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Di Maio confuso sui soldi alle banche

Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle affermazioni del vice-presidente del Consiglio Luigi Di Maio sul decreto “salva Carige”.

Con la crisi dell’istituto bancario Carige, anche il governo gialloverde si è dovuto rassegnare a emanare il suo primo provvedimento in aiuto della finanza. È stato infatti approvato un decreto legge che fornisce sostegno pubblico all’istituto, un testo peraltro quasi uguale al cosiddetto “decreto salvabanche” del 2016 emanato dal governo di Paolo Gentiloni per far fronte alle crisi di Monte dei Paschi di Siena e delle banche venete. Inevitabilmente, si è sollevata un’onda di recriminazioni da parte di chi a suo tempo è stato messo sotto torchio per “aver dato i soldi alle banche”, come Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, che difendono sia la misura presa dall’attuale governo ma anche quelle prese in passato dai governi a guida Pd.

Il vice-premier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ha voluto però chiarire come le misure prese per Carige siano molto diverse da quanto previsto in passato. Ha così risposto con un post Facebook:

1. Non abbiamo dato un euro alle banche
2. Abbiamo scritto in una legge che se serve lo stato potrà garantire nuovi titoli di Stato e potrà ricapitalizzare. Speriamo non serva. 
3. Se si dovesse usare quella garanzia o se si dovessero mettere soldi pubblici, banca Carige deve diventare di proprietà dello Stato. Ovvero deve essere nazionalizzata.
4. In questo modo non ci sarà nessun regalo ai banchieri e nessun azionista e obbligazionista truffato
5. Non sarà come Etruria perché salviamo tutti gli obbligazionisti e correntisti
6. Non sarà come le banche venete perché non la venderemo a due euro dopo averla ripulita dei debiti con i soldi pubblici
7. Renzi e la Boschi che fanno le vittime fanno ridere i polli: se avessero fatto come noi non ci sarebbero stati risparmiatori sul lastrico, ma evidentemente ai loro amici e parenti non conveniva
8. Ora vedremo chi è stato a non restituire i soldi a Carige affossandola
9. ci batteremo in Europa per riformare il sistema di vigilanza bancaria e faremo la separazione tra banche commerciali e d’affari. Cose che nessuno si è mai sognato di fare
10. Noi abbiamo messo 1,5 miliardi per i truffati delle banche di cui è responsabile il vecchio governo. Non ci saranno altri truffati.

Il testo del decreto legge dell’8 gennaio ci aiuterà a capire come mai ciò che dice Di Maio non corrisponde alla realtà.

1 e 2) “Non abbiamo dato un euro alle banche”

Iniziamo con i primi due punti. Di Maio sostiene che le misure approvate non comporteranno elargizione di denaro pubblico verso banca Carige, ma che prevedano la sola garanzia di titoli Carige di nuova emissione e la disponibilità verso una ricapitalizzazione preventiva. Ovviamente, con la speranza che non serva. Infatti, l’unico caso in cui non usciranno fondi dalle casse dello stato è se non dovessero servire.

Gli strumenti che lo stato mette a disposizione dell’istituto sono due: la garanzia pubblica sulle passività di nuova emissione e la ricapitalizzazione precauzionale.

All’articolo 1 del decreto si legge che “il ministero dell’Economia e delle finanze è autorizzato, fino al 30 giugno 2019, a concedere la garanzia dello stato su passività di nuova emissione di Banca Carige (…) nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di stato, fino a un valore nominale di 3.000 milioni di euro”. Ciò significa che la banca potrà finanziarsi con la garanzia dello stato, per un valore massimo di 3 miliardi. In breve, se la banca dovesse decidere di emettere nuovo debito, com’è probabile che faccia una banca in crisi di liquidità, potrà richiedere che tale debito sia garantito dallo stato. In questo modo i titoli emessi saranno percepiti come meno rischiosi poiché se Carige non riuscirà a farvi fronte lo faranno le casse pubbliche (con le modalità indicate dall’articolo 8). A queste condizioni per l’istituto sarà più facile e meno oneroso finanziarsi per ottenere liquidità.

Dire quindi che non si è dato un euro alle banche non è corretto: è vero che le garanzie possono non prevedere un’uscita di cassa immediata, ma lo stato deve comunque iscriverle a bilancio poiché in futuro potrà trovarsi nella condizione di dover restituire i fondi al posto di Carige. Dunque le garanzie impattano eccome sulle grandezze di finanza pubblica, nello specifico sul saldo netto da finanziare.

Inoltre, i commissari della banca hanno già comunicato di voler richiedere la garanzia pubblica per l’emissione di nuovo debito. Quello “speriamo che non serva” è quindi già obsoleto.

Il secondo strumento messo a disposizione di Carige dal governo è la ricapitalizzazione preventiva. Per quanto non sia ancora un’ipotesi al vaglio dei commissari, anche in questo caso lo stato potrebbe trovarsi a dover sostenere un’uscita di denaro. All’articolo 12 infatti si legge che “il ministero dell’Economia e delle finanze è autorizzato a sottoscrivere, entro il 30 settembre 2019, anche in deroga alle norme di contabilità di stato, azioni emesse da banca Carige”. Il governo ha quindi stanziato un fondo pari a 1 miliardo di euro (art. 22) per l’eventuale richiesta da parte della banca di sottoscrivere nuovo capitale, il che renderebbe di fatto lo stato azionista di Carige.

Queste misure sono state messe a disposizione anche dal governo precedente per la crisi di Monte dei Paschi di Siena e delle banche venete. A fine 2016, il governo Gentiloni – con il decreto del 23 dicembre 2016 – chiese al Parlamento l’autorizzazione di sforare gli obiettivi di finanza pubblica previsti per la creazione di un fondo di 20 miliardi di euro (nel caso di Carige non serve l’autorizzazione perché il decreto è già coperto). Lo scopo era proprio quello di operare “sottoscrizioni e acquisto di azioni effettuate per il rafforzamento patrimoniale” e garantire “passività di nuova emissione e […] l’erogazione di liquidità d’emergenza a favore delle banche”. E pochi giorni dopo Monte dei Paschi di Siena ha chiesto l’intervento pubblico per la garanzia sulle nuove passività e, successivamente, anche la ricapitalizzazione. L’esperienza passata suggerisce che lo stato debba essere pronto a erogare fondi agli istituti a cui propone il proprio sostegno. Il dire “con la speranza che non serva” è quindi uno specchietto per le allodole.

3) “Banca Carige deve diventare di proprietà dello stato”

Di Maio va avanti e sostiene che “se si dovessero usare soldi pubblici”, ossia se la garanzia venisse attivata o se fosse avviata la procedura di ricapitalizzazione precauzionale, banca Carige dovrà diventare di proprietà dello stato. Non si tratta di un pugno sul tavolo da parte di un governo in difesa dei cittadini, ma della semplice applicazione delle regole europee sui salvataggi bancari, che prevedono l’eventualità della ricapitalizzazione precauzionale. La direttiva sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi, la cosiddetta direttiva Brrd, offre allo stato la possibilità di iniettare capitale in una banca solvibile. Lo stato diventa quindi azionista dell’istituto, come è successo nel caso di Monte dei Paschi di Siena, detenuta quasi per il 70 per cento dal settore pubblico.

4) “Non ci sarà nessun azionista e obbligazionista truffato”

Di Maio sottolinea poi che con questa operazione non ci saranno azionisti e obbligazionisti truffati. È sicuramente auspicabile, ma bisogna ricordare che le regole europee prevedono che, in caso di iniezione di denaro pubblico nel capitale della banca, si attivi il meccanismo di burden sharing, ossia l’assorbimento di parte delle perdite da parte di azionisti e obbligazionisti subordinati. Che quindi vedrebbero il valore dei propri titoli sicuramente intaccato. Non si tratta di una truffa, ma della applicazione di regole europee su strumenti finanziari che possono prevedere questa eventualità, trattandosi di azioni e obbligazioni subordinate che per loro natura sono legate al tipico rischio di impresa della banca. C’è da dire che i governi precedenti avevano previsto alcune forme di ristoro per gli obbligazionisti e l’attuale governo le ha addirittura estese agli azionisti. Tuttavia, è difficile pensare che la Commissione europea accetterà questo raggiro delle regole europee. L’ha fatto nel caso di risparmiatori non consapevoli della rischiosità dei titoli detenuti, ma non lo farà di certo per chi ha comprato consapevolmente titoli sul mercato. È dunque improbabile che azionisti e obbligazionisti non subiranno perdite.

5) “Non sarà come Etruria perché salviamo tutti gli obbligazionisti e correntisti”

In seguito al crack di Banca Etruria vennero salvati tutti i correntisti e gli obbligazionisti senior grazie ai soldi del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Gli obbligazionisti junior, o subordinati, vennero in parte risarciti dal decreto salvarisparmio del 3 marzo 2016 anche in questo caso senza oneri per lo stato. Esso prevedeva un risarcimento forfettario pari all’80 per cento del capitale investito in titoli subordinati per chi avesse un patrimonio mobiliare inferiore a 100 mila euro e un reddito imponibile Irpef inferiore a 35 mila euro. Ulteriori fondi per gli obbligazionisti subordinati truffati dalle banche furono previsti dalla legge di stabilità 2017, in questo caso a carico dello stato.

Con il decreto “salva Carige” si mette in conto l’ipotesi di ricapitalizzazione precauzionale. In tal caso sicuramente gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati subirebbero delle perdite, per il meccanismo del burden sharing. Come detto, è possibile che saranno nel caso previste forme di ristoro, con oneri a carico del Fondo interbancario o dei conti pubblici: attualmente però non ci sono garanzie che il ristoro per gli obbligazionisti subordinati sarà più ampio che nel rimborso dei truffati da Etruria. Anzi, è probabile che sia proprio l’opposto.

6) “Non sarà come le banche venete perché non la venderemo a due euro dopo averla ripulita dei debiti con i soldi pubblici”

Come abbiamo scritto in passato, la liquidazione coatta amministrativa delle banche venete disposta con il decreto legge del 25 giugno 2017 ha effettivamente causato costi ingenti per lo Stato. Le due banche popolari acquistate da Intesa San Paolo per la simbolica cifra di 1 euro l’una, sono state garantite dal Tesoro con 5 miliardi di esborso di cassa in favore di Intesa, più altri fondi a garanzia dei crediti deteriorati e dei rischi legali per un importo complessivo stimato in 6,5 miliardi. Tuttavia appare affrettato da parte del ministro Di Maio affermare che Carige non seguirà la stessa sorte delle banche venete. Se gli attuali commissari, come probabile, stabiliranno che per Carige è troppo difficile sostenersi sulle proprie gambe, provvederanno a cercare un’acquirente che possa risanarla. Non è da escludere che anche in questo caso l’acquisizione da parte di un’altra banca avvenga con garanzie e fondi statali.

10) “Noi abbiamo messo 1,5 miliardi per i truffati delle banche di cui è responsabile il vecchio governo. Non ci saranno altri truffati”

La manovra approvata dal governo gialloverde prevede ulteriori 1,5 miliardi per i truffati dalle banche: gli azionisti saranno rimborsati al 30 per cento del capitale investito mentre gli obbligazionisti subordinati fino al 95 per cento per un tetto massimo di 100 mila euro di indennizzo, purché con un reddito Isee inferiore a 30 mila euro. Tuttavia le risorse messe a disposizione andranno solo ai truffati dalle banche venete poiché la legge di stabilità prevede che siano risarciti i risparmiatori degli istituti posti in liquidazione coatta amministrativa (ossia le sole banche venete) e non anche degli istituti posti in risoluzione (Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara). Quindi un ulteriore risarcimento, rispetto a quello ritenuto insufficiente stanziato dai governi Renzi e Gentiloni, non arriverà per molti obbligazionisti subordinati e azionisti. Per quanto riguarda questi ultimi, la conformità alle norme europee del risarcimento parziale resta tutta da verificare.

Inoltre risulta eccessivo attribuire ai passati governi a guida Pd tutte le responsabilità riguardo le crisi bancarie. Crisi che hanno riguardato istituti di regioni governate dal Partito democratico così come dal centrodestra e che inoltre chiamano in causa i responsabili della vigilanza bancaria nonché, prima di tutto, i manager.

Il verdetto

Il vice presidente del Consiglio Di Maio si trova nella posizione difficile di dover rendere conto ai propri elettori di aver preso misure che per anni ha duramente contestato dai banchi dell’opposizione. Tuttavia, dire di non aver dato un euro alle banche può valere solo per poco tempo, perché le garanzie prestate potrebbero venire usate ed escusse, come potrebbe rendersi necessaria la ricapitalizzazione precauzionale per Carige. Abbiamo verificato la dichiarazione per punti di Di Maio, tralasciando quelli più politici e pretestuosi, ed è nel suo complesso FALSA.

Ecco come facciamo il fact-checking.

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  1. Savino

    Dopo Carige e Sea Watch, il reality cu,i drammaticamente, ci ha sottoposto questo governo può finire qui.
    Di Maio passerà alla storia solo come l’ex bibitaro dello stadio San Paolo di Napoli che si è permesso di esultare sul balcone di Palazzo Chigi mentre creava ulteriore deficit e faceva impennare lo spread.

  2. Roberto

    Sono d’accordo sul risultato del fact checking, naturalmente Di Maio non sa quello che dice e fa di tutto per farcelo sapere. Però è importante aggiungere che in carige non ci sono più obbligazioni subordinate (a parte il recente bond da 320 milioni sottoscritto dal fondo interbancario) quindi l’applicazione del burden sharing non avrebbe conseguenze per i risparmiatori. Alcuni bond subordinati sono stati concambiati obbligatoriamente con bond senior al 70% nel 2017 quindi qualcuno ha subito perdite in quel frangente, mentre l’ultimo bond subordinato carige è scaduto a fine dicembre 2018 ed è stato regolarmente pagato. Per quanto riguarda lo stanziamento da 1,5 miliardi per il rimborso dei risparmiatori truffati, non riguarda solo le banche venete ma anche le 4 banche precedentemente fallite.
    I

  3. Di Maio ha detto che per ora nemmeno un euro è stato dato a Carige (che è vero, al di là della contabilizzazione nel bilancio dello Stato delle garanzie) e che in caso di ricapitalizzazione pubblica il Mef entrerà con la maggioranza nel capitale della Banca (che è altrettanto vero).
    Quello che Di Maio “spera che non serva” è proprio questa ricapitalizzazione, che assai probabilmente sarà evitata perché il governo non ha aspettato un anno a intervenire come fece Padoan con Mps.
    Quanto a azionisti e obbligazionisti subordinati retail, vi siete scordati di ricordare che i primi sono già stati azzerati dai fatti (Carige è quotata) e i secondi… non esistono.
    Non commento il punto 6) (che attiene a vostri desiderata più che a fatti concreti, essendo il futuro un’ipotesi) né la chiosa finale del punto 10) (che sembra scritta da Maria Elena Boschi).
    In sostanza, le affermazioni di Di Maio sono nel complesso VERE. Il vostro fact-checking, direi, propriamente FALSO.
    Saluti.

    • Mariasole Lisciandro

      Gentile Luca,

      grazie innanzitutto per il suo commento.
      Non si può dire di non aver dato un euro a Carige “al di là della contabilizzazione nel bilancio dello Stato nelle garanzie”, perché lo stato deve essere in condizione di dare questi soldi. Non contabilmente, ma fisicamente, nel caso le garanzie vengano escusse.
      Sulla ricapitalizzazione, abbiamo spiegato che, se attuata, lo stato entrerà nel capitale di Carige (o la banca sarà “nazionalizzata”, come preferisce). Ma non perché lo pretende Di Maio, ma perché così dice la logica. Ed è accaduta la stessa cosa per Mps.
      Per quanto riguarda gli azionisti, un conto è il valore di mercato delle azioni e un conto il loro valore nominale. Nel caso del burden sharing viene intaccato il valore nominale, a prescindere ovviamente da quello di mercato.
      Punto 6: non si tratta di nostri desiderata. Non ci auguriamo di certo che lo stato debba mettere a fondo perduto soldi per garantire la vendita. Ma di certo non possiamo escludere a priori che non accadrà.
      Sulla chiusa del punto 10, abbiamo fatto un’affermazione logica. È inesatto dare l’intera colpa della crisi di una banca al governo di turno, perché le banche sono gestite da un pool di manager e dirigenti, non certo dai ministri. Non sarebbe giusto dire che la crisi di Carige è da imputare al governo 5stelle-Lega, non pensa?

      Cordiali saluti.

  4. umberto

    …”Nel suo complesso falsa”… non significa nulla.
    Se i punti sono 10 si DEVE dare un giudizio su ogni singolo punto.
    Se un punto è controverso si esprima una “falso se” o un “vero se”.
    …Direi, il vostro, un fact-checking con la logica…se p allora q vale q allora p…

  5. Gerardo Coppola

    Grazie per l’interessante articolo. Due importanti precisazioni. Sulle obbligazioni bancarie di Carige non sarei sicuro che non sono più in mano ai risparmiatori. Forse andrebbero pubblicati documenti legali di Carige in materia. Ancora sul Burden sharing delle azioni. In verità non vi è bisogno è stato già fatto, dal mercato. Le azioni valgono zero e i piccoli azionisti sono quasi 55.000. Purtroppo anche in questo caso come nei precedenti si arriva tardi e in una banca non si trova più nulla. Carige, come le altre prima, era già fallita 10 anni fa. Dove eravamo, tutti noi ?

  6. Davide M. De Crescenzi

    Riprendo il commento del dr. Coppola. In Italia gli NPL sono arrivati a ben 400 miliardi di euro. Dove sono finiti non si sa ancora. Siamo sicuri che la palude in cui si trova il PIL non dipenda anche dal collasso dei valori degli immobili dati in garanzia sugli NPL? Quel che e’ accaduto e’ peggio di una patrimoniale. O mi sbaglio. Grazie per l’attenzione. Prof. De Crescenzi

  7. Alessio

    Devo fare una precisazione riguardo a questo passaggio dell’articolo “Tuttavia le risorse messe a disposizione andranno solo ai truffati dalle banche venete poiché la legge di stabilità prevede che siano risarciti i risparmiatori degli istituti posti in liquidazione coatta amministrativa (ossia le sole banche venete) e non anche degli istituti posti in risoluzione (Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara).”
    Ciò non corrisponde al vero. I quattro istituti sottoposti a risoluzione sono stati suddivisi in due: una parte è stata posta in liquidazione mentre la parte “sana” ha generato una banca ponte. Alcune obbligazioni subordinate sono rimaste in capo alle banche in liquidazione altre (azzerate) sono andate alle bridge bank.
    Pertanto, gli obbligazioni subordinati delle 4 banche andate in risoluzione, che hanno già ricevuto l’indennizzo dell’80%, potranno recuperare un ulteriore 15%.
    Rimane fermo che il FIR è un colpo di spugna che contribuisce alla non costruzione di una cultura finanziaria.

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