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Rider: la competizione tra due modelli contrattuali

In Italia convivono due modelli contrattuali nel food delivery: quello della collaborazione autonoma regolata dal Ccnl Assodelivery e quello del lavoro dipendente regolato dal contratto aziendale Just Eat. Un confronto delle due esperienze.

Cosa prevedono i due contratti

È del 16 settembre 2020 il contratto collettivo nazionale stipulato da Assodelivery (Confindustria) con UGL-Rider, che regola il lavoro dei ciclofattorini qualificando la loro prestazione come autonoma, ma estendendo a essa alcune protezioni essenziali proprie del lavoro dipendente: standard retributivo minimo (commisurato a 10 euro l’ora più un premio di 600 euro al raggiungimento di 2000 consegne nell’anno solare), preavviso di recesso, divieto di discriminazioni, sicurezza del lavoro e relative dotazioni, assicurazione antinfortunistica, diritti sindacali. Di poco successivo, ossia del marzo 2021, è il distacco da Assodelivery dell’impresa Just Eat, la quale si è proposta di sperimentare invece un proprio modello di organizzazione del lavoro dei ciclofattorini caratterizzato dalla qualificazione della prestazione come subordinata, attraverso la stipulazione con Cgil, Cisl e Uil di un contratto aziendale volto a consentire, con i necessari adattamenti, l’applicazione del contratto collettivo nazionale per il settore della logistica; ne risulta uno standard retributivo minimo di poco inferiore a 9 euro l’ora (compresi i ratei di Tfr e tredicesima) più 0,25 euro a consegna, oltre che ovviamente tutte le protezioni e i diritti sindacali propri del lavoro dipendente.

Nell’ultimo biennio in Italia si sono dunque confrontati due modelli di organizzazione e disciplina del lavoro dei rider. Il primo, quello fondato sull’applicazione del contratto nazionale Assodelivery-UGL Rider, ha regolato in questo periodo il rapporto di circa 27 mila ciclofattorini facenti capo alle piattaforme di Deliveroo, FoodToGo, Glovo, SocialFood e  Uber Eats. Il secondo, quello fondato sul contratto aziendale Just Eat, ha regolato il rapporto dei circa 3 mila ciclofattorini dipendenti di questa impresa, utilizzati per il servizio a 10 mila circa dei ristoranti che si avvalgono di questa impresa. Ne restano esclusi circa 18 mila, ai quali Just Eat può fornire soltanto il servizio del contatto con gli acquirenti, ma che devono provvedere alla consegna a domicilio con fattorini reperiti in altro modo, retribuiti direttamente di volta in volta, oppure attraverso altri soggetti che organizzano il servizio.

Serve uno studio approfondito su vantaggi e svantaggi dei due modelli

Sarebbe straordinariamente interessante uno studio che mettesse a confronto queste due esperienze, al fine di individuare gli aspetti positivi e quelli negativi di ciascuna di esse e per ciascuna delle parti interessate, sotto vari profili quantitativi e qualitativi. La ricerca dovrebbe innanzitutto evidenziare se e quali effetti diversi i due tipi contrattuali abbiano prodotto finora in termini di autoselezione dei lavoratori interessati: chi ha scelto l’uno o l’altro modello e perché. Dovrebbe inoltre mettere in luce gli effetti dei due tipi contrattuali sul comportamento dei lavoratori stessi, sui loro tempi di lavoro, sull’incidenza degli infortuni, sull’entità del reddito conseguito, sulla loro soddisfazione complessiva per lo svolgimento del rapporto e sulla produttività del lavoro per l’impresa.

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Ciò che fin d’ora può essere osservato è che il modello Just Eat e il relativo tipo di contratto possono essere adottati soltanto per coprire una piccola parte del fabbisogno del servizio di recapito di pasti a domicilio espresso dal mercato dei ristoranti e degli acquirenti: la stessa Just Eat, come si è visto, copre circa un terzo della propria domanda con i rider che sono suoi dipendenti, dovendo lasciare che negli altri due terzi dei casi i ristoranti provvedano a procurarsi il servizio di recapito per conto proprio. Questo perché la forma del contratto di lavoro subordinato impone che l’accordo definisca con precisione tanto l’estensione temporale della prestazione lavorativa nell’arco della giornata, della settimana e/o del mese, quanto la sua collocazione temporale; l’impresa dunque può assumere i rider soltanto per i periodi di tempo, nell’arco della giornata, durante i quali essa ha una buona probabilità di poter saturare il loro orario di lavoro con le attività di ritiro e consegna. È questo il motivo per cui:

  1. i rider dipendenti da Just Eat sono assunti per la quasi totalità a tempo parziale e tre quarti di essi hanno un orario settimanale pari o inferiore alle 25 ore;
  2. per due terzi dei ristoranti, presumibilmente quelli dislocati nelle città più piccole o nelle zone meno densamente abitate, Just Eat non è in grado di assicurare il servizio di recapito per mezzo dei propri rider dipendenti.

È questo anche il motivo per cui il 90 per cento del servizio del food delivery è svolto nella forma della collaborazione autonoma, resa possibile nel nostro ordinamento attuale, e per la prima volta regolata, dal contratto collettivo nazionale del 16 settembre 2020 di cui si è detto all’inizio.
Da qui emerge un argomento non facilmente superabile a sostegno della tesi contraria all’imposizione indiscriminata della forma del lavoro subordinato in questo settore. La difficoltà di applicare questa forma contrattuale è confermata proprio dal fatto che Just Eat, pur limitandone l’applicazione per rispondere a un terzo soltanto della domanda del servizio espressa dai ristoranti suoi interlocutori, ha dovuto stipulare con Cgil, Cisl e Uil un contratto aziendale contenente deroghe al contratto collettivo nazionale della logistica per contenere i costi e aumentare la flessibilità organizzativa disponibile.

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La protezione più efficace che dovrebbe essere offerta ai rider

Una prima conclusione provvisoria può essere questa: al lavoro del food delivery organizzato mediante la piattaforma digitale nelle due forme contrattuali di cui si è detto va riconosciuta una funzione socio-economica positiva in quanto offre una prima possibilità di lavoro regolare facilmente accessibile a persone – soprattutto manodopera di recente immigrazione – che avrebbero altrimenti difficoltà ad accedere al tessuto produttivo in condizioni migliori. La loro protezione potrebbe comunque essere migliorata se si riconoscesse che nell’organizzazione di questo lavoro mediante piattaforma digitale si mescolano inestricabilmente aspetti sia del vecchio lavoro subordinato, sia del vecchio lavoro autonomo; e che è tempo ormai di elaborare un sistema di protezioni applicabile al lavoro caratterizzato dalla dipendenza economica, ancorché non dalla subordinazione nel senso proprio del termine.

La protezione migliore che il sistema può offrire alle persone che lavorano in questo settore consiste comunque, probabilmente, nel fornire loro fin dall’inizio del rapporto, e lungo tutto l’arco di esso, una effettiva “opzione exit”: ossia un servizio capillare ed efficiente di orientamento professionale, informazione sulle altre occasioni di lavoro meglio retribuito, formazione mirata a queste occasioni, assistenza alla mobilità professionale e geografica. Queste altre occasioni si contano a centinaia di migliaia: Unioncamere e Anpal avvertono che in tutti i settori e a tutti i livelli le imprese italiane oggi incontrano difficoltà gravi nel reperire il personale che cercano in più di quattro casi su dieci.

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Francesco Daveri, l’economista con il sorriso

  1. DANIELE DI ASCENZO

    Prof. Ichino,

    Il diavolo è nei dettagli. La formulazione del CCNL prevede un compenso minimo di 10€ per “ora lavorata”. Proprio qui la discrezionalità nei compensi destinati ai rider. Si è consentito alle società di delivery di tutelarsi attraverso un CCNL che consente un lavoro a cottimo.
    Justeat che con il suo modello ha cercato una soluzione intermedia, sta attualmente rivalutanti questa soluzione in quanto non competitiva.
    Si tratta di una tematica complessa così come tutti i rapporti che riguardano la GIG economy.
    Spero che il suo articolo riporti interesse su questo tema e le implicazioni sociali.
    Sono un ex dipendente di una società di Delivery che ha offerto ai suoi dipendenti il CCNL del commercio e le assicuro che con tale contratto risulta impossibile competere.
    Saluti,

    Daniele

  2. Carlo

    Caro Prof. Ichino,
    in realtà il primo contratto è un cottimo orario, 10 ora se nell’ora realizzata le consegne affidate avvengono nei tempi previsti dall’algoritmo, un cottimo che perde ogni forma di autonomia e indipendenza del lavoratore indipendente, in cui il lavoratore decide autonomamente quando e dove realizzare le singola prestazione per cui viene pagato. Nel cottimo orario se si va oltre i tempi previsti, oltre a valutazioni negative algoritmiche che hanno ripercussioni su incarichi futuri, si perdono soldi. E’ un cottimo orario molto vincolante in cui l’organizzazione del lavoro è di tipo taylorista, è scientificamente stabilita nelle modalità e nei tempi di lavorazione dal piano datoriale in questo caso rappresentato dall’ algoritmo, non a caso vediamo sfrecciare rider in ogni senso di marcia nelle nostre città per rispettare i tempi di consegna algoritmici. Se vi sono piattaforme che non organizzano scientificamente ogni fase della prestazione cottimale del lavoratore allora in quel caso il lavoro è realmente autonomo. Non a caso la direttiva del 9 dicembre stabilisce un test per evidenziare se il lavoro è organizzato e controllato da altri (funzione algoritmica) in tal caso il lavoratore è mal classificato o se è organizzato autonomamente dall’individuo in qual caso il lavoratore è autonomo. C’è da precisare poi che l’azione sindacale può essere esercitata nel primo contratto solo dagli aderenti sindacato firmatario, uno, e che il pagamento cottimale orario non considera i tempi di attesa dell’ordine come invece il secondo contratto di JE. Ultima considerazione il secondo contratto non rispetta i minimi contrattuali del settore e la distinzione spesso appare inutile perché molti rider, lavorano per più piattaforme, con le stesse mansioni, con contratti differenti, in una consegna sono dipendenti part-time nella consegna successiva sono autonomi a cottimo. Forse utilizzando la direttiva, cominciare ristabilire un minimo ordine in tale scenario ripartendo da zero sarebbe utile per i lavoratori ma anche per la sicurezza e la mobilità nelle nostre città. Non è forse compito del diritto del lavoro umanizzare il progresso tecnologico applicato alla produzione?

    • Pietro

      Lei chiaramente non ha mai fatto il rider in vita sua e non ha la minima idea di cosa parla, non c’è 1 delle cose che ha scritto che sia vera. A partire dal fatto che il contratto a tempo indeterminato dipendente di Just Eat non rispetterebbe i minimi contrattuali di settore. Se fosse così sarebbe semplicemente illegale, cosa che non è ovviamente. Tra l’altro è stato attuato con ampia collaborazione e confronto con i sindacati. Aggiungo: quando mi presenterà un’altra azienda italiana che assume i fattorini delle consegne come dipendenti indeterminato… le vengo a stringere la mano, visto che per ora semplicemente non esistono. Tante care cose.

  3. Angelo

    Trovo che la conclusione dell’articolo, nella quale si invoca l’opzione exit per i lavoratori coinvolti, rappresenti il paradosso in cui stiamo vivendo. Esiste un lavoro per cui i lavoratori non sono tutelati, o lo sono in parte, risultano sottopagati e la soluzione è quella di aiutare i lavoratori a cambiare lavoro.
    Anche in alcuni commenti si evince che chi non sfrutta completamente il lavoro e i lavoratori risulta fuori mercato.
    La soluzione è aiutare i lavoratori ad andarsene o obbligare le imprese ad alzare salari e tutele?
    Se poi tali imprese si troveranno costrette ad alzare i prezzi non mi sembra un problema, o vogliamo considerare la comodità di non dovere uscire per mangiare una pizza o per fare la spesa un servizio di assoluta necessità per la colletttivita’? Ovviamente un aumento dei costi porterebbe ad una riduzione della richiesta, ad una riduzione delle aziende che offrono il servizio e quindi dei posti di lavoro. Ma aumenterebbe la paga di quelli che rimarrebbero e forse non sarebbe necessario offrirgli un’opzione exit.
    I fattorini ci sono sempre stati, ma riuscivano a mantenere la famiglia. Ora li chiamiamo rider, consegnano gli hamburger e fanno la fame. Il lavoro che fate voi, vi siete mai chiesti domani come si chiamerà?

    • Pietro

      Fanno la fame? Lei non ha idea di cosa parla. Io da fattorino con Deliveroo venivo pagato 13€ all’ora, oltre al rider in Italia non esiste altro lavoro che paghi di più un non-laureato. Ho conosciuto svariati colleghi che lo fanno a tempo pieno (ovvero consegne per 2/3 ore a pranzo e 2/3 a cena, 6 giorni a settimana), e con partita Iva mettevono da parte 1000/1300 euro al mese. Prima di scrivere banalità per sentito dire si informi.

  4. Pietro Davoli

    Professore, spero che qualcuno dal desk le segnalerà il mio commento. Articolo molto interessante, io ho lavorato sotto entrambi i tipi di contratto!

    Io sono uno studente. Ho iniziato con Just Eat come lavoratore autonomo, poi ho fatto un mese con la loro nuova proposta sotto indeterminato, e poi sono passato a Deliveroo per tornare autonomo. Vivo in una città del Nord di dimensione “media” (200/250k abitanti), e qua di fatto le uniche aziende solide sono queste due. Tutte le altre (UberEats, Glovo…) non hanno abbastanza volumi, quindi quando sei online passi molto tempo fermo ad aspettare che ti arrivi un ordine. Quindi la paga oraria é molto bassa. Ci lavorano quasi solo immigrati, quelli che non sono riusciti a entrare nelle due principali.

    Durante le attese nel retro dei ristoranti, ho conosciuto svariate persone che come me hanno mollato JustEat perché il contratto da dipendente era ingestibile.

    Inizialmente JustEat autonomo era considerato il top nell’ambiente. Lavoravi prenotando il tuo turno sull’app, slot di lavoro di 3 ore a cena e 2 a pranzo; di fatto potevi decidere di lavorare quando volevi, perché fino all’ultimo minuto potevi aggiungerti o toglierti dallo slot. In più avevi anche molta libertà per *recarti* a lavoro, visto che potevi andare online in un qualsiasi punto all’interno della zona di consegna della città (di solito le zone comprendono tutto il centro città racchiuso dall’anello della tangenziale). Quindi di fatto uscivi di casa e potevi iniziare subito a lavorare o quasi. E durante il turno potevi rifiutare qualsiasi consegna proposta dall’app. JustEat era perfetto perché gestiva molto bene i flussi di offerta di lavoro; se attaccavi il turno la sera sapevi che avresti avuto garantite almeno 3 consegne all’ora (di più è difficile farne) e di conseguenza almeno 13 euro netti all’ora. Lordi erano circa 20, da cui toglievi il 20% di tasse per il contratto di prestazione occasionale e 2/3€ di benzina l’ora. In questo modo, lavorando le tre sere del weekend, ottenevi quasi 500€ netti. Consegnando tutte le sere della settimana e anche i pranzi del weekend, ottenevi uno stipendio pieno più che dignitoso, molto sopra i 1000€. E conoscevo tanta gente che lo faceva. Alcuni avevano un lavoro dipendente part time e poi usavano Just East 3/4 per arrotondare, arrivando anche a 2000 euro al mese.

    Io ho smesso di consegnare nel 2021, adesso con i prezzi della benzina aumentati probabilmente il fatturato netto è sceso a 12€ l’ora.

    Quando superi i 5k lordi di fatturato, devi aprire la partita IVA. Tuttavia con il regime forfettario, e con la categoria in cui siamo inquadrati noi rider, dal lordo viene tolto comunque solo il 20% circa. E ci sono vari siti di contabilità online fatti apposta per i rider, che ti permettono di aprire la partita IVA per 100/200 euro senza andare dal commercialista. Alla fine quindi tra autonomo con o senza partita Iva non ti cambiava molto.

    Quindi, al di là della retorica da talk show o da justice warrior su Twitter riguardo presunti sfruttamenti e lavoratori sottopagati, era letteralmente un albero della cuccagna. Massima flessibilità e ti coprivano letteralmente di soldi, per fare un lavoro che richiede 0 competenze e di fatto anche zero fatica fisica. Quelli che lo fanno in bici infatti ormai non esistono quasi più; o macchina, o motorino, o monopattino elettrico, o bici elettrica fai-da-te… quando finivo non avevo neanche bisogno di farmi la doccia. Ed ero sotto contratto per giunta. Io fin’ora di lavori ne ho fatti parecchi eh, e non sono mai stato trattato così bene come quando ho fatto il rider. Quindi W le grandi aziende organizzate 🙂 Tuttavia c’è questa retorica vittimista sul lavoro da rider che inquina davvero il dibattito, infatti io ho iniziato a farlo quasi per caso e i miei amici all’inizio non riuscivano a credere che venissi pagato così tanto.

    La precarietà vera percepita da noi rider era determinata da alcuni fattori chiave:
    1) il premio dell’assicurazione per infortunio era abbastanza insignificante, quindi se ti facevi male a lavoro in modo significativo erano cavoli tuoi (da lavoratori autonomi credo che JustEat non fosse obbligato a fornircela, quindi era comunque un “di più” molto apprezzato).
    2) se ti ammali sono cavoli tuoi
    3) i volumi di consegne non sono costanti tutto l’anno, durante i 3/4 mesi estivi si dimezzano. E con essi la paga
    4) ovviamente c’era una certa continuità, ma se un giorno Just Eat si svegliava e decideva di chiudere la divisione della tua città, oppure semplicemente di botto nella tua città nessuno ordinava più… tu rimanevi a piedi.
    5) ovviamente non potevi fare alcun tipo di carriera.

    A un certo punto Just Eat ha fatto la conversione in dipendente indeterminato, e le cose che ha risolto sono state esattamente queste. A loro volta però sono emersi altri sgradevoli problemi.

    1) non potevi più decidere se lavorare o no
    2) non potevi più decidere quando lavorare e l’orario cambiava ogni settimana, comunicato il sabato per quella seguente. Non indifferente, il contratto di lavoro indeterminato che avevano fatto a tutti era solo di 10 ore settimanali. Aggiungendo alle 10 ore gli straordinari obbligatori, o sottraendo due ore in caso di bassi volumi di consegne, ogni settimana potevi lavorare 8 ore così come 14/15. E i turni erano stati accorciati a 2 ore e mezzo. In questo modo potevi trovarti a lavorare anche tutti i giorni a pranzo o a cena, e quindi eri costretto a tenerti libero tutta la settimana seguente fino a che non sapevi il tuo nuovo orario.
    2) non potevi più decidere dove lavorare: non potevi più rifiutare le consegne che l’app ti proponeva, dovevi iniziare il turno in punto specifico della città in centro storico (e quindi uscire di casa 30 minuti prima), ogni volta che aspettavi di essere associato a una nuova consegna dovevi dirigerti verso il punto di raccolta a prescindere
    3) non potevi più decidere come lavorare. Potevi usare solo la bicicletta, e quindi una fatica bestiale. Dovevi usare per forza la divisa, e quindi dovevi sempre passare da casa a inizio e fine per cambiarti.
    4) dovendo fare una assicurazione per incidente più sostanziosa, più il maggiore costo del lavoro, la paga è crollata. Siamo passati da 13 a 6/7 euro l’ora.
    5) c’era un tizio sul canale telegram dell’azienda che ti scriveva praticamente tutti i giorni per un motivo o per l’altro.

    Ah e anche i benefit da dipendente erano di conseguenza alle 10 ore settimanali. Ad esempio avevamo solo una settimana di ferie, quindi tutto il resto dell’anno eravamo di fatto obbligati a essere reperibili per tutta la settimana. Idem la malattia: era tarata su 6€ netti all’ora, quindi se uno si ammalava prendeva 60€ a settimana, 240€ al mese…

    Insomma, il passaggio a dipendenti è stato un’enorme fregatura. Avevamo ceduto tutta la libertà sul lavoro, che è il grande vantaggio del rider, per fare in cambio molta più fatica ed essere pagati molto meno. In più senza avere per davvero i vantaggi di chi è dipendente.

    A causa di tutte queste considerazioni, l’estate del 2021 c’è stata una vera e propria emorragia di fattorini da Just Eat verso Deliveroo. Deliveroo è come il vecchio Just Eat, semplicemente l’app è un pochino più caotica e le risorse umane per i fattorini un pochino più assenti. L’ultima settimana in cui sono stato sotto Just Eat il nostro manager ci diceva in continuazione di pubblicizzare il lavoro ai nostri amici perché l’azienda era a corto di personale 🙂

    Adesso non so come sia la situazione, forse hanno cambiato alcune cose perchè così era davvero insostenibile.

  5. Filippo Casini

    Io faccio il fattorino per glovo e DELIVEROO con partita iva forfet. Vi garantisco che sei hi voglia di fare si guadagna piuttosto bene e a fine mese si parla di più di 10 euro netti l ora compreso la spesa per benzina e motorino.bisogna darsi da fare e lavorare sabato e domenica sera ma garantisco che sabato sera e domenica con uso di due piattaforme falle 18 alle 22 si passano facilmente i 90 euro lordi con i bonus e a fine mese si arriva netti a 2000 euro con 50 ore settimanali.sembrao tante ma non è come lavorare in fabbrica. Molti miei colleghi fanno anche 80 ore. Sono scelte. Io non vorrei mai farlo da dipendente

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