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Lombardia e Lazio: quando la sanità pubblica cede il passo ai privati*

Lombardia e Lazio destinano una quota importante di risorse finanziarie a operatori privati invece che alla sanità pubblica. Ma non sempre la scelta comporta una maggiore efficienza del sistema, come testimoniano i livelli essenziali di assistenza.

La spesa sanitaria delle regioni

In ossequio al dettato costituzionale, il sistema sanitario italiano si caratterizza per la sua universalità, garantendo a tutti i cittadini l’accesso alle cure.

La tutela della salute è la voce più importante dei bilanci regionali e assorbe il 76 per cento degli impegni di spesa nel rendiconto finanziario 2021 della Lombardia e quasi il 70 per cento in quello 2020 del Lazio (al netto delle partite di giro e conto terzi).

In vista delle imminenti elezioni che si terranno a febbraio nelle due più importanti regioni italiane – la Lombardia (quasi 10 milioni di abitanti) e il Lazio (5,7 milioni) – il tema della sanità pubblica dovrebbe essere al centro dei programmi elettorali degli schieramenti, in modo che i cittadini possano scegliere consapevolmente a chi dare il proprio voto.

Il finanziamento della sanità pubblica è affidato alla fiscalità generale, salvo il contributo richiesto in taluni casi per l’acquisto di medicinali, gli accertamenti diagnostici e le visite specialistiche (ticket).

Il Fondo sanitario nazionale assegna le risorse alle regioni e province autonome, che le destinano alle strutture territoriali e ospedaliere, ciascuna delle quali redige un bilancio civilistico (conto economico e stato patrimoniale), consultabile sulla banca dati delle amministrazioni pubbliche (Bdap).

Le strutture sanitarie pubbliche forniscono i servizi ai cittadini (farmaci, medicina di base, visite specialistiche, diagnostica, ricoveri ospedalieri, e così via) avvalendosi anche di imprese private convenzionate o di professionisti del settore, se non riescono a garantire le prestazioni sanitarie con il personale e le attrezzature di cui dispongono. 

Nel 2021, su oltre 22 miliardi di spesa pubblica sanitaria (2.200 euro per abitante), la Lombardia (tavola 1) ne ha conferiti 6,4 agli operatori privati (erano 5,7 nel 2012). Più di un terzo è andato alle altre prestazioni sanitarie, di cui 1,5 miliardi destinati all’acquisto di prestazioni da consultori privati e comunità terapeutiche. I ricoveri ospedalieri presso strutture private costano 2,1 miliardi e le visite specialistiche 1,1 miliardi. Nel 2020, a causa del Covid, sono temporaneamente diminuite le prestazioni specialistiche e ospedaliere, ma sono cresciuti gli altri servizi sanitari anche per il ricorso a personale esterno. La spesa per abitante affidata a operatori privati ammontava nel 2021 a 645 euro, con un incremento di oltre il 10 per cento in dieci anni.

Nel Lazio (tavola 2) la spesa pubblica sanitaria è proporzionalmente inferiore alla Lombardia, ma equivalente in termini pro capite (circa 2.200 euro). Su 3,8 miliardi complessivamente destinati a operatori privati nel 2021 (il 22 per cento in più rispetto al 2012), quasi 1,6 sono stati assorbiti dai servizi ospedalieri presso strutture private accreditate, con un trend in forte crescita negli ultimi 3 anni, senza interruzione durante l’emergenza pandemica. Il valore per abitante delle prestazioni fornite da operatori privati è di 669 euro nel 2021, il 20 per cento in più rispetto a dieci anni prima.

Per tutto il periodo 2012-2021 (con l’eccezione del 2020), il 22 per cento della spesa sanitaria pubblica italiana è stata destinata a operatori privati per l’effettuazione di visite specialistiche, cure riabilitative, servizi integrativi e protesici, ricoveri ospedalieri, altre prestazioni (psichiatria, farmaci ospedalieri, termali, trasporto sanitario, prestazioni socio-sanitarie), altri servizi sanitari (consulenze e collaborazioni, altri servizi sanitari e socio-sanitari, formazione), altri servizi non sanitari (consulenze e collaborazioni). In Lombardia e Lazio la quota è molto più alta, intorno al 30 per cento.

Gli effetti sull’efficienza del sistema

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Per verificare se una più alta intensità di servizi sanitari pubblici erogati tramite privati si riflette in una maggiore efficienza del sistema, la quota di spesa affidata a operatori privati è stata posta a confronto con i livelli essenziali di assistenza (Lea) raggiunti nel 2019.

Le regioni del riquadro in alto a sinistra della figura 2, delimitato dai valori medi delle due variabili considerate, sono quelle che coniugano un alto punteggio dei Lea con un valore contenuto della quota di spesa destinata ai privati (ovvero con un maggiore utilizzo di strutture e servizi pubblici).

La Lombardia e il Lazio (ma anche la Puglia) hanno un punteggio elevato dei Lea, ma anche la più alta quota di privato, che non sembra essere quindi determinante per l’efficienza del sistema, sebbene si stiano considerando modelli organizzativi diversi, inclusa la presenza di produttori privati senza scopo di lucro. Le situazioni peggiori sono quelle che emergono per le regioni Sicilia e Campania, che nonostante l’elevata spesa affidata a privati, non riescono a raggiungere il valore medio dei Lea (figura 2).

Figura 2 – Confronto tra livelli essenziali di assistenza e quota di spesa pubblica sanitaria destinata a privati per Regione – 2019 (valori percentuali)

Fonte: Elaborazioni su dati Bdap (Conto economico degli enti del Ssn) e ministero della Salute (Lea)

La progressiva riduzione del personale sanitario, delle strutture pubbliche, delle immobilizzazioni materiali per impianti, macchinari, attrezzature sanitarie e scientifiche, fanno ritenere che in Italia, ma soprattutto in Lombardia e Lazio, siano in corso da diversi anni politiche economiche tese a depotenziare la sanità pubblica, lasciando un maggiore spazio all’attività di operatori privati.

Il nuovo modello di sanità, in corso di realizzazione con le risorse del Pnrr per l’ampliamento dell’assistenza territoriale, le reti di prossimità e l’ammodernamento tecnologico, è l’occasione da non perdere per rivedere gli attuali squilibri e ribadire la centralità del servizio pubblico a garanzia dei principi di universalità, uguaglianza ed equità di accesso alle cure sanitarie.

* L’articolo riflette solo l’opinione degli autori e non impegna in alcun modo l’Istituto di appartenenza.

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12 commenti

  1. Savino

    Che schifezza. La sanità pubblica italiana è tutta da rifare, con i fondi del MES, del PNRR e della programmazione ordinaria UE. Le competenze devono ritornare allo Stato, basta con i medici a gettoni e basta con la facoltà di medicina e le specializzazioni a numero chiuso. Del MES non dobbiamo avere paura e nemmeno della troika, che amministrerebbe meglio di chi vuole eliminare le intercettazioni o di chi vuole le gabbie salariali tra i docenti.

    27/01/2023

    • paolo

      Potrebbe fornire delle fonti riguardo alla possibilità di utilizzare fondi del mes, del pnrr e dell’UE per la sanità? l’UE non ha nessun obiettivo rispetto ai livelli di assistenza sanitaria nei paesi membri, e i vincoli di bilancio non prevedono nessuna deroga per la spesa sanitaria. La sanità greca dopo l’intervento della troika non ha fatto certo passi avanti. Come mai pensa che siano la soluzione?

      • Savino

        Occorrono investimenti in sanità ciò non accade da oltre 30 anni . IL MES E’ UN FONDO, CON CONDIZIONALITA’, DEDICATO ESCLUSIVAMENTE ALLA SANITA’.

  2. Luigi R.

    Vivo in Brianza . Dopo Formigoni, Maroni e Fontana oggi per prenotare una ecografia o una visita ( mio problema di questi giorni) ho tempi di attesa che superano i 3-4 mesi se voglio restare nella mia provincia. Allora cerchi fuori provincia e magari trovi nel giro di un mese ma devi fare km su km e se non hai un mezzo proprio devi stare i giro una giornata.
    Oppure vai dai privati che con il ssn non hanno spazi ma se fai smart (ridicolo modo di cercarti più soldi) ti offrono appuntamento in una settimana oppure se vuoi il servizio plus (praticamente privato) in uno o due giorni: basta pagare ( e l’ecografia che con il ssn costa 32 euro passa a 78 o a 130 euro).

  3. Umberto Dassi

    Certo che se si considera raggiunto l’obiettivo LEA mandando un 70enne da monza a lecco per una ecografia rispettando così i 3 giorni…oppure da Sondrio a Pisogne per una guardia medica…allora viva la lombardia e i suoi mitici GOVERNATORI.

  4. luca neri

    Questa analisi prescinde completamente dagli esiti sanitari ottenuti e dall’efficienza in termini di costo per unità di quality adjusted life years prodotti. La ricerca sui servizi sanitari ha dimostrato che gli esiti sanitari e l’efficienza sono migliori nelle strutture private che in quelle pubbliche. Non credo sia una buona idea ridurre il contributo di investitori privati nella sanità. E’ importante che lo Stato continui a funzionare come una assicurazione universalistica, che a fronte del prelievo fiscale, paga i servizi sanitari ai cittadini. Credo che l’attuale sistema di finanziamento basato su uno schema fee-for-service sia perverso perchè incentiva l’erogazione di servizi (aumento di spesa, talvolta non necessaria) senza monitorare gli esisti clinici ottenuti. Esistono sistemi di finanziamento virtuosi che retribuiscono gli operatori sanitari sulla base del miglioramento misurabile della salute della popolazione servita. E’ triste che il dibatto in Italia sia cristallizzato sul falso conflitto pubblico vs privato invece che sui meccanismi di funzionamento del sistema sanitario.

  5. Pierluigi Molajoni

    La presenza di privato non sembra influire sulla capacità delle regioni a fornire i LEA. Se mai si riscontrasse statisticamente una correlazione lievemente positiva la causalità potrebbe andare in ambe le direzioni: più capacità di fornire lea porta a maggior capacità di remunerare la sanità privata, o una maggiore remunerazione di sanità provata porta ad una maggior capacità di fornire elevati LEA (effetto concorrenza?)

  6. .Scaccabarozzi Umberto

    le prestazioni in regime di sanità pubblica sono ormai un optional:per una visita oculistica bisogna attendere 1 anno! Sorgono centri medici privati che offrono servizi a tariffa concorrenziali,vengono offerte tariffe smart…ma non si creda che il medico nel privato lavori meglio che nel pubblico;in ambulatorio,oltre che fare il medico ,deve fare l’infermiere e l’impiegato al computer per compilare il verbale della visita.L’utente non si lamenta pubblicamente,accetta e invidia quelli che hanno le assicurazioni integrative.L’unica rivalsa è quella di rivolgersi ai PS e aspettare. Ma il trionfo del privato sarà riguardo il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti:riforma che nasce senza risorse aggiuntive Umberto Scaccabarozzi

  7. Firmin

    Dal grafico sembra che Lazio e Lombardia offrano servizi decenti pur ricorrendo “troppo” al privato in convenzione. Inoltre c’è qualche debole evidenza che i sistemi più privatizzati abbiano performance migliori a parità di altre condizioni (sebbene l’Italia sanitaria, anche grazie alla genialata del federalismo, resta spaccata in due). Francamente mi interessa poco lo status giuridico di chi mi cura, ma il risultato. Oltre ai dati sui LEA, mi piacerebbe avere qualche indicazione sulla efficienza delle strutture pubbliche e private sia in termini di costi che di risultati clinici (p.es. quanto costa partorire in condizioni decenti; la percentuale di guariti per alcune patologie; ecc.). Il resto mi sembra futile polemica politica.

    • paolo

      Tutto giusto, ma il prezzo fa la differenza per un numero sempre maggiore di persone.

  8. carolina

    i privati a cui si fa riferimento, comprendono anche gli accreditati?

  9. Andrea P

    Usare i LEA come misura di efficienza mi pare inappropriato, sono da considerare il “minimo” servizio da rendere al cittadino, un indicatore di efficacia.
    Se stiamo parlando di efficienza economica dobbiamo confrontare la spesa totale pro capite affrontata dal cittadino (spesa pubblica + spesa “out of pocket” + trasferimenti di denaro per prestazioni sanitarie ad altre regioni/nazioni) con la sopra citata “quota di spesa pubblica sanitaria affidata a operatori privati”. Se invece parliamo di efficienza sanitaria un set di indicatori ragionevoli è, ad esempio, quello dell’OECD (Definitions for Health Care Quality Indicators).
    Da medico sono ben conscio di come sia estremamente complesso misurare gli outcome in sanità. Numerosi indicatori che sento spesso nominare, anche da colleghi, sono in realtà scarni di significato. Faccio un esempio, il tempo medio di prenotazione di una ecografia: se è diagnostica oncologica contenere i tempi è importante, se un follow up per patologia non tempo dipendente aspettare qualche mese non comporta significative alterazioni della prognosi.

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