mainstream dominante li trascurava strumentalmente per inculcare nelle menti del popolo attuale la convinzione che nessun problema esisteva. Si ricordino tutti gli intellettuali che non siamo di fronte ad una battaglia di civiltà ma ad una di difesa del nostro livello di civiltà e tradizioni ottenute con guerre, morti, sofferenze e soprattutto con fatica sul lavoro organizzato e disciplinato secondo criteri sociali che altra cultura non rispetta e addirittura si permette di contrastare a casa nostra. In natura il detentore di uno spazio tende a difenderlo e combatte chi invade senza riconoscere alcun merito a chi già si trova in quello spazio. NOi, addirittura incoraggiamo a ledere i nostri domini culturali dimenticandoci che la vita s’è evoluta con la selezione nella capacità di difenderci e di affermarci (oggi lo si fa col dialogo… se è sufficiente). L’evoluzione prosegue copiando modelli che sembra funzionino meglio ma troviamo chi viene a casa nostra ad imporci il loro che non li soddisfa!

  2. Mauro Cappuzzo

    Perché i cittadini italiani devono condividere con gli immigrati clandestini il livello di civiltà e il tenore di vita raggiunti?
    Perché dobbiamo favorire l’accesso degli immigrati alle cure sanitarie ottenute con grandi sacrifici? Perché dobbiamo addirittura favorire modalità di ingresso illegali nel nostro paese?

    • Francesco M.

      Rispondo alle prime due domande: innanzitutto, con i “clandestini” non condividiamo niente perché, se clandestini, per definizione non sappiamo che ci sono e quindi non possono beneficiare di niente. In secondo luogo, trasmettere agli immigrati il livello di civiltà, la possibilità di migliorare il tenore di vita, permettere l’accesso alle cure sanitare sono l’impronta di un Paese civile. La terza domanda, invece, è retorica e fondata su un presupposto errato. Pertanto, non richiede risposta.

      • Mauro Cappuzzo

        clandestino agg. [dal lat. clandestinus (der. dell’avv. clam «di nascosto»), attrav. il fr. clandestin]. – 1. Che è fatto di nascosto, e si dice per lo più di cose fatte senza l’approvazione o contro il divieto delle autorità. I clandestini in Italia beneficiano dell’assistenza sanitaria (pronto soccorso) e hanno accesso a tutte le strutture di accoglienza nelle quali trovano vitto e alloggio e dalle quali se ne vanno quando vogliono. Si faccia un giro nelle periferie di qualche città italiana, al nord come al sud, piccole o grandi.

  3. franco

    La lieta novella che continuano a raccontarci e’ che gli italiani sono frutto di mescolanze diverse, che la loro storia e’ stata creata dall’incontro di razze e culture differenti, per cui dobbiamo accettare chiunque entri nella nostra bella penisola come un dono e non come un problema. E cosi’ dovremmo immaginare la storia come un cenacolo di persone per bene e dalla mente illuminata, provenienti da ogni dove, desiderose di mescolare i loro credi, il loro sapere, le proprie economie… La realta’, pero’, e’ che prima di giungere a raccogliere il dolce frutto del melting pot chi venne da noi lo fece prima di tutto con la spada, conquistando, imponendo, ottenendo la mescolanza del sangue piu’ con lo stupro che con l’amore. Lungi da me attribuire un tale potere agli sventurati che sbarcano oggi sulle nostre coste; ma il loro desiderio non e’ di creare una cultura della tolleranza, bensi’ semplicemente migliorare la propria vita senza per forza accettare la cultura autoctona di che li dovrebbe ospitare. Bisogna quindi ammettere che non tutti gli immigrati sono uguali: una cosa e’ ospitare un cristiano ortodosso, diverso chi invece esige, pretende di staccare i crocefissi dalle scuole non per spirito laico, ma per manifesta intolleranza per la nostra religione. Quest’ultimo non vede nel nostro laicismo un valore, ma semplicemente l’assenza di ogni fede e come tale indegno di rispetto. Ignorare tutto cio’ portera’ inevitabilmente i sovranisti al potere…

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