Nei suoi primi vent’anni l’euro si è affermato come una delle valute più importanti del mondo. E ai dodici paesi delle origini se ne sono aggiunti altri sette. Ma la moneta unica ha anche dovuto affrontare tre gravi crisi. Oggi la sfida è l’inflazione.

L’importanza dell’euro

Il 1° gennaio 2002, vent’anni e due mesi fa, entrò ufficialmente in circolazione l’euro. Da quel giorno, sette nuovi paesi hanno adottato la moneta unica, aggiungendosi ai dodici originari. L’importanza dell’euro negli scambi internazionali è cresciuta, ma sono anche aumentate le preoccupazioni per una costruzione considerata fragile in assenza di una politica fiscale comune, in particolare durante le crisi.

Nei suoi vent’anni di esistenza, l’euro si è affermato tra le valute più importanti a livello internazionale: secondo i dati della Banca dei regolamenti internazionali, è preceduto solo dal dollaro per volume scambiato nei mercati valutari (figura 1a).

La rilevanza dell’euro è aumentata in particolare durante i primi anni della sua esistenza, quando è passato da costituire il 19,7 per cento delle riserve valutarie mondiali al 28 per cento nel terzo trimestre 2009 (figura 1b). Negli anni successivi, complici i timori sulla fragilità dell’Eurozona, la quota è scesa, fino a tornare al 20,5 per cento.

L’euro durante le crisi

In vent’anni, la moneta unica europea ha giocato un ruolo di primo piano in tre crisi che hanno messo alla prova la solidità dell’eurozona: la crisi finanziaria, la crisi del debito sovrano e la crisi da Covid-19. Nel primo caso, la Banca centrale europea reagì velocemente aumentando la liquidità disponibile alle banche e, con l’intensificarsi della crisi nel 2008, tagliando i tassi d’interesse di 325 punti base in solo sette mesi (figura 2). Furono adottate anche misure non convenzionali per favorire la fornitura di liquidità al sistema creditizio, come l’ampliamento del portafoglio di strumenti accettati come collaterali e l’introduzione di operazioni di rifinanziamento di lungo periodo.

Nel 2010 riemersero tensioni nei mercati finanziari, legate in particolare ai titoli di debito sovrano di alcuni paesi dell’eurozona. Gli spread tra i titoli tedeschi e quelli di paesi come Grecia, Italia e Spagna si ampliarono (figura 3). In risposta, la Bce lanciò un nuovo strumento, il Securities Markets Programme (Smp), tramite cui acquistò titoli di debito sui mercati secondari, in modo da stabilizzare i mercati finanziari dei paesi in difficoltà. Il Smp fu poi seguito dalle Outright Monetary Transactions (Omt), annunciate dall’allora presidente della Bce Mario Draghi come una misura volta ad assicurare l’irreversibilità dell’euro.

Nel 2015, con il lancio dell’Asset Purchase Programme (App), la Bce attuò ufficialmente una misura di allentamento quantitativo, acquistando titoli pubblici e privati con il preciso obiettivo di immettere liquidità nell’Eurozona. Ciò contribuì a ridurre i differenziali di rendimento (gli “spread”) tra i titoli tedeschi e quelli di paesi indebitati come l’Italia.

La crisi dei debiti sovrani è considerata uno dei momenti più difficili nella storia della moneta unica e ha esposto linee di frattura profonde tra i paesi dell’Eurozona. Lo stesso Omt fu dichiarato legittimo dalla Corte di giustizia europea al termine di una battaglia legale (il caso Gauweiler) emblematica delle divisioni tra paesi del Nord e del Sud dell’Eurozona, che pur condividendo una politica monetaria comune avevano – e hanno – una situazione fiscale differente.

Le divisioni sembrano essere state almeno temporaneamente accantonate a causa della crisi pandemica, che ha visto una pronta reazione della Bce: a marzo 2020 è stato annunciato il Pandemic Emergency Purchase Programme (Pepp), un programma di allentamento quantitativo che, come aggiornato in seguito, prevede l’immissione di 1.850 miliardi di euro di liquidità nel mercato. L’adozione del Pepp potrebbe costituire l’inizio di una fase di rilancio dell’euro, chiudendo definitivamente il periodo di crisi cominciato nei primi anni 2010.

L’inflazione: da stagnazione a esplosione

Dai primi anni Novanta alla crisi del 2007, il tasso di inflazione medio delle economie più avanzate è stato intorno al 2 per cento (obbiettivo statutario, fra le altre cose, della Banca centrale europea); allo stesso tempo, le variabili reali, e in particolare il Pil, hanno ridotto moltissimo la loro variabilità, tanto che il periodo è stato definito “Great Moderation”.

Come riportato anche sul nostro sito, l’introduzione dell’euro non portò a un aumento dell’inflazione all’inizio del 2002, il periodo nel quale quell’aumento sarebbe stato più probabile. Nei primi sette mesi l’incremento dei prezzi fu inferiore all’anno precedente e solo alla fine del 2002 si registrò una crescita che rimase comunque molto contenuta, tanto da mantenere l’inflazione stabile fino al 2007.

La crisi finanziaria segnò l’inizio della “Great Recession”. In questo periodo si registrò un’iniziale crescita dell’inflazione, seguita da una forte riduzione. L’inflazione si mantenne per diversi anni tendenzialmente stabile, a un livello generalmente molto inferiore all’obiettivo del 2 per cento.

Con l’avvento della pandemia e l’aumento dei prezzi delle materie prime, si osserva ora un’impennata inflazionistica che non sembra essere passeggera. Una dei temi oggi più dibattuti è proprio se la nuova condizione spingerà la Bce a rivedere le sue politiche.

Il futuro dell’euro

Negli ultimi anni, la Bce ha rivisto la sua strategia sull’ obiettivo di inflazione, divenuto simmetrico: se prima l’inflazione doveva mantenersi vicino ma al di sotto del 2 per cento, ora deve rimanere vicino al 2 per cento in media. Nelle decisioni di politica monetaria, la Bce ha anche deciso di incorporare considerazioni legate al cambiamento climatico. Sono due cambiamenti importanti, a cui ne seguiranno sicuramente altri: per esempio, se l’inflazione si manterrà ad alti livelli, potrebbe avvenire il primo aumento dei tassi d’interesse da vari anni a questa parte. E resta aperta la questione di cosa fare dei titoli di debito acquistati tramite i programmi di allentamento quantitativo, una volta che arriveranno a scadenza: il quantitative easing ha notevolmente espanso il bilancio della Bce.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!