Lavoce.info

Tag: hillary clinton

Dietro gli slogan: l’economia di Clinton e Trump

Si avvicinano le presidenziali americane ed è ora di capire meglio le proposte economiche dei candidati, Donald Trump e Hillary Clinton. Che hanno preso a prestito qualcosa dallo sconfitto alle primarie democratiche, Bernie Sanders. Soprattutto nel resistere agli accordi globali sul commercio.

Clinton-Trump: la sfida in diretta

Manca esattamente un mese alle elezioni presidenziali americane e la campagna elettorale è finalmente entrata nel vivo. Archiviati i primi due dibattiti televisivi (tra i Hillary e Donald il primo, tra i candidati alla vice presidenza il secondo) e schivando polemiche varie a ogni piè sospinto, è bene dare un’occhiata ai sondaggi per cercare di capire dove l’opinione pubblica americana si stia effettivamente indirizzando.

Il Punto

Il presidente della Commissione europea Juncker incontra il premier Renzi dopo mesi di polemiche e un inizio di ricucitura dei rapporti all’insegna di cinque proposte del governo italiano. Nelle quali si vuole più Europa, proprio mentre decolla il referendum sulla Brexit che – comunque vada – metterà in soffitta la Ue di oggi. Prevale l’opinione che l’eventuale uscita inglese dalla Ue sarebbe una iattura. Ma c’è anche chi pensa che un Regno Unito fuori dalla Ue non potrà più minarne la coesione. Indebolito, dovrà bussare per negoziare un accordo commerciale. E l’Unione ne uscirebbe più forte.
Nelle primarie americane, Hillary Clinton è in difficoltà con l’elettorato femminile tanto che la parità di genere – il suo cavallo di battaglia – è uscita dall’agenda politica. In attesa del Super Tuesday del primo marzo, una “Lettera dagli Usa” ci racconta come Obama le dia una mano imponendo alle imprese di fornire i dati (segreti) sugli stipendi di uomini e donne alla Commissione per le pari opportunità.
Il tanto richiesto taglio della produzione del petrolio per riequilibrare i prezzi potrebbe arrivare non dai paesi Opec o dall’Arabia Saudita ma dalle sabbie bituminose del Nord America. Dove i piccoli produttori di shale oil si sono indebitati enormemente con le banche che già fanno scattare l’allarme contagio.
Con la fine del patto di stabilità interno, i comuni possono sbloccare i pagamenti delle spese in conto capitale e utilizzare risorse finora rimaste dormienti. La maggiore capacità di spesa (stimata oltre 4 miliardi) potrebbe però non essere veramente destinata agli investimenti e perdersi in altri rivoli. Sarebbe un peccato.
In Europa oltre il 20 per cento, in Italia quasi doppia, la disoccupazione giovanile può essere contrastata – suggerisce un raffronto con altri paesi – con un mix tra programmi di accompagnamento al lavoro e incentivi occupazionali. La formazione professionale per tutti è un bluff: funziona solo su obiettivi specifici.
Abbiamo raccolto in un Dossier le analisi dettagliate che abbiamo pubblicato nelle ultime due settimane sui primi due anni di governo Renzi: che cosa ha fatto, le occasioni mancate, quel che c’è da fare.

Perché Obama vuol far sapere quanto guadagnano le donne

Il partito democratico e le donne

Qualche giorno fa, il presidente Obama ha reso noto un progetto per cui tutte le imprese statunitensi con più di cento dipendenti dovranno fornire i dati sugli stipendi alla Equal Employment Opportunity Commission (Eeoc). Sembra noioso, vero? Effettivamente, la maggior parte delle questioni che riguardano le risorse umane e il rispetto della legge lo sono. Ma grazie al suo tempismo, il piano del presidente potrebbe finire per avere un impatto nelle imminenti elezioni presidenziali. Potrebbe sembrare inverosimile, ma bisogna considerare un aspetto. Hillary Clinton, che sembra essere il candidato democratico preferito di Barack Obama, non riscuote particolare successo tra chi dovrebbe essere considerato il suo sostenitore chiave: il pubblico femminile. Il suo messaggio elettorale “è ora che una donna entri alla Casa Bianca” non sembra risuonare molto all’interno di questo target o, almeno non tanto quanto dovrebbe. Secondo un recente sondaggio di USA Today, tra le donne di età compresa tra i 18 e i 34 anni Hillary Clinton ottiene il 31 per cento di consensi e rimane dietro a Bernie Sanders, che in quella fascia di età raggiunge il 50 per cento. Più in generale, negli ultimi anni i sondaggi hanno mostrato che le donne più mature sono maggiormente portate a votare in base al genere, a differenza delle più giovani. È la fine della questione di genere? Il cosiddetto gender gap non è una costante universale della politica americana: è emerso negli anni Ottanta, quando l’elettorato femminile ha spinto il partito democratico a reagire contro l’opposizione del partito repubblicano all’aborto. Ma oggi le questioni di pari opportunità potrebbero essere uscite dalle priorità della campagna elettorale o la Clinton non è capace di costruirci qualcosa sopra. In entrambi i casi, si tratta di una cattiva notizia per il partito democratico, che da sempre fa affidamento sul gender gap. Ancora peggio, sembra che Donald Trump stia guadagnando popolarità con la sua campagna contro il “politicamente corretto”: un altro indice, forse, che il pendolo potrebbe oscillare dall’altro lato e non riconoscere il tema della parità di genere come tema fondamentale delle primarie. La Clinton e il partito democratico hanno dunque bisogno di innalzare il profilo delle pari opportunità rendendole parte della campagna elettorale. E una serie di nuove e controverse rivelazioni sulle differenze nei salari nelle aziende americane potrebbe aiutarli nel compito.

I dati sui salari

Si ritorna quindi alla questione dei dati sui salari richiesti dalla Equal Employment Opportunity Commission e che per la prima volta forniranno una rappresentazione degli stipendi degli impiegati per etnia, genere e occupazione. Saranno anche in grado di cambiare le regole del gioco? Magari. Le aziende hanno gelosamente custodito le informazioni sui salari essenzialmente per due ragioni. In primo luogo, per il morale dei dipendenti: per definizione, in qualsiasi gruppo metà dei dipendenti è pagata meno rispetto alla paga mediana nello stesso gruppo. Scoprire una cosa del genere danneggerebbe il loro morale. In secondo luogo, questi dati sono una minaccia. Infatti, quando informazioni del genere si diffondono in un gruppo, alcune categorie protette (le donne, le minoranze o i lavoratori più anziani) trovano conferma alla loro percezione di essere pagati meno rispetto alla media. La pubblicazione dei dati darebbe avvio a cause giudiziarie e a quel punto l’onere della prova sarebbe del datore di lavoro, che si troverebbe nella situazione di dover giustificare le disparità. Anche qualora dovesse vincere la causa, il datore di lavoro avrebbe comunque danni di reputazione. Come fonte di polemica, i dati sui salari si prospettano essere un vaso di Pandora per l’equità di genere. Nella maggior parte delle aziende, le donne in media percepiscono un reddito minore rispetto a quello degli uomini. Parte della disuguaglianza sembra riflettere differenze nelle mansioni o negli obiettivi del dipendente, e una parte può genuinamente riflettere un errore. Il compito di districare gli errori dagli altri fattori è estremamente delicato e probabilmente deve essere condotto caso per caso. Se dobbiamo giudicare in base al suo comportamento passato, è probabile che l’Eeoc non esiti a fare affermazioni forti in pubblico, affermazioni che porteranno al sorgere di controversie. Nessuno intende dire che svelare queste informazioni sia sbagliato: è importante conoscere i fatti. Il punto è che il processo attraverso il quale saranno rivelate sicuramente innalzerà il profilo dell’equità di genere a questione politica. Se la questione dovesse emergere poco prima delle elezioni presidenziali di novembre, andrebbe a beneficio del candidato democratico, specialmente se quel candidato fosse Hillary Clinton. C’è tempo sufficiente per raccogliere i dati? L’Eeoc ha affermato che si propone di ottenerli entro settembre. Sarebbe interessante vedere se, per una volta, il governo può operare secondo un’agenda stringente. Se i dati dovessero essere diffusi prima delle elezioni, le presidenziali potrebbero davvero diventare una questione di equità di genere.

(Traduzione a cura di Mariasole Lisciandro)

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén