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La Bce e l’inflazione testarda

La Bce ha risposto con qualche ritardo all’alta inflazione degli ultimi mesi. La strada imboccata è quella giusta, ma serve maggiore chiarezza per rendere le politiche più efficaci.

Il prezzo del gas naturale in Europa (Figura 1) è sceso in questi giorni a livelli che non si vedevano da più di un anno.  Eppure, l’inflazione nell’Eurozona continua a galoppare ed è ora al 9,9 per cento.

Figura 1 – Prezzo del gas naturale in Europa (Ttf)

Il disallineamento tra prezzi dell’energia e inflazione si spiega col fatto che l’inflazione è un fenomeno particolarmente persistente. Vale a dire, quando sale, l’inflazione tende a rimanere alta. La persistenza dell’inflazione è causata da due canali principali (non indipendenti tra loro): i salari e le aspettative. 

I salari sono fissati in termini nominali sulla base di contratti pluriennali. Se lavoratori e sindacati, guardando al futuro, si aspettano inflazione (cioè prezzi in crescita) al momento della contrattazione cercheranno di proteggere il potere di acquisto del salario nominale (cioè espresso in euro), e richiederanno aumenti che si trasferiranno sul costo del lavoro per le imprese, le quali a loro volta trasferiranno tali aumenti dei costi sui prezzi. Attraverso il legame salari-prezzi, l’inflazione quindi si alimenta nel tempo.

Le imprese, inoltre, fissano i loro prezzi guardando al futuro. Se si aspettano che il livello aggregato dei prezzi salirà domani, vogliono evitare che il prezzo del loro prodotto cali in rapporto alla media generale dei prezzi nell’economia. Vorranno quindi cercare di mantenere il prezzo relativo invariato rispetto ai loro concorrenti aggiustando a loro volta il prezzo verso l’alto. Anche attraverso il canale delle aspettative l’inflazione è un processo che si auto-alimenta.

La persistenza dell’inflazione, generata dai due canali dei salari e delle aspettative, chiarisce dunque perché l’inflazione di oggi non può semplicemente spiegarsi sulla base di un iniziale shock di offerta con un conseguente aumento dei costi dell’energia e di produzione in generale. L’inflazione di oggi è frutto di meccanismi economici successivi, indipendenti dall’andamento del prezzo del gas e delle materie prime. Questo ci aiuta a comprendere perché in generale sia corretto per una banca centrale rispondere agli shock di offerta con rialzi dei tassi di interesse, nonostante gli shock di offerta generino un dilemma tra rallentamento dell’economia e inflazione (la cosiddetta stagflazione). 

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Con i rialzi dei tassi degli ultimi mesi la Bce ha dunque imboccato il sentiero qualitativamente giusto, ma lo ha fatto con un certo ritardo, perché ha sottovalutato proprio i canali di persistenza dell’inflazione successivi all’iniziale shock sui prezzi dell’energia. La Bce sta cercando ora di recuperare terreno. È come un pilota di automobile che ha imboccato una curva a velocità troppo elevata, ed è costretto a schiacciare i freni con più energia di quanto avrebbe fatto se avesse cominciato a rallentare prima dell’ingresso in curva (ossia se avesse iniziato un rialzo più graduale dei tassi molto prima).  Gli effetti di questi rialzi dei tassi, però, si vedranno solo dopo diverso tempo. Le stime econometriche ci dicono che, in media, un rialzo dei tassi di interesse da parte della banca centrale produce il massimo effetto di contrazione dell’inflazione solo dopo nove mesi. La politica monetaria, quindi, dispiega i propri effetti con grande lentezza. Per questo motivo intervenire in ritardo può essere particolarmente costoso.

Nonostante il sentiero sia quello giusto, non è però chiaro in che modo la Bce intenda percorrerlo. La  presidente Lagarde insiste sul fatto che le decisioni di politica monetaria saranno prese “meeting by meeting”, cioè “un passo alla volta”. In altri termini, la Bce deliberatamente evita di prendere impegni sulle proprie azioni future. Sembra optare, quindi, per un approccio basato sulla discrezionalità piuttosto che su regole, contrariamente a quanto indicato dalla teoria economica standard sulla politica monetaria ottimale. La Bce giustifica tale approccio per la grande incertezza che grava sull’economia dell’Eurozona: per esempio, incertezza su una possibile futuro rallentamento dell’attività economica. Ma questo livello di incertezza non viene da Marte, e dipende soprattutto da che cosa gli operatori economici si aspettano che farà la Bce stessa. In altri termini, la Bce sembra comportarsi come un pilota di aereo che, nella nebbia, si rifiuta di rivelare il proprio piano di volo. Invece di contribuire a far diminuire il livello di incertezza, sembra contribuire ad alimentarlo.

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 Un’ alternativa più chiara ed efficace, che allontani la Bce da un approccio puramente discrezionale, sarebbe quella di adottare un approccio tecnicamente definito come inflation forecast targeting (Ift). Ift implicherebbe prendere un impegno oggi di continuare ad alzare i tassi di interesse nel futuro fino a quando le previsioni di inflazione nel medio termine non fossero coerenti con l’obiettivo del 2 per cento. Allentare il carattere di discrezionalità nelle proprie azioni, e mettere in gioco la propria credibilità prendendo impegni per il futuro, sarebbe il modo più efficace per contrastare i canali di persistenza dell’inflazione descritti sopra.

Il fatto che la Bce insista con un approccio puramente discrezionale (“meeting by meeting”) potrebbe essere la spiegazione principale del fatto che l’inflazione continui ad essere così testardamente alta, nonostante la forte discesa dei prezzi dell’energia osservata negli ultimi mesi.

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  1. Salvatore Antonio Mezzasalma

    Buona serata a tutta la redazione, questo è l’ unico sito per approfondire o cercare di capire l’ economia.
    Io preferirei che su questioni importanti ( questo decennio ne ha avuto a iosa cadi importanti),ci fossero economisti di altra area.
    Anche per un dibattito quando lo ritenete opportuno tra diverse correnti economiche,anche se un economista (ed io sono concorde) parla dell’ economia come una branca sociale in disgregazione .
    Volevo chiedervi se fosse possibile replicare oppure fare un festival di economia nel Sud e se qualche docente fosse disponibile per tenere qualche conferenza nella mia Scuola a Gela ( Sicilia); lo ammetto che sarebbe un impegno per voi gravoso ( la scuola sono certo che contribuirebbe,come la società civile e la politica),ma sarebbe un gioia un arricchimento per le alunne e gli alunni della mia come di altre scuole del territorio.
    Buon lavoro a tutti.

  2. Firmin

    L’attuale aumento dei tassi ricorda il grottesco protocollo della “tachipirina e vigile attesa” per la cura del Covid. Entrambi sono pessimi esempi di strategie “difensive” attuate rispettivamente per evitare troppe grane medico-legali e politiche. Non ci sono dubbi che tassi più elevati frenino la domanda aggregata e quindi, indirettamente, l’inflazione, esattamente come lo farebbe una politica fiscale restrittiva. Il problema è che i tassi incidono sugli oneri finanziari delle imprese, contribuendo direttamente all’aumento dei prezzi. Si rischia dunque di innescare una rincorsa tra prezzi e tassi non meno pericolosa di quella tra prezzi e salari e tra prezzi e profitti (se, come è probabile in un mercato oligopolistivo, questi ultimi sono fissati in termini di una percentuale di ricarico sui costi). Perfino l’ultra ortodossa Commissione Europea ha riconosciuto che questa fiammata inflazionistica è stata alimentata (se non innescata) dagli extra profitti del settore energetico (tacendo su quello finanziario), su cui la manovra dei tassi non ha alcun effetto, a differenza della tassazione straordinaria e della redistribuzione dei proventi tra famiglie e imprese e di nuove regole sui mercati “raccomandate” proprio dalla commissione. Una politica monetaria restrittiva, inoltre, contribuisce a cristallizzare guadagni e perdite relative di settori e fattori produttivi, che sono difficilmente sostenibili sul lungo periodo e producono tensioni che prima o poi sfoceranno in conflitti distributivi interni e tra paesi. Se è questo l’obiettivo delle istituzioni europee, sono sulla trama giusta. Tutti i populisti ed i concorrenti dell’Europa ringrazieranno.

  3. Maurizio Cortesi

    Non capisco: i ritardi della Bce non dipendono anche dal fatto che le loro previsioni davano l’inflazione rientrare nel target al termine dell’orizzonte previsionale? Anche sull’effetto di salari e aspettative ho al momento qualche perplessità visto il differenziale tra inflazione complessiva è quella core ben più ampio che negli Usa. E non si parla mai se non sottovoce dell’effetto tasso di cambio. Il punto con la Bce è che da un decennio e più parla a ragione di incertezza e non linearità, ma poi pretende di fronteggiarla con procedure lineari d’azione. Per cui prima di aumentare i tassi bisognava smettere di comprare titoli e così si è aspettato luglio per eliminare i tassi negativi, quando era chiaro da tempo che i rischi di deflazione erano scomparsi. E adesso bisogna smettere di alzare i tassi prima di poter vendere i titoli in portafoglio, anche solo quelli privati che sono relativamente pochi e meno sensibili politicamente. Mi sembra un esempio di presunzione dirigistica non molto dissimile dalla politica zero covid della Cina e con effetti collaterali altrettanto negativi in primo luogo il rafforzamento della tirannia del dollaro.

  4. Carlo

    Me lo potete spiegare come se avessi 12 anni?
    E’ vero che l’inflazione in Europa è principalmente “importata”, cioè non è causata dagli europei che consumano e spendono troppo, ma da fattori esterni come l’aumento del prezzo dell’energia e delle materie prime?
    Se è vero, a cosa serve alzare i tassi? A difendere l’euro vs il dollaro? Ma a parte questo?
    La BCE può forse influenzare direttamente il prezzo di energia e materie prime? A meno di non causare una tremenda recessione che ne faccia crollare la domanda, intendo?
    Credo che banchieri centrali ed economisti abbiano una grande colpa nel non saper / voler comunicare al grande pubblico. Mi sembra legittimo che il Mario Rossi di turno si chieda: “le mie bollette sono alle stelle, in che modo aumentare i tassi mi ridurrà l’inflazione?”. E’ anche così che si alimenta il populismo.

  5. Daniela C.

    IFT sarebbe sicuramente un’ottima direzione da seguire, se solo il forecasting fosse più sensato e accurato…la sensazione è che anche i modelli utilizzati attualmente per le previsioni siano un po’ obsoleti e da rivedere.

  6. Noemi

    Al contrario di quanto sosteneva Friedman, nessun episodio inflazionistico ha lasciato inalterati i rapporti di scambio reali tra i beni e tra i fattori produttivi. Quindi combattere l’inflazione come se fosse solo un fenomeno monetario, come sta facendo la BCE, è insensato. L’inflazione si abbatte tagliando i guadagni realizzati nei settori che hanno innescato la rincorsa dei prezzi e redistribuendoli ai comparti e ai gruppi svantaggiati.

  7. Diego

    Inflazione? Un galoppo di cavalli impazziti verso il baratro della recessione da mancata spesa collettiva, che avvita il fenomeno irreversibile portando in breve alla paralisi dei consumi e quindi al crollo a picco dell’economia, poichè a fronte di un’infazione folle alla re Mida non c’è affatto la risposta positiva del PIL che ha parato l’implosione negli anni ’70. Dunque questo mercato nero criminale voluto dai guastatori del mondo che cavalcano i mercanti suicidi è il preludio ad un crack finale mai visto, che trascinerà nel baratro l’intero castello di carte degli speculatori globali, perchè senza un giro di denaro di massa c’è la fine delle economie, non il trionfo di quei pochi ricchi, belli e grassi.
    L’economia non può essere un clan di soli ricchi a prezzi accessibili solo per loro, quindi la bancarotta mondiale è assicurata se non avviene un’immediata deflazione ai livelli del 1990.
    Ma le teste dei mercanti, si sa, sono, sono teste di asino.

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