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Debito dell’Eurozona: collaborare senza mutualizzare è possibile

Liberare il bilancio della Bce dai titoli pubblici non è urgente, ma istituzionalmente e politicamente necessario. Esistono proposte per la gestione del debito tramite un’Agenzia del debito che non incorrono nel problema della condivisione del rischio.

Ritorno… a cosa?

La fine della fase acuta dell’emergenza pandemica riporta al centro la questione del ritorno alla normalità nella gestione delle finanze pubbliche dei paesi europei. Che ciò sia un bene è fuori dubbio, posto che nessun regime di eccezione può durare oltre l’emergenza. Fra i problemi da affrontare vi è senz’altro quello dello stock di debito accumulato durante la pandemia, che ha indotto la Banca centrale europea a lanciare un rafforzato programma di acquisti di titoli pubblici, il Pepp. La questione è se, come, e con quali ritmi la Bce potrà o dovrà disfarsene.

In un recente articolo, Angelo Baglioni e Massimo Bordignon argomentano a favore di una dismissione lenta del debito detenuto dalla Bce e contro l’ipotesi di un passaggio della “parte pandemica” ad agenzie pubbliche per la gestione. Le agenzie si finanzierebbero sul mercato con titoli propri e con i fondi raccolti acquisirebbero i debiti degli stati. Ma così facendo, argomentano gli autori, introdurrebbero una mutualizzazione dei rischi politicamente improponibile e istituzionalmente impraticabile.

Se è vero che ogni proposta che comporti mutualizzazione è oggi politicamente improponibile, questa non è inevitabile. Baglioni e Bordignon citano due proposte, di Francesco Giavazzi e altri autori (European Debt Management Agency, Edma) e di Stefano Micossi, i cui punti critici ci aiutano a formulare la nostra tesi: la soluzione più efficiente per la gestione dei debiti pubblici dell’Eurozona è un’agenzia del debito non mutualistica. L’agenzia avrebbe l’ulteriore vantaggio di consentire alla Bce di porre fine a politiche non convenzionali che possono giustificarsi solo se temporanee, e di concentrarsi sui suoi compiti statuari.

La Bce non può tenere tutto “in pancia”

È indubbio che la Bce non è obbligata a liberarsi in tempi brevi dallo stock di debito acquistato. Ma impegnarsi a tenerli per sempre crea problemi. In primo luogo, perché finita l’emergenza viene meno la ratio dei programmi; poi, per motivi sostanziali: quei programmi potrebbero influenzare le politiche di bilancio e generare azzardo morale; inoltre, trattenendo debito la Bce rende meno liquido il mercato dei debiti sovrani e impedisce l’emergere di un attivo sicuro di cui tutti (governi e mercati) beneficerebbero. Un Quantitative easing permanente rischierebbe di essere in fine un fattore destabilizzante.

La divisione del lavoro, radice del progresso

Un’agenzia del debito per l’Eurozona che gestisse in modo coordinato il rapporto degli stati membri con i mercati potrebbe essere una soluzione in grado di far fronte a quello che Baglioni e Bordignon indicano come il “peccato originale dell’Eurozona” (una politica monetaria per molte politiche fiscali), e, perché no, di preparare le condizioni per ulteriori integrazioni.

Ovviamente, il modus operandi è di fondamentale importanza. Ci sono due rischi da evitare a ogni costo. Il primo è la mutualizzazione; il secondo, l’“effetto juniority”, è legato a una presa in carico solo parziale dei debiti degli stati membri. La proposta di Giavazzi e dei suoi coautori incorre in entrambi; quella di Micossi solo nel secondo. Detto altrimenti, un’Agenzia europea del debito efficiente e credibile deve essere strettamente non mutualistica e gestire tutto il debito.

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Un’Agenzia non “alla romana”

È vero che in economia “nessun pasto è gratis”. Ma non tutti i modi di pagare sono uguali: quando in pizzeria tu prendi una margherita e io una pizza al tartufo, se “facciamo alla romana” e dividiamo in due il conto, stiamo mutualizzando. Se ognuno si paga la sua pizza, no.

La European Debt Agency, che abbiamo presentato in varie sedi e al cui raffinamento operativo stiamo lavorando con un team allargato di economisti e matematici finanziari, non è mutualistica. La Eda raccoglie fondi liquidi sui mercati emettendo obbligazioni e finanzia gli stati membri con prestiti a scadenza infinita (perpetui); ma la rata annuale del prestito di ogni stato riflette il suo rischio fondamentale, cioè il rischio di insolvenza che corrisponde al possibile deterioramento dei fondamentali su cui si basa la sua economia. In termini tecnici: il costo per ogni stato è una funzione del costo di mercato del portafoglio di emissione dell’Eda, più un costo differenziale che riflette il merito di credito specifico dello stato. In termini più popolari ma più chiari: “meno virtuoso sei, più paghi”: una sorta di bonus-malus del debito pubblico.

Il principio di non mutualizzazione si estende anche al caso dell’eventuale “default” (mancato pagamento di una o più rate) da parte di uno stato. Per farvi fronte, la Eda prevede un capitale di solvibilità, esattamente come nel caso del Mes (Meccanismo europeo di stabilità). La nozione di capitale di assorbimento è in sé “solidaristica” nel senso della responsabilità in solido. Tuttavia, mentre nel caso del Mes il default implica il versamento di nuovo capitale da parte di tutti gli stati sulla base del peso della loro popolazione e del loro Pil, e quindi di fatto una condivisione del rischio, nel caso dell’Eda la costituzione del capitale è gestita attraverso uno schema assicurativo che vede gli stati più rischiosi pagare un premio più elevato, secondo uno schema rigorosamente non mutualistico.

Il default di uno stato è sempre temporaneo: anche la Grecia dopo dieci anni e una dura ristrutturazione si è potuta riaffacciare ai mercati. Ma, come mostreremo in un prossimo lavoro, se si fosse potuto applicare uno schema come quello appena esposto, usando le riserve e il capitale della Eda, il default greco si sarebbe potuto gestire al contempo con maggior rigore e con minor durezza.

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Tutto è meno di poco

La Eda non compra titoli sui mercati: alla scadenza presta agli stati i soldi per il rimborso, filtrando il rischio di rifinanziamento, ma garantendo il rollover, così essenziale anche nel caso del debito della Commissione. Ad andare sul mercato è la Eda, non i suoi clienti. Prevedendo inoltre un piano di ammortamento perpetuo dei prestiti agli stati, la Eda può permettersi di assorbire tutto il debito finora emesso dagli stati, così come quello nuovo degli stati e della Commissione.

Data la struttura delle scadenze dei debiti nazionali, sarebbe quindi possibile anticipare con certezza il ritmo del loro assorbimento nell’Eda. Sarebbe un segnale estremamente rassicurante per i mercati, che potrebbero contare su una quantità crescente di bond non mutualistici e davvero comuni (Eurobond), e che perciò non sarebbero indotti a fare “overshooting” sul debito rimasto fuori e considerato più a rischio. Questo è, infatti, l’“effetto juniority”: se solo una parte del debito è protetta da un’agenzia, allora quello che resta fuori è meno protetto.

Nello schema della Eda, inoltre, la Bce recupererebbe la sua autonomia (un altro punto che dovrebbe essere apprezzato dai paesi detti frugali): liberata dall’incombenza di garantire la sostenibilità del debito, potrebbe decidere della dimensione del suo bilancio esclusivamente in base ai propri obiettivi di politica monetaria. La Bce potrebbe insomma decidere se e quanto in fretta rientrare dal Qe, dichiarando la sua disponibilità ad acquistare i titoli ancora sul mercato e se lo desidera, posto che la loro quantità diminuirebbe nel tempo, sostituendoli con gli Eurobond emessi dalla Eda.

I dettagli sono tutto

La Bce ha salvato l’Eurozona. Ma si tratta di liberarla dal peso di un compito che non le può incombere in modo permanente.

Ci sono buoni motivi per ritenere che un’agenzia del debito sia soluzione superiore a una continuazione della gestione Bce, ma i dettagli del suo modus operandi sono essenziali per renderla politicamente appetibile. Due sono inaggirabili: l’agenzia deve dotarsi di uno schema “bonus-malus” per evitare ogni forma di mutualizzazione, vietata dai trattati; e deve essere in grado di fornire una soluzione integrale e non parziale alla gestione del debito, per evitare instabilità sui mercati. Infine, ma non da ultimo, tutto il debito dell’Eurozona diverrebbe un “safe asset”, i cui benefici sarebbero non solo economici ma anche geopolitici.

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  1. La proposta non mi convince. Almeno una premessa è discutibile: ci sarà pure un’imperfezione dell’€zona, ma essendo intenzionale non è un peccato originale: per rispetto della “sovranità” (residuale) degli SM le politiche fiscali sono nazionali; ogni SM conserva dei margini per determinare la propria politica fiscale, convergendo nel rispetto di vincoli di stabilità, di esigenze di politica sociale e di gestione del proprio debito. L’osannata ulteriore integrazione significa solo che la politica fiscale, ora coordinata, sarà decisa autoritariamente a Bruxelles e non più nelle varie capitali dove i popoli sovrani eleggono i loro parlamenti nazionali e dove si sono accumulati dei debiti per i quali garantiscono in ultima analisi i residenti con il loro patrimonio. La differenza assomiglia all’alternativa fra Green Pass e obbligo vaccinale. Ci sono ragioni sostanziali per non forzare l’integrazione, cioè pagare alla romana. Il safe asset esiste già; purtroppo anche l’azzardo morale; il bonus-malus – oggi molto vantaggioso per SM meno virtuosi – è deciso dal mercato. Come lo fisserebbe l’ipotetica agenzia? Invece di creare meccanismi di gestione comune del debito non è preferibile definire tutti e ognuno politiche fiscali nazionali adeguate, responsabili? Invece di mangiare alcuni due pizze al tartufo a testa buttandone la metà nella pattumiera e poi lasciare il conto in sospeso (sperando che nel futuro sarà pagato in comune), adottiamo prima una dieta più sana e comportamenti più responsabili!

    • Massimo Amato

      Al suo scetticismo non credo che esista risposta che lo scuota. Provo a fare solo un po’ di chiarezza circa le intenzioni di fondo del nostro progetto sul punto specifico da lei sollevato delle cessioni di sovranità compatibili con un’unione monetaria. Lo faccio citandole la chiusura di un altro articolo in produzione:
      “Il est clair que la discussion autour du rôle de la politique budgétaire, du niveau de dette souhaitable, de la destination des ressources, du partage entre dépenses « fédérales » et nationales est une discussion politique ; mais alors, il est impératif qu’elle se déroule au niveau politique des gouvernements élus ainsi que qu’à celui des instances européennes représentatives. L’illusion d’une politique économique purement technocratique est grandement responsable des dysfonctionnements de l’UE par le passé. L’Agence de la Dette ne pourrait pas, et surtout elle ne devrait pas se substituer aux instances démocratiques pour prendre des décisions politiques. Néanmoins, en optimisant le coût du financement de la politique budgétaire et en protégeant la dette des aléas des marchés, elle permettrait de mener la discussion dans un contexte de stabilité et de clarté quant aux coûts et aux bénéfices des choix budgétaires. Ainsi conçue, elle constituerait une avancée importante dans l’évolution de la gouvernance économique européenne.”

      Buona serata

      • Henri Schmit

        Grazie. La mia non è una critica assoluta. Ogni sforzo per limitare le divergenze (e gli spread) fra SM è da sostenere. Aggiungendo però che senza riforme drastiche di politica economica e fiscale (nazionale) i paesi con spread più alti saranno sempre più perdenti e tutti gli sforzi di gestione del debito e degli spread saranno sempre più difficili e rischiosi.

  2. Andrea Zatti

    Mi pare che la vostra proposta rfletta una sitazione in cui al risotrante si paga alla romana, con un soggetto (la EDA) che si impegna a raccolgiere i soldi per saldare il conto. Una certa credibilità in termini di solvibilità è data per il ristortore (nel concreto i mercati che dovranno comprare i titoli) dalla convinzione (più o meno esplicita) che se qualcuno non paga, saranno gli altri a compensare. Ma se è noto in anticipo che non vi è un meccansismo solidaristico e parzialmente mutualistico e il rapporto EDA-commensali è governato da una logica di mercato ‘meno virtuoso sei, più pagi’, cosa cambia rispetto ad una situazione in cui ognuno va a mangiare per conto suo? . Se l’EDA non paga per chi non è in regola perche il ristoratore dovrebbe dargli da magiare la volta successiva? Come può essere un approccio ad debito ‘davvero comune’ e al contempo ‘non mutualistico’?
    In sostanza, si va ad aggiungere un ulteriore attore di non chiara natura istituzionale e non molto differente dal MES, accentuando la complessità della governance economica europea e non semplificandola. Nonostante l’autorevolezza dei proponenti, non mi convince.

    • Massimo Amato

      Domanda: “Come può essere un approccio ad debito ‘davvero comune’ e al contempo ‘non mutualistico’?
      Risposta (peraltro contenuta già nell’articolo, ma sfrondata qui di metafore): “Con un pricing differenziato per rischio di default e una costituzione del capitale di rischio fondata sul medesimo principio”

      • Se non si vuole cancellare il debito pubblico posseduto dalla BCE, si può trasformare il tutto in titoli irredimibili. Si emettono eurobond irredimibili per circa 3.000 miliardi di euro, con la garanzia MES e la BCE non rinnova più i titoli in scadenza.
        Se tra gli stati non vi è fiducia almeno sul pagamento degli interessi di che unione si parla?
        Fare tassi differenti nn risolve il problema, amplifica gli squilibri economici tra i paesi invece che ridurli.

  3. Gillo

    Uscire dall’europa: Costi e Benefici si possono quantificare un volta per tutte?

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