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Autore: Francesco Giavazzi Pagina 1 di 6

giavazzi Si è laureato in ingegneria al Politecnico di Milano nel 1972. Insegna economia politica all'Università Bocconi, della quale è stato pro-rettore alla ricerca tra il 2000 e il 2002.
Tra il 1992 e il 1994 è stato dirigente generale del Ministero del Tesoro, responsabile per la ricerca economica, la gestione del debito pubblico e le privatizzazioni. Dal 1992, anno della privatizzazione, alla conclusione dell'OPA lanciata dalle Assicurazioni Generali, è stato membro del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo di INA s.p.a. e, in rappresentanza di INA spa, vice-presidente del Banco di Napoli dal 1998 al 2000.
Fa parte del Gruppo dei consulenti economici del Presidente della Commissione europea e collabora con il Corriere della Sera e con Project Syndicate, un archivio on-line di articoli scritti da economisti di vari paesi. Redattore de lavoce.info.

Riformare il sistema fiscale europeo: la gestione del debito

Negli ultimi anni, si è sempre più diffusa l’idea che le regole del Patto di stabilità e crescita siano datate. Una proposta per modificarle basata su due pilastri: la revisione delle regole fiscali e la creazione di un’Agenzia europea del debito.

Riformare il sistema fiscale europeo: le regole

Negli ultimi anni, si è sempre più diffusa l’idea che le regole del Patto di stabilità e crescita siano datate. Una proposta per modificarle basata su due pilastri: la revisione delle regole fiscali e la creazione di un’Agenzia europea del debito.

Eurobond perpetui contro il Covid-19

Lo shock da coronavirus richiede un’importante risposta fiscale. Il costo del suo finanziamento dovrà essere distribuito su più generazioni. Lo si può fare attraverso bond perpetui o a lunghissima scadenza, garantiti dalla Bce. Ma bisogna agire subito.

Un futuro per Venezia

L’acqua alta eccezionale ha ricordato al mondo intero la fragilità di Venezia. Si continua però a parlare solo del Mose, come se fosse la soluzione di tutti i problemi. La prima questione, invece, è separare l’amministrazione della città da quella di Mestre.

Un commento di Francesco Giavazzi all’articolo di Franco Bruni

Feldstein: ecco chi ha insegnato agli economisti a fare rete

Martin Feldstein è stato un pioniere nell’uso dei dati per analizzare questioni di politica economica. Ma va ricordato anche per la rifondazione del National Bureau of Economic Research, che è diventato un modello per altri importanti istituti di ricerca.

I problemi da affrontare per una “primavera europea”*

Completare l’unione bancaria è certo un imperativo. Ma è necessario affrontare anche la questione fondamentale della politica fiscale. La terza parte dell’introduzione dell’e-book che disegna la strategia per assicurare la stabilità dell’Eurozona.

Rafforzare l’Esm per renderlo efficace*

Il Meccanismo europeo di stabilità è uno dei lasciti positivi della crisi. Ma per funzionare bene ha bisogno di alcuni aggiustamenti. La seconda parte dell’introduzione dell’e-book che disegna la strategia per assicurare la stabilità dell’Eurozona.

È l’ora di una primavera europea*

Incompleta ed esposta a pericolosi shock, l’architettura dell’euro ha bisogno di essere aggiustata per poter andare oltre nel rafforzamento della Ue. In un e-book, la strategia in quattro punti che bisogna mettere in atto urgentemente per assicurare stabilità alla moneta unica.

I rischi di una burocrazia con troppo potere

Se la burocrazia sostituisce la politica

La pubblicazione di uno stralcio del nostro libro, I signori del tempo perso (Longanesi), in cui si descrivono le strategie utilizzate dagli alti funzionari del ministero dello Sviluppo economico per far fallire nel 2012 il “rapporto Giavazzi”, ha aperto un bel dibattito tra i lettori di lavoce.info sul ruolo della burocrazia come freno allo sviluppo dell’Italia. Volentieri rispondiamo ad alcuni commenti pubblicati in questi giorni.
Diversi lettori (Maurizio Staffa, Costanza Pera, Paolo Bianco, Giovanni) ci contestano di essere troppo teneri con la politica, mentre invece esclusivamente da essa dipendono le scelte su dove e come effettuare i tagli e su quali riforme portare avanti e quali bloccare. Noi invece sosteniamo, e nel libro riportiamo numerosi esempi, che in Italia i rapporti di forza si sono ormai rovesciati e che nessuna vera riforma è possibile se la politica non è in grado di portare dalla sua parte la burocrazia (come scrive Sante Perticaro nel suo commento). Non a caso raccontiamo come l’imperatore del Giappone, alla fine dell’Ottocento, riuscì a disinnescare la minaccia rappresentata da una casta potente come quella dei samurai, che si opponeva alle riforme per modernizzare il paese.
I governi che finora hanno cercato di riformare la pubblica amministrazione, indipendentemente dal loro colore politico, lo hanno invece fatto con la triade “più leggi, più Stato, più repressione”. E hanno fallito. La soluzione che proponiamo è molto diversa: “Più liberalizzazioni, più concorrenza, meno leggi e regole”.
Lorenzo lega poi l’opposizione della burocrazia alle riforme di Matteo Renzi con l’esito del referendum che ha portato alla caduta del suo governo. Già da sindaco di Firenze, Renzi aveva capito la minaccia che una burocrazia forte può rappresentare per la politica e, arrivato a Palazzo Chigi, individuò i primi nemici da combattere proprio nei magistrati del Tar e del Consiglio di Stato alla guida di gabinetti ministeriali e uffici legislativi. Mal gliene incolse perché, a ridosso della consultazione referendaria, la giustizia amministrativa gli ha presentato il conto smontandogli prima la riforma Madia sulla pubblica amministrazione e poi quella, attesa da anni, che imponeva alle banche popolari di trasformarsi in società per azioni. Perché Matteo Renzi ha perso la battaglia con la burocrazia? Innanzitutto perché ne ha sottovalutato il potere: non si può varare una nuova norma contro il Consiglio di Stato ed evidentemente contro la Corte costituzionale. E se si cerca di farlo, le norme varate devono essere inattaccabili.
Luigi Rossetti ha ragione quando afferma che si deve quindi “lavorare sullo snellimento della regolazione piuttosto che sull’ingorgo di procedure e oneri in capo all’utente/impresa”. Sono infatti le regole a rendere necessaria una burocrazia. Il guaio è che i burocrati non sono soggetti passivi, che si limitano a svolgere diligentemente il compito cui sono preposti. Sono individui e istituzioni che fanno i loro interessi e, come tutti, vogliono difendere a ogni costo i loro privilegi.
Detto questo, bisogna quindi fare attenzione. In tempi in cui ci si illude di poter risolvere i mali dell’Italia cacciando la cattiva politica e mettendo in pensione i politici, non ci si rende conto di quali rischi si corrano. Esiste infatti un potere che è più forte della politica, quello della burocrazia, che, inevitabilmente, finisce per prenderne il posto. La differenza è che il politico si può mandare a casa con le elezioni, il burocrate no.
Bisogna allora fare attenzione a voler smontare la politica senza chiedersi cosa verrà dopo. Nel libro proponiamo tre possibili vie d’uscita per limitare potere e privilegi dei burocrati, riflettendo anche se non sia il caso di riproporre il sistema che esisteva in Italia fino a vent’anni fa, in cui la responsabilità delle decisioni amministrative era in capo alla politica anziché alla burocrazia. Con tutti i rischi che ciò comporta, ma che potrebbero essere inferiori a quelli provocati da una cattiva amministrazione: immobilismo e altrettanta corruzione.

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