Lavoce.info

I numeri sui lavoratori Ict in Italia

Tra il 2016 e il 2021, il numero di occupati con qualifiche Ict è cresciuto in Italia, ma rimane molto al di sotto della media Ue. In più, questi lavoratori spesso non hanno una laurea. Il settore è anche caratterizzato da un forte divario di genere.

Aumenta la richiesta di specialisti Ict

Tra gli obiettivi che l’Unione europea si è data per il decennio digitale europeo, troviamo la volontà di includere sempre più individui nel mondo digitale, migliorando le capacità di utilizzo di queste tecnologie. Di fronte all’aumento di domanda per specialisti delle tecnologie per l’informazione e la comunicazione (Ict), l’Eurostat ha pubblicato alcuni dati riguardo agli sviluppi recenti per la quota di forza lavoro con le competenze necessarie per lo sfruttamento di tecnologie sia hardware che software che consentono di raggiungere, archiviare e trasmettere le informazioni.

Nel 2016, la forza lavoro europea con competenze Ict era di 2,3 milioni di individui. Il dato è salito fino ad arrivare a 2,8 milioni nel 2021. L’aumento della richiesta di professionisti in questo ambito è testimoniato dalla crescita dell’occupazione, ma anche dalla riduzione del tasso di disoccupazione tra coloro che hanno ricevuto una istruzione specializzata in campo Ict. Il tasso di disoccupazione per questa classe di lavoratori è sceso dal’8,8 per cento del 2016 al 7,4 per cento del 2021 (il minimo era stato raggiunto nel 2019 con il 6,8 per cento).

In Italia, il numero di occupati con qualifiche Ict è cresciuto di poco più di 30 mila unità in cinque anni, ma, confrontandolo con paesi europei simili, il dato rimane molto al di sotto della media. In Germania e in Spagna, gli occupati Ict rappresentano circa l’1,35 per cento del totale, in Francia sono l’1,84 per cento. In Italia, ci si ferma allo 0,75, poco più della metà della media Ue a 27 paesi (1,44 per cento).

Leggi anche:  Non è tutto merito dell'ateneo se arrivano studenti da fuori

Chi sono i professionisti dell’Ict

Nel 2021, gli uomini costituivano circa l’84,1 per cento dei 2,8 milioni di lavoratori occupati in questo settore. Il gender gap è presente in ogni paese membro dell’Unione, con la Repubblica Ceca che registra la quota più alta di uomini nel settore (il 92,6 per cento). In Italia, la quota si attesta all’81 per cento. Il divario di genere nell’Ict sembra confermare una serie di trend in tutto l’ambito delle materie scientifiche, come la minore presenza di donne nei corsi di laurea Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics).

Per quanto riguarda l’età, come è facilmente prevedibile, Il 67,5 per cento dei lavorator Ict all’interno dell’Unione europea ha meno di 35 anni. In Italia il dato è ancora più alto: 76,1 per cento. In particolare, dal 2016 fino al 2021 gli under 35 impiegati nel settore sono aumentati di 318 mila unità in tutta Europa, con un tasso del 3,8 per cento l’anno.

Gli occupati con qualifiche relative all’Ict non si limitano a coloro che hanno conseguito una laurea in questo ambito, ma comprendono anche chi ha frequentato corsi professionalizzanti che non rientrano nell’istruzione terziaria. È il caso, per esempio, delle scuole superiori tecniche e professionali con indirizzo Ict in Italia. Nel 2021, il 72,4 per cento delle persone occupate all’interno dell’Ue con competenze Ict presentava un livello di istruzione terziaria. Tuttavia, esistono differenze consistenti tra i paesi membri: se infatti ci sono quelli come la Francia, dove il 91,2 per cento degli occupati del settore ha una laurea, ce ne sono altri dove più della metà della forza lavoro ha livelli di istruzione inferiori. In particolare, in Italia, il 67,4 per cento degli occupati non ha un’istruzione terziaria. La grande quantità di persone con competenze tecniche che non ha ottenuto una qualifica di istruzione terziaria fa riflettere sulla necessità di potenziare, oltre ai corsi di laurea in materie Ict, anche gli istituti tecnici superiori, la cui riforma inserita all’interno del Pnrr potrebbe non bastare.

I numeri sulla crescita dell’Ict in Europa sono sicuramente una buona notizia, considerando anche il ritardo del Vecchio Continente rispetto agli Stati Uniti e ai paesi asiatici, ma i dati sull’Italia sono poco rassicuranti. Già cinque anni fa, il nostro paese disponeva di una forza lavoro tecnica in media meno qualificata dei competitors europei e, tra il 2016 e il 2021, la percentuale di occupati con competenze Ict è aumentata meno o in linea con paesi come Francia, Germania e Spagna, oltre che rispetto alla media Ue. Occorre accelerare la crescita delle persone con competenze Ict, insieme al loro livello di specializzazione.

Leggi anche:  Gare Pnrr: che fine hanno fatto obblighi e premi per la parità di genere?

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Sul diritto allo studio un anticipo da sfruttare

Precedente

Redditi in Italia in cinque grafici

Successivo

L’astensionismo ha radici economiche

  1. Leo

    Il basso numero di occupati con qualifiche ICT è dovuto ad uno scarso appeal delle professioni ICT.
    Il mondo del lavoro ICT è polarizzato tra:
    – piccole aziende che presidiano nicchie di mercato nelle quali il turn over è molto limitato
    – grandi aziende che utilizzano i lavoratori ICT à la carte: gli stessi pochi lavoratori ruotano vorticosamente tra diverse attività/progetti; in queste aziende i lavoratori sono stressati e scappano via appena possono.
    Tutto questo è alla base dello scarso appeal per le professioni ICT.
    Perché mai frotte i ragazzi dovrebbero appassionarsi alla faticosa acquisizione di competenze in ambito ICT se difficilmente troveranno un lavoro di qualità?
    Avere un lavoro è importante, avere uno stipendio poco sopra la media anche ma, è fondamentale avere un lavoro sostenibile a tutte le età e non solo fino ai cinquant’anni se va bene!

  2. Giampaolo Storti

    Grazie Dr.ssa Geraci per l’esaustiva panoramica. Nel Veneto dove svolgo la mia attività di Commissario esperto dei processi di apprendimento e valutazione delle competenze, nel contesto degli esami di fine corso di formazione nel campo ITC, per conto dell’Agenzia formativa DIEFFE , ho potuto verificare che la stragrande maggioranza dei corsisti/candidati all’attestato di WEB designer e WEB martketing provengono dalle laurea attinenti le scienze umane. Al primo posto Scienze della comunicazione, poi DAMS, poi Lettere, Architettura…Al corso non si accede con una Laurea bensi con un diploma. Il corso è riconosciuto dalla Regione Veneto. Il costo è a carico del partecipante e si struttura in 600 ore: 300 di formazione teorica e le altre ore, 300, in tirocinio in Aziende del settore ITC e Laboratorio interno. Alla fine del Corso il candidato porta alla verifica finale un proprio progetto imprenditoriale e/o l’elaborazione di un proprio sito, oppure uno su commissione.
    Questa è la nostra esperienza locale. Grazie per l’attenzione.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén