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Sulla strada le emissioni si riducono con la tecnologia

La riduzione delle emissioni di gas serra del trasporto stradale spostando una parte della domanda su ferrovia e trasporti pubblici ha un costo molto più alto che in altri settori. Ed è una politica che diventerà sempre più inefficace e inefficiente.

Ridurre le emissioni a costo zero

È stato pubblicato negli scorsi giorni il terzo volume del sesto rapporto di valutazione dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo dell’Onu che dal 1988 si occupa del cambiamento climatico.

Una figura contenuta nel Summary for policymakers sintetizza quali sono i potenziali risultati di riduzione delle emissioni entro il 2030 e i relativi costi, che sono indicati pari a zero per una quota rilevante del totale. Precisa l’Ipcc che i costi cui si fa riferimento sono solo quelli monetari estesi a tutta la vita tecnica dell’impianto/veicolo e attualizzati.

Per questa parte di emissioni non sono necessarie politiche pubbliche di incentivazione: sarà direttamente il mercato ad agire laddove una soluzione a più basse emissioni è anche più conveniente sotto il profilo economico, come per esempio è già accaduto negli Stati Uniti con il gas che ha soppiantato il carbone.

Il “cambio modale” nei trasporti è inefficiente nel breve termine

Tra le politiche a costo zero, il Rapporto indica anche lo spostamento di una parte della mobilità in auto al trasporto collettivo, meno inquinante e, tranne i casi – non rarissimi – nei quali il coefficiente di occupazione di autobus e treni è molto basso, con costi operativi molto al di sotto di quelli del mezzo individuale. A differenza di altri ambiti nei quali il prodotto è identico (per esempio l’energia elettrica prodotta da carbone o da nucleare), in questo caso la semplice valutazione monetaria rischia però di essere fuorviante. Lo dimostra il fatto che, nonostante il trasporto pubblico costi meno, nei paesi europei, circa l’80 per cento della domanda di trasporto viene oggi soddisfatta dall’auto che è sì più cara, ma garantisce maggior velocità di spostamento e comodità. Nella scelta del mezzo di trasporto il valore monetario del tempo è un fattore assai più rilevante del prezzo.

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Qual è, allora, il vero costo economico della riduzione della CO2 con politiche di cambio modale? In Italia il costo per passeggero-km del trasporto pubblico urbano è pari a circa 30 centesimi, di cui 10 centesimi coperti con la vendita di biglietti e abbonamenti e 20 centesimi con sussidio pubblico. Ipotizziamo di accrescere l’offerta con costo marginale pari al costo medio di produzione dei servizi esistenti (non vi è evidenza di economie di scala conseguibili nell’attuale assetto) e assumiamo che il coefficiente di occupazione dei nuovi servizi sia pari a quello medio e che la metà dei nuovi utenti in precedenza utilizzasse l’auto (i restanti si muovevano a piedi, in bici, si servivano di un servizio esistente più scomodo o non effettuavano quello spostamento).

Il sussidio per passeggero-km che passa dall’auto al trasporto collettivo sarebbe allora pari a 40 centesimi. Assumendo che il trasporto collettivo sia a emissioni zero, la quantità di CO2 non emessa risulterebbe di circa 200 grammi.

Il sussidio per tonnellata di CO2 evitata assomma quindi a 2 mila euro. A esso si aggiunge la perdita di accisa che è intorno ai 300 euro per tonnellata (e se chi sceglie l’autobus sceglie anche di rinunciare al possesso dell’auto si perdono pure le entrate a esso correlate, che sono grosso modo di pari importo).

Tale valore è di un ordine di grandezza superiore a quello delle misure riepilogate nel Summary for policymakers.

Ancora maggiore può essere il costo unitario di abbattimento nel caso si realizzino nuove infrastrutture ferroviarie. In questo caso – come per le nuove metropolitane – occorre tenere in considerazione anche le emissioni generate nella fase di costruzione. In base a una stima di chi scrive, relativa al primo lotto della nuova linea Av Salerno – Reggio Calabria (127 chilometri di cui ben 52 in galleria), la quantità di CO2 di cantiere assomma a 1,3 milioni di tonnellate contro una riduzione ottenuta nei primi 30 anni di esercizio pari a 1,58 milioni, con un bilancio netto positivo di 272mila tonnellate (Figura 1). L’investimento previsto è di 7,7 miliardi, equivalenti a 28mila euro per tonnellata di CO2 risparmiata (per la valutazione complessiva della redditività dell’investimento occorre tenere conto degli altri benefici ambientali e di trasporto).

Nel lungo termine l’inefficienza aumenta e l’efficacia si riduce

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Se nel breve termine vi sono opzioni molto meno costose di abbattimento rispetto al cambio modale, nel lungo periodo questa politica diverrà via via più costosa e irrilevante, come già accaduto per gli inquinanti locali negli scorsi decenni, per la progressiva riduzione delle emissioni unitarie dei veicoli stradali. Al riguardo, si segnala un’analisi del britannico Committee on Climate Change nella quale vengono considerati i prevedibili impatti della innovazione tecnologica, delle politiche di riduzione della domanda e dell’adozione di uno stile di guida più parsimonioso. Sono proposte due simulazioni: la prima (“behaviour first”) considera a monte gli effetti comportamentali e a valle quelli tecnologici, la seconda (“as impacts occur”) tiene conto, anno per anno, della riduzione delle emissioni unitarie. Sia nel primo (Figura 2) sia nel secondo approccio (Figura 3), la componente più rilevante per l’abbattimento della CO2 è quella della innovazione tecnologica ma, mentre nel primo caso (Figura 4) il fattore comportamentale ha un effetto crescente nel tempo, nel secondo ha un effetto massimo nella seconda metà di questo decennio per poi scendere progressivamente a zero (Figura 5).

Nel 2050, quando si assume raggiunto l’obiettivo di azzeramento delle emissioni complessive e, dunque, di quelle unitarie, il beneficio della riduzione di domanda è nullo e il costo per tonnellata di CO2 abbattuta tende a infinito.

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  1. Cantoretoscano

    Nel computo della linea Salerno-Reggio Calabria è stato considerato l’eventuale diminuzione del trasporto aereo? Vedendo cosa è successo sulla Milano-Roma dovrebbe essere messo in conto.

  2. Gabriele

    Si tiene conto anche delle esternalità negative dell’uso eccessivo della vettura privata? Uso dello spazio pubblico a discapito di altre utenze, incidenti stradali, tempo speso nel traffico, inquinamento sonoro, spread urbano, ecc? La diminuzione dell’uso dell’auto privata (a combustione interna o elettrica) non è solo una questione di emissioni di CO2, ma anche di qualità dello spazio urbano e della vita. Se non consideriamo questi aspetti l’analisi costi benefici sarà sempre parziale.

    • Come scritto nell’articolo: “per la valutazione complessiva della redditività degli investimenti occorre tenere conto degli altri benefici ambientali e di trasporto”.

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