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Sull’evasione i conti di Grasso non tornano

Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle affermazioni di Pietro Grasso sui numeri dell’evasione e dell’economia sommersa. Vuoi inviarci una segnalazione? Clicca qui.

La dichiarazione

A quanto ammonta l’evasione in Italia? E come funzionano le attuali misure di contrasto? Su questi aspetti si è espresso la scorsa settimana nello studio di Omnibus, su La7, Pietro Grasso, candidato premier di Liberi e Uguali, che della lotta all’evasione ha fatto una bandiera della propria campagna elettorale. Incalzato da Alessandra Sardoni sull’affidabilità delle coperture derivanti dalla revisione del sistema fiscale proposta da LeU, Grasso ha detto:

Grasso: Noi proponiamo una fiscalità generale assolutamente rivoluzionaria.
Sardoni: Tutta finanziata dall’evasione fiscale e questo resta la previsione meno sostenibile.
Grasso: L’evasione fiscale che l’Istat rappresenta è 200 e rotti miliardi.
Sardoni: Sì, però voi ipotizzate la certezza del recupero.
Grasso: Noi ipotizziamo la certezza della volontà del recupero. Non c’è mai stata in politica la volontà vera di recuperare l’evasione.

Economia non osservata ed evasione fiscale

Per verificare la dichiarazione di Grasso è necessario comprendere la differenza tra evasione fiscale ed economia non osservata.

Per “evasione” si intende il mancato adempimento degli oneri fiscali e contributivi, il quale determina una differenza (chiamata tax gap) tra le imposte e i contributi effettivamente incassati dallo stato e quanto si sarebbe dovuto versare.

Un concetto ben diverso, sebbene per più versi connesso, è quello di “economia non osservata” (Noe), che indica “tutte quelle attività economiche che, per motivi differenti, sfuggono all’osservazione statistica diretta” (definizione Istat). In Italia, la Noe, oltre al sommerso statistico e all’economia informale, ha due componenti principali: il sommerso economico, ossia tutte quelle attività che vengono celate alle autorità competenti (si pensi alle mancate fatturazioni, alle sotto-dichiarazioni o al lavoro irregolare; ma anche a mance o affitti in nero), e le attività illegali, che comprendono sia attività che riguardano beni o servizi illegali (come stupefacenti e prostituzione) sia legali ma svolte senza autorizzazione.

Quindi, l’economia sommersa è significativamente maggiore dell’evasione, in quanto la prima comprende il valore aggiunto di tutte le attività economiche non rilevate, mentre la seconda solamente le tasse e i contributi non versati.

Tornando alla dichiarazione di Grasso, l’Istat ha pubblicato lo scorso anno i dati sull’economia non osservata nei conti nazionali. Ammontava, nel 2015, a 208 miliardi di euro, di cui 190 dovuti all’economia sommersa e circa 17 ad attività illegali.
Al contrario, secondo la commissione nominata dal ministero dell’Economia e delle Finanze, l’evasione fiscale e contributiva ammontava nel 2014 a circa 110 miliardi. La metà di quanto dichiarato da Grasso, che invece si riferiva probabilmente al dato sull’economia sommersa. Anche nella migliore delle ipotesi, quella cioè di un pieno recupero dell’ammontare evaso, la cifra che si riuscirebbe a raccogliere per coprire i vari capitoli di ulteriore spesa non andrebbe oltre i 110 miliardi circa.

La lotta all’evasione: troppo stretta o troppo lasca?

Forniti i primi elementi, possiamo ora chiederci come funzioni oggi il contrasto all’evasione e quali siano i margini di miglioramento per il futuro.

Dopo aver erroneamente riportato il dato Istat, Grasso, interrogato sulla previsione di recupero dell’evasione fiscale, ha dichiarato che la proposta di Liberi e Uguali stabilirebbe un’inversione di rotta, perché introdurrebbe la “certezza della volontà del recupero”. Ma è davvero mancata sino a oggi?

Per analizzare i risultati del contrasto all’evasione, bisogna considerare due passaggi: (i) quello che succede a monte, ovvero le misure che scoraggiano o rendono complesso mettere in atto l’evasione; (ii) quello che succede a valle, ovvero i recuperi da accertamento.

Per il primo caso, come analizzato già in altri articoli, una serie di misure hanno portato negli ultimi anni alla semplificazione degli oneri che gravavano sul contribuente. Ad esempio, la misura nota come split payment, che riguarda i fornitori della pubblica amministrazione e che prevede, dal 2015, che l’Iva venga versata dalla stessa pubblica amministrazione anziché dai fornitori. Grazie a questo intervento, tra il 2015 e il 2016, si è registrato un recupero di quasi 3,5 miliardi in termini di tax gap.

Sul secondo aspetto, invece, i versamenti diretti dovuti ad attività di accertamento sono stati, secondo la Commissione Mef, di 5,6 miliardi nel 2015 e di 8,6 miliardi nel 2016.

Questi dati sembrano dunque suggerire qualcosa di diverso dalla narrazione del presidente del Senato. È vero, come è già stato commentato, che molto può ancora essere fatto per contrastare l’evasione di massa, tuttavia parlare di “assenza di volontà” sembra in questo contesto fuorviante e, in ogni caso, non aiuta a fornire stime attendibili per le coperture indicate.

Il verdetto

Il candidato premier di Liberi e Uguali non solo confonde i concetti di economia non osservata ed evasione, la cui differenza è di entità non esattamente trascurabile se si parla di coperture (circa 100 miliardi), ma riporta anche una narrazione imprecisa sulla lotta all’evasione. Per questa ragione, la dichiarazione di Pietro Grasso è FALSA.

Ecco come facciamo il fact-checking. Vuoi inviarci una segnalazione? Clicca qui.

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Il Punto

  1. Stefano

    Durante un’intervista rilasciata ieri ad Agorà, trasmissione mattutina di Rai 3, il presidente Grasso ha esternato di aver appreso, durante una manifestazione contro l’antifascismo, le difficoltà della gente comune, quelle del normale uomo della strada che marciava assieme a lui. Ben per lui, sembrava essere colpito. Comunque, sull’evasione fiscale vorrei rammentare un famoso studio della CGIA di Mestre del 2008. In primis il valore complessivo di allora ammontante a 316 miliardi di imponibile e non tassazione evasa, poi la distribuzione dell’imponibile: 200 mld di economia sommersa (almeno 2.300.000 occupati svolgono un’attività irregolare come lavoratori dipendenti); 100 mld di economia criminale (In almeno 3 Regioni del Sud le organizzazioni criminali controllano l’economia di quei territori); 10 mld di grandi imprese (Il 50% delle società di capitali dichiara per più anni redditi negativi o pari a zero); 6 mld lavoratori autonomi e PMI (Mancata emissione di scontrini, ricevute e fatture fiscali). Forse basterebbe concentrarsi sulle due principali voci per ipotizzare di recupere oltre il 94% dell’imponibile evaso.

  2. QualeWelfare

    su questi temi bisogna essere seri, credo che il Presidente del Senato possa tranquillamente affermare con le stesse vostre cifre (obiettivamente ridicole rispetto al citato tax gap) che sia sempe mancata la volontà di contrastare efficamente l’evasione fiscale….anche questa è cosa nota e la letteratura è ampia

  3. Non meraviglia affatto che i soggetti con esperienze lavorative personali esclusivamente da dipendenti statali trattino con sufficienza e supponenza la realtà economica del lavoro nella impresa ed il suo rapporto con l’autorità fiscale. Il contrasto alla evasione – come anche l’emersione della economia inosservata – non darà MAI buoni frutti in assenza di atteggiamenti friendly e di collaborazione da parte del regolatore fiscale.

  4. roberto ferrari

    E’ falso che si possono recuperare, almeno potenzialmente, 100 miliardi almeno di evasione?
    E’ falso che sono mancate politiche di contrasto alla evasione?
    Non vi risulta che sono state fatte politiche atte a favorire l’evasione (condoni ripetuti)?

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