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L’Italia che spende tutto in pensioni

Si dice spesso che la nostra spesa pubblica è troppo elevata e che dovrebbe essere ridotta. Ma l’Italia spende davvero così tanto? In realtà, è in linea con la media degli altri grandi paesi dell’Eurozona. Destina però la quota maggiore del Pil al pagamento delle pensioni.

Un paragone con l’Europa

Nelle tabelle del Documento di economia e finanza 2019 pubblicato dal governo all’inizio di aprile è scritto chiaramente: la spesa pubblica totale è destinata a salire ancora. Nei prossimi due anni l’aumento sarà di 41 miliardi – dagli 854 miliardi del 2018 a 895 nel 2020. Non solo: la crescita del prossimo biennio sarà più rapida di quella sperimentata nel biennio precedente, quando l’incremento fu di “soli” 25 miliardi, da 829 a 854 miliardi. C’è davvero bisogno di questo ulteriore aumento? Non era già così elevata la spesa pubblica italiana da indurre i governi precedenti a esercitarsi in esercizi ripetuti di “spending review” mirati a mettere sotto controllo la sua evoluzione?

Un modo per rispondere a queste domande complesse è quello di guardare cosa succede nei paesi simili all’Italia.

Consultando i numeri dei programmi di stabilità di Francia, Germania e Spagna, li abbiamo messi a confronto con i dati presentati dal governo italiano. Come mostrato in tabella 1, per il 2019 il paese che spende di più in percentuale al proprio Pil è la Francia con il 55,5 per cento, seguita dall’Italia con il 48,9 per cento, e dalle meno spendaccione Germania e Spagna con, rispettivamente, il 44,5 e il 41,5 per cento. Da segnalare che di questi quattro paesi l’Italia è l’unica che prevede un aumento della spesa per il 2020, con una lieve decrescita nel biennio successivo, mentre la Germania mantiene le proprie spese costanti nel triennio 2019-2022 (mentre le aumenta dal 2018 al 2019, ma può permetterselo), invece Francia e Spagna attuano una riduzione (quest’ultima di un livello già di per sé basso).

L’Italia nel 2019 prevede quindi una spesa in linea con questi paesi, sebbene in crescita. Considerando però tutta l’Eurozona, è bene ricordare che nel 2017 la spesa pubblica (Italia esclusa) era del 46,7 per cento del Pil, due punti percentuali in meno rispetto al nostro paese. E nella Ue a 28 solo sei paesi presentavano una spesa pubblica superiore alla nostra. L’Italia è perciò in linea con i paesi paragonabili, ma sempre nella parte alta della classifica complessiva europea.

È quindi interessante capire per quali finalità viene impiegata, soprattutto con un occhio a cosa servirà l’aumento di spesa previsto.

Tabella 1 – Spesa pubblica totale in % del Pil

Fonte: Programmi di stabilità dei quattro paesi

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Le differenze di spesa

Nel Documento di economia e finanza viene indicato che nel triennio 2019-2021 le maggiori spese saranno dovute a interventi nel settore lavoro e pensioni, in particolare con l’introduzione di reddito di cittadinanza e quota 100: rispettivamente +23,5 e +20,5 miliardi nel triennio 2019-2021.

In Germania, invece, le maggiori nuove voci di spesa del 2019 riguardano un programma di aiuto ai genitori lavoratori di bambini, per i quali sono stati stanziati 5,5 miliardi nel corso del prossimo triennio. Un’altra grande voce di spesa riguarda il trasferimento di risorse ai paesi dai quali provengono le quote maggiori di rifugiati per i quali sono previsti 6,9 miliardi di euro. Altri 5,2 miliardi saranno aggiunti nel 2019 ai 47,3 miliardi per la spesa militare, come richiesto dalla Nato. Per quanto riguarda le pensioni vengono previsti 2 miliardi aggiuntivi dal bilancio federale per ogni anno nel triennio 2021 e 2024 per salvaguardare il bilancio dall’effetto demografico.

Anche la Francia prevede un intervento sulle pensioni che saranno rivalutate dello 0,3 per cento, mentre sono previsti ulteriori 10 miliardi di spesa in particolare per le nuove assunzioni nella pubblica amministrazione, obiettivo analogo per la Spagna.

Da questo rapido confronto emerge come il governo italiano abbia dato molta importanza al tema dell’assistenza e delle pensioni, cosa che è stata fatta anche negli altri paesi ma con minore enfasi. Inoltre, la Spagna, come l’Italia, nel 2011 è stata interessata da una riforma del sistema pensionistico che ha innalzato l’età pensionabile a 67 anni, tuttavia i governi di diverso colore che si sono susseguiti dopo questa riforma non hanno inserito drastici cambiamenti alla riforma, a differenza del governo gialloverde, che intende “superare” la riforma Fornero.

Composizione della spesa

Nella figura 1 viene riportata la spesa corrente divisa per componenti nel 2019. Tutti e quattro i paesi impiegano mediamente il 10 per cento del proprio Pil per redditi da lavoro dipendente, con l’eccezione della Germania che si colloca ad un livello inferiore intorno al 7,5 percento. Particolare attenzione merita la spesa sociale, tra cui pensioni e trasferimenti, che per tutti i paesi rappresenta una voce di spesa consistente. La Francia è la prima per spesa sociale sul Pil nel 2019, con il 25,4 per cento, seguita dalla Germania con il 24,25 per cento. L’Italia presenta valori più bassi, ossia una spesa del 23,1 per cento del Pil in gran parte destinato alle pensioni (il 15,6 per cento del Pil, secondo il Def che riporta un dettaglio maggiore rispetto ai programmi di stabilità). Un valore ancora inferiore è quello della Spagna, che spende il 18 per cento del Pil. Il nostro paese è invece al primo posto per la spesa per interessi passivi sul debito, a cui destina il 3,7 per cento del Pil. Nonostante questa voce importante, il confronto regge anche se si considera la sola spesa corrente primaria, quindi al netto degli interessi: la Francia spende il 49,3 per cento del Pil, l’Italia il 42,1, la Germania il 40 e la Spagna il 36,1.

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Figura 1

L’ossessione delle pensioni

Ma un dato su tutti mostra la peculiarità della nostra spesa: dalle previsioni di lungo periodo, si nota come l’Italia concentri più risorse di tutti gli altri paesi in esame sul tema delle pensioni. Come mostrato in tabella 2, tutti i paesi prevedono un aumento della spesa pensionistica fino al 2050, dovuto al fatto che in concomitanza con il 2030 si ritireranno dal mondo del lavoro coloro che appartengono alla generazione detta del “baby boom”. Ma l’Italia è comunque il paese che sia oggi che domani destina la più ampia porzione di Pil al pagamento delle pensioni.

Tabella 2 – Spesa pensionistica sul lungo periodo in % del Pil

Fonte: Programma di stabilità

Viene quindi da chiedersi se fosse necessario caricare il bilancio pubblico italiano di nuove risorse destinate alle pensioni. La risposta è no, se si pensa a quanto meno spendono gli altri paesi. Tuttavia, spesso si giustifica l’eccesso di spesa pensionistica con il fatto che la popolazione italiana è molto più vecchia rispetto a quella di altri paesi. Ma i dati Ocse indeboliscono questa narrazione. L’Italia è effettivamente al secondo posto dei paesi Ocse per quota di over-65 sulla popolazione in età lavorativa, con il 37,8 per cento. Questo valore però non è troppo distante da quelli di Germania (34,8) e Francia (33,3). O quantomeno forse non così distante da giustificare una differenza così ampia di spesa pensionistica sul Pil.

In ogni caso, aumentare la spesa è un grosso errore per un paese che cresce a velocità zero virgola come l’Italia. Soprattutto se la si aumenta per spesa corrente e non per investimenti o capitale umano.

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  1. Renato

    Il dato percentuale sulla spesa pensionistica, rispetto al Pil, non è corretto: bisogna separare tutti gli interventi di spesa per le pensioni, mi riferisco alle pensioni derivate da versamento di contributi, dagli altri dovuti interventi a sostegno che sono spesa sociale cito ad esempio le cosiddette, sbagliando, pensioni sociali che sono invece Assegni sociali cioè assistenza. Provate a fare uno studio separando Previdenza dall’Assistenza, il risultato finale sicuramente cambierà. Grazie per l’attenzione. Renato

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