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Risultati elettorali: due regioni allo specchio

Con vincitori scontati, i risultati più attesi delle Regionali riguardavano i consensi per l’alleanza tra Pd e M5s in Lombardia o per quella Pd-Terzo polo nel Lazio, i rapporti di forza nella maggioranza, il dato sull’astensione. Ecco come è andata.

I risultati delle Regionali

Si sono tenute il 12 e 13 febbraio le elezioni regionali in Lazio e Lombardia. I risultati più attesi non riguardavano tanto l’identità dei vincitori, che infatti non ha sorpreso, quanto tre elementi di valutazione politica: se avrebbe funzionato di più l’alleanza tra Partito democratico e Movimento 5 stelle (Lombardia) o quella tra Partito democratico e Terzo polo (Lazio), i rapporti di forza all’interno della maggioranza di governo; il dato sull’astensione. Come in un libro giallo, le vittime non sono mancate. Con una curiosa simmetria tra le due regioni.

Attilio Fontana si conferma presidente della Regione Lombardia: la sua coalizione conquista il 54,7 per cento dei voti e quindi ottiene, secondo il premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale lombarda, ben 48 seggi, il 60 per cento del totale (80).

Francesco Rocca invece conquista la Regione Lazio con il 53,9 per cento dei voti; la sua coalizione conquista 21 dei 40 seggi assegnati con metodo proporzionale dalla legge elettorale del Lazio e ottiene in aggiunta anche i rimanenti 9 seggi su 10 previsti come premio di maggioranza, per raggiungere la quota di 30 seggi su 50, anche in questo caso il 60 per cento del totale.

Dopo aver ignorato le imminenti elezioni per quasi tutta la durata della campagna elettorale, siti e giornali hanno cominciato ad accorgersi che stava succedendo qualcosa nella giornata di domenica 12 febbraio, alla luce dei dati sulla partecipazione al voto. Si profilava, come si è poi verificato, un record storico di astensione. Hanno infatti partecipato al voto solo il 41,7 per cento degli aventi diritto in Lombardia e il 37,2 per cento in Lazio. Vale la pena di enfatizzarlo per l’eventuale lettore distratto: quelli riportati sono i dati sulla partecipazione, non quelli sull’astensione, che ha quindi raggiunto, in media, il 60 per cento. Per memoria (tabella 1), alle regionali del 2018 i tassi di astensione furono rispettivamente del 26,9 per cento e del 33,5 per cento; in media, di nuovo, il 30 per cento: esattamente la metà di quello attuale. Che l’astensione fosse nell’aria era chiaro fin dall’inizio alla luce sia del trend di partecipazione delle ultime tornate elettorali sia del fatto che, come abbiamo ricordato su questo sito solo pochi giorni fa, quelle del 12 e 13 febbraio si sono caratterizzate come vere e proprie “elezioni fantasma”, di cui forse qualche elettore non era nemmeno consapevole.

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La partecipazione al voto è quindi la prima vittima di questa tornata elettorale: un record negativo e un livello sicuramente inferiore anche alle più nere previsioni.

Le “vittime” delle elezioni

Il confronto dei risultati elettorali con le recenti elezioni politiche mostra un quadro piuttosto stabile per la maggior parte dei partiti. Quello con le regionali di cinque anni fa, invece, sembra un confronto tra mondi completamente diversi. Due partiti perdono decisamente consensi e costituiscono quindi altrettante ulteriori vittime di queste elezioni: il Terzo polo e il Movimento 5 stelle. La coalizione di Carlo Calenda e Matteo Renzi perde 3 punti percentuali in Lazio e 6 in Lombardia; il Movimento 5 stelle dimezza le percentuali di voto in entrambe le regioni. Vale la pena di notare che i due partiti hanno conseguito risultati migliori nella regione in cui correvano da soli. Per entrambi, quindi, è molto probabile che una nuova e futura coalizione col Partito democratico non venga riproposta. Il che, dal punto di vista della consistenza elettorale dell’opposizione, si profila come un vero e proprio incubo: si può battere il centrodestra solo coalizzandosi, ma si massimizzano i voti individuali solo correndo da soli.

Dal punto di vista elettorale, il Partito democratico esce indenne dalle due tornate elettorali. Tuttavia, le buone notizie si fermano qui. La prima osservazione rilevante è che nessuna delle due strategie di alleanza (Movimento 5 stelle in Lombardia, Terzo polo in Lazio) ha dato i frutti sperati. La futura strategia elettorale del partito dovrebbe quindi diventare un tema cruciale del Congresso Pd. La seconda osservazione è che, nonostante un sensibile aumento della percentuale di voti in Lazio, il Partito democratico, e con lui il centrosinistra, perde la regione che aveva guidato per dieci anni. Torna dunque a valere la regola dell’alternanza nel Lazio che, da quando il presidente viene eletto direttamente, prevede un cambio di maggioranza a ogni nuova tornata elettorale, con l’unica eccezione di Nicola Zingaretti nel 2018.

Guardando al centrodestra, si rinforza la Lega in Lombardia rispetto alle elezioni politiche, proprio a scapito di Fratelli d’Italia. Vale però la pena di ricordare che, fino a pochi anni fa, questa era la regione dove la Lega era il primo partito (30 per cento nel 2018), mentre ora il movimento di Salvini appare decisamente ridimensionato. Aumenta ancora i propri consensi il partito di Giorgia Meloni nel Lazio, con possibili ripercussioni anche sugli equilibri interni alla maggioranza di governo. Una curiosità: i risultati di coalizione nelle due regioni appaiono incredibilmente speculari. Il centrodestra vince infatti con circa il 54 per cento dei voti, la coalizione del Partito democratico arriva seconda con circa il 34 per cento dei voti e il terzo candidato raccoglie circa il 10 per cento dei consensi. Anche i livelli di astensione sono molto simili. Tenendo conto della presenza di vittime, come direbbe Agatha Christie, si tratta quindi di un vero e proprio “Assassinio allo specchio”.

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Cosa succede adesso?

Per la maggioranza, è possibile che i risultati elettorali portino a modificare l’agenda di governo a favore delle istanze e delle strategie di Fratelli d’Italia. Provando a camminare sul sottile e periglioso filo delle previsioni, ci si potrebbe aspettare un raffreddamento su flat tax e autonomia differenziata e un rilancio di posizioni più europeiste. Non tanto perché l’europeismo sia nel Dna della presidente del Consiglio, quanto perché Giorgia Meloni, ora che è alla guida del governo, si sarà resa conto che le sue posizioni e dichiarazioni del passato rischiano di isolarla dai tavoli che contano in Europa. Se il passato non si può più cambiare, il presente e il futuro ancora sì. Questi risultati serviranno quindi alla presidente del Consiglio per dissuadere i suoi partner dal prendere posizioni euroscettiche o addirittura filorusse.

Ben più gravi sono i problemi all’opposizione, che per il momento viaggia su quote di consenso troppo basse per impensierire il governo e, soprattutto, naviga ancora senza una vera e propria strategia. Salvo clamorose crisi di governo e scioglimento della Camere, il prossimo appuntamento elettorale rilevante sarà quello delle elezioni europee del 2024.

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Il Punto

  1. Savino

    A Roma, Milano e nelle altre grandi città non si può più neanche andare in farmacia o a fare la spesa, neanche in pieno giorno, per la probabilità di subire un’aggressione, altro che andare a votare. A Termini ci sono stati due accoltellamenti in poco più di un mese e adesso fanno girare la storia dei controlli nelle stazioni, ma per piacere. Gli spacciatori vengono segnalati da Striscia la Notizia e non dagli organi preposti e ciò è vergognoso. La democrazia è stata smantellata dall’arroganza di questi politici affaristi che non fanno prevalere il senso dello Stato e della legge nemmeno per strada.

  2. Alex

    Il problema nasce quando, come in questo caso, l’astensione diventa una scelta meditata e deliberata del corpo elettorale, non un gesto di protesta fine a se stesso.
    Raggiungendo queste dimensioni di astensionismo, sorgono seri dubbi se i vincitori possano dire di “aver vinto”.
    I seggi li hanno presi chi ha registrato più voti, ma il dato politico rilevante è che, con queste percentuali di astensionismo, si può dire che non ha vinto nessuno. Hanno perso “tutti”!

  3. Asterix

    Queste elezioni regionali sono l’esempio del declino della democrazia nel nostro Paese.
    I cittadini stanno comprendendo che il voto è inutile perché comunque le politiche sono decise dai partiti ascoltando voci diverse dai loro elettori.
    Il popolo che sceglie i suoi rappresentanti è una utopia del secolo scorso che la classe dirigente del nostro Paese (e non solo) vuole superare. Visto che ormai i media e la stampa hanno definitivamente perso qualsiasi capacità di orientare il voto siamo passati alle elezioni fantasma (nessuno ne ha parlato, nessuno è andato a votare).
    Sempre più appartenenza ad organismi sovrannazionali ha annullato l’impatto delle decisioni dei cittadini gli elettori però si inneggia sui media con orgoglio alla Democrazia (sempre più di forma che di sostanza).
    La principale competenza attribuita alle regioni è la gestione della spesa sanitaria, ma sappiamo in anticipo che per ragioni di finanza pubblica non verrà aumentate la spesa pubblica in queste regioni.
    Si esiste il PNRR però finanzia solo l’acquisto di macchinari, ma la spesa corrente per gli stipendi del personale che li utilizzerà non è coperto. Fare valutazioni sui partiti con tali numeri di votanti è ridicolo..

  4. pieffe

    Per capire i motivi dell’altissima astensione, bisogna capire perchè si dovrebbe votare. Escludendo chi vende il proprio voto per un qualche tornaconto, la spinta a votare viene da due ragioni fondamentali. Il primo è l’adesione ad un’idea, a un sistema di valori; queste persone sono quelle più tenaci e fedeli. Il secondo è l’utilità del voto, la speranza che esso serva; queste sono quelle più esposte alle delusioni e quindi più propense ad astenersi. Nel caso di Lombardia e Lazio, la gran parte degli elettori ha ritenuto che votare non servisse, soprattutto guardando a come erano andate le cose nei cinque anni passati. Come noto, il compito di gran lunga più importante delle regioni è la sanità; un servizio fondamentale che le due regioni hanno fortemente ridotto, favorendo i privati. E molti pensano anche che ciò sia avvenuto per ragioni poco nobili.

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