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Il privilegio di abitare nella casa di proprietà

La politica fiscale favorisce l’acquisto dell’abitazione di residenza. È una scelta che non ha giustificazioni dal punto di vista economico. Avvantaggia i proprietari rispetto a coloro che vivono in affitto e limita la mobilità geografica.

I vantaggi di chi vive nella casa di proprietà

Da decenni, la politica fiscale italiana favorisce l’acquisto dell’abitazione di residenza, e di conseguenza incoraggia i proprietari a vivere lì. Ma è un orientamento equo ed efficiente?

Facciamo un esempio per capire le implicazioni di tale orientamento di politica fiscale. Se una cittadina italiana, la cittadina A, vive in affitto, pagherà alla proprietaria il canone di locazione. Supponiamo che la cittadina sia anche proprietaria di un appartamento locato, che produce un reddito da locazione su cui paga la cedolare secca.

Supponiamo poi che vi sia un’altra cittadina, la cittadina B, che è residente in un appartamento di cui è anche proprietaria, e che ha un profilo economico simile alla cittadina A. Anche se gli appartamenti in cui entrambe vivono, così come quelli di cui sono proprietarie, sono equivalenti, la cittadina A avrà oneri fiscali maggiori rispetto alla cittadina B. Infatti, la cittadina A, con un tenore di vita e un patrimonio simile a quello della sua omologa, sostiene il costo della cedolare secca sul reddito da locazione che incassa.

Il motivo del vantaggio fiscale è che la cittadina B non viene tassata né per il costo-opportunità di vivere nel suo appartamento di proprietà (una imposta sul cosiddetto affitto imputato), né con una imposta sulla proprietà, l’Imu, che in Italia è stata abolita per le prime case quando la proprietaria è anche residente.

Per quanto riguarda l’equità, la scelta normativa dà una importanza maggiore alle persone che posseggono e risiedono nel loro appartamento. Poiché l’abitazione di residenza è esentata dall’Imu, gli avvantaggiati sono i proprietari-residenti, che pagano meno imposte.

È una scelta su cui si può o non si può essere d’accordo, dipende dalle preferenze di una data società. I locatari in Italia costituiscono la minoranza, pesando all’incirca per il 20 per cento (Istat). Tuttavia, sono un gruppo da non sottovalutare perché, come insegnano le teorie di economia urbana, includono i cittadini marginali (cioè quelli che hanno considerato la possibilità di spostarsi) che determinano gli equilibri nel mercato delle case (si veda per esempio Glaeser, 2008). Pertanto, è legittimo pensare che, ai fini di equità, i locatari non debbano ricevere dal legislatore meno considerazione dei proprietari-residenti. Se così fosse, il confronto su quale politica seguire sarebbe una questione di efficienza.

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Due problemi di efficienza

Per quanto riguarda l’efficienza, la scelta del legislatore italiano ha almeno due criticità fondamentali.

La prima è che così si scoraggia la mobilità geografica a seguito di shock economici negativi. Blanchard e Katz (1992) dimostrano che la mobilità regionale è uno dei modi in cui un territorio risponde agli shock economici. Se l’economia in un territorio va male, il territorio si riprende anche con la decisione di alcuni dei disoccupati o sotto-occupati di spostarsi nei posti dove ci sono opportunità migliori. Per esempio, se l’industria dell’auto va male a Detroit, e vi è disoccupazione diffusa, vi sarà un flusso emigratorio da Detroit verso zone che invece domandano lavoro, bilanciando nel tempo lo shock economico negativo iniziale. Decressin e Fatas (1995) mostrano che in Europa la mobilità regionale è significativamente più bassa che negli Stati Uniti. Ciò fa sì che la ripresa dalle recessioni locali sia più lenta nel Vecchio Continente rispetto agli Usa. Va detto, però, che anche negli Stati Uniti la mobilità regionale è calata negli ultimi anni. Avvantaggiare i proprietari rispetto agli affittuari aumenterà il costo implicito di lasciare la propria abitazione se le cose vanno male economicamente, il cosiddetto “lock-in effect”.

In Italia è prevista una detrazione per i lavoratori dipendenti che trasferiscono la residenza per motivi di lavoro. Non copre tuttavia i lavoratori autonomi ed è verosimilmente più bassa del costo effettivo del trasferimento. Escludere dalla detrazione i lavoratori autonomi è discutibile. Per esempio, Reuschke (2011) ha mostrato con dati tedeschi che i lavoratori autonomi hanno una mobilità geografica non inferiore a quella dei dipendenti. E tanti episodi di mobilità geografica sono dovuti a lavoratori dipendenti che diventano autonomi a seguito di una decisione di cambio di luogo, per esempio un impiegato di una banca che perde il lavoro e decide di diventare promotore finanziario autonomo. Questo implica che tutti i lavoratori autonomi, e anche i lavoratori dipendenti coniugati con un lavoratore autonomo, avranno meno incentivi alla mobilità geografica di quelli che avrebbero in una situazione ottimale.

La seconda criticità è il fatto che, a parità di condizioni, non è chiaro perché i proprietari di casa abbiano più bisogno di tali risorse rispetto ai conduttori. La ragione di questa criticità risiede nell’implicazione monetaria del regime in vigore, che, di fatto, trasferisce da una cittadina che vive in affitto a una che risiede nell’appartamento di proprietà, a parità di tutto, tenendo conto dei costi opportunità lordi di vivere e possedere un appartamento. L’unico modo per giustificare una simile scelta su parametri di efficienza sarebbe con una funzione di utilità sociale che dà eguale peso alle diverse categorie. Ma lasciare maggiori risorse ai proprietari-residenti se hanno uguale importanza rispetto agli altri implica sostenere che i proprietari-residenti abbiano più bisogno di soldi dei conduttori. Sarebbe ovviamente sbagliato sostenere che i proprietari residenti abbiano più bisogno di soldi dei proprietari che vivono in affitto in un appartamento di altri. Anzi, nella realtà potrebbe persino essere vero l’opposto, cioè che i proprietari residenti hanno meno bisogno di soldi dei proprietari non residenti, visto che la letteratura stima costi di mobilità positivi (si veda Artuc, Lederman e Porto (2015)) e che chi ha un appartamento di proprietà ma vive in affitto è una persona che presumibilmente vive in un’altra area geografica per motivi di lavoro.

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È dunque difficile capire la giustificazione economica della normativa italiana. La scelta potrebbe per esempio essere dovuta al diverso peso politico dei residenti-proprietari di prima casa, rispetto al resto dei cittadini, e al loro maggiore radicamento sul territorio, che determina legami di potere più forti e consolidati.

La politica fiscale italiana crea un incentivo a vivere nella propria abitazione di proprietà, pertanto disincentivando gli spostamenti lunghi o i cambi di residenza per motivi lavorativi. La scelta è in contrasto con la letteratura economica, ove vi è un ampio consenso sul fatto che il trasferimento di residenza è una delle modalità principali in cui si attutisce un periodo di decrescita economica. Dal punto di vista economico è difficile spiegare la scelta del legislatore italiano sulla base di efficienza ed equità, ed è plausibile pensare che l’abbiano determinata considerazioni di opportunità politica.

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15 commenti

  1. Savino

    Gli italiani hanno una visione economica distorta e faziosa, che confonde il sapere economico con la fortuna di chi vince una lotteria. Gli italiani seniores non si rendono conto minimamente degli impedimenti che i giovani precari o part-time involontari hanno per comprare casa. La congiuntura attuale, ha reso ancor più complicato accendere dei mutui, dato il più altro costo del danaro, ed è parzialissima la differenza tra tasso fisso e variabile. I mutui stessi, per i giovani, sono 20-30ennali per l’indisponibilità di capitali freschi d’appoggio. In questa situazione, è chiaro che chi è proprietario anche solo della prima casa è un privilegiato. L’antipolitica, da Berlusconi a Grillo a Salvini, ha soffiato sul fuoco della materia immobiliare in questi 30 anni. Davvero ingiustificato prendersela con il “sistema” per non voler pagare anche 500 o 1.000 euro o più di IMU l’anno per chi ha la capacità fiscale comprovata di quel tributo. Questo è il piagnisteo italico di chi non conosce i problemi veri.

    • Paolo

      Magari l’iniquità fosse solo che il populista non vuole pagare l’IMU sulla casa di proprietà. Il problema è che vuole anche ristrutturarla gratis con il 110% a spese altrui!

  2. Lorenzo

    Si scrive patrimoniale, ma si legge “Berlusconi nemmeno davanti al plotone di esecuzione darebbe il suo avallo”

    • ms

      Non mi è chiaro quale sarebbe l’alternativa, nell’esempio proposto. Detassare del tutto i redditi da locazione, in modo da non avvantaggiare chi nella casa di proprietà ci risiede? Già la cedolare secca erode molto la base imponibile ed è verosimilmente regressiva.
      Ma poi, senza proprietari, chi le affitterebbe le case? Capisco il punto della mobilità, ma mi sembra alquanto monca l’analisi.

  3. Ferdinando de Soto

    Due paroline sulla sconfinata letteratura in tema titling forse l’autore le avrebbe potute anche fare.

  4. aldo

    Gli italiani, stante il fatto che l’80% di loro è proprietario di almeno un immobile e la crisi economica sempre più grave, saranno presto un popolo di nobili decaduti, dotati di patrimonio ma privi di reddito.

  5. kurgan

    Opportunità politica o semplicemente ascolto del desiderio manifesto e perdurante degli italiani di comprarsi la casa?
    La costituzione tutela il risparmio, e l’acquisto della casa é la forma preferita scelta dagli italiani, alleluia se la legge rispetta tale preferenza; non tassarla rispetta il principio di evitare doppia tassazione, visto che il capitale necessario all’acquisto é (in teoria) frutto di reddito tassato.

  6. marco

    Io porto la mia esperienza di persona con grossi limiti, lavoratore, padre di famiglia, sulla sessantina. lo dice un liberista convinto: nella vita non c’è solo lavoro e crescita economica.
    L’uomo lascia una traccia terrena nel suo mondo di relazioni strette ed opere che possono essere nella famiglia, nella comunità civile, nella politica, nell’azienda dove lavora; La vita si svolge nel luogo in cui l’uomo vive in senso fisico ed a 360 gradi; e se ci vive per un po’ di tempo è meglio. Manca del tutto nella vs. analisi questa considerazione, non gli date alcun peso. Per questo la casa, e la comunità civile in cui si vive sono fondamentali

    • Massimo Taddei

      Non si capisce però perché bisogna agevolare la proprietà della casa. La cosa importante è garantire un’abitazione, non l’acquisto della stessa. Invece si continua a incentivare chi ha il privilegio della proprietà a scapito di chi una casa non può o non vuole permettersela.

    • Renzo

      Stavo per commentare allo stesso modo. In Italia a limitare la mobilità c’è un capitale di relazioni sociali e con il “territorio” che negli USA se lo sognano (e infatti il centro Italia è pieno di anglosassoni).
      Però è anche vero che nel mattone gli italiani hanno congelato risorse enormi, penalizzando altre forme di investimento più produttive.

  7. David

    Pur concordando sull’iniquità di fondo, per completezza l’autore avrebbe dovuto considerare le detrazioni fiscali per gli affittuari. Inoltre è parecchio azzardato spiegare la (relativa) immobilità geografica degli italiani solamente con l’assenza di imposta sulla prima casa.

  8. MF

    Più che pensare a tassare chi vive in case di proprietà sarebbe opportuno tutelare maggiormente chi affitta, magari sfrattando chi non paga in tempi tedeschi invece che biblici…

  9. Firmin

    L’80% degli elettori abita in una casa di proprietà, quindi elementari principi di political economy (scusate, non trovo una traduzione adeguata) “sconsigliano” di tassare la prima abitazione. In ogni caso, non è tanto la proprietà diffusa a frenare la mobilità territoriale, ma piuttosto i costi (fiscali e di intermediazione) dei trasferimenti di proprietà e le incertezze sul diritto di proprietà sugli immobili dati in locazione. Se questi balzelli fossero sostituiti da imposte regolari (basate su un catasto appena decente) e procedure esecutive certe, anche i piccoli proprietari accetterebbero una “patrimoniale”.

    • Laura A.

      L’articolo ha il merito di illustrare la principale argomentazione che l’Unione Europea adduce per incrementare la tassazione sugli immobili di proprietà. Qualcuno la casa da affittare la deve possedere. Si prospetta un popolo di landlords che al tempo stesso vivono in affitto? Non mi sembra molto razionale

  10. Henri Schmit

    Bravo! Un’economia efficiente rende gli immobili il più mobili possibile. L’opposto dell’Italia, paese delle clientele, dei privilegi, dell’opacità e … delle ingiustizie. Perché tutti i paesi tassano gli immobili? Perché sono asset che non scappano, che si possono facilmente inquadrare e valutare (a condizione che si voglia questa trasparenza ed equità attraverso un catasto moderno, più facile nell’era digitale) e che dipendono fortemente da decisioni pubbliche (piani regolatori, permessi edilizi, efficienza energetica, sicurezza, trasporti pubblici). Per agevolare i meno abbienti, i piccoli proprietari, la tassa immobiliare può prevedere una quota esente, variabile per numero di persone a carico.

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