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Svezia, il grande freddo degli affitti

In Svezia la scarsità di abitazioni in affitto rende particolarmente oneroso il costo della casa. Le cause sono da ricercare in un particolare sistema di contrattazione dei canoni. Ma il governo che ha cercato di renderlo più flessibile è caduto.

Un problema diffuso

In Svezia, il presidente del Consiglio si è dovuto dimettere a seguito della bocciatura in parlamento di una proposta per liberalizzare le negoziazioni sulle locazioni. A Berlino il senato della città-Stato deve decidere che risposta dare al referendum che ha approvato la nazionalizzazione dei grandi patrimoni residenziali privati e alla bocciatura, da parte della Corte costituzionale, di una sua legge che congelava per cinque anni i canoni delle case costruite prima del 2014. La direzione di marcia è diversa, ma in entrambi i casi si tratta di fare i conti con mercati segnati da carenza dell’offerta di abitazioni e caro affitti. Abbiamo già esaminato la situazione di Berlino, qui si soffermiamo su quella svedese. 

La situazione in Svezia

I dati Eurostat evidenziano che i due terzi degli svedesi abitano in una casa di proprietà e il restante terzo vive in affitto, in maggioranza in abitazioni di proprietà privata. Le case in cui vive oltre la metà della popolazione sono state acquistate con un mutuo ancora in corso di ammortamento. Si può, pertanto, ritenere che la diffusione della proprietà sia una connotazione del mercato residenziale di più recente formazione. Le famiglie sono incentivate all’acquisto di un’abitazione da un sistema fiscale che consente la detrazione degli interessi sui mutui e tiene basse le tasse sugli immobili. Ma le difficoltà di accedere agli alloggi in affitto, soprattutto nelle città più grandi, possono costringere le famiglie a indebitarsi per diventare proprietarie delle loro case. La carenza di abitazioni in affitto è diffusa in 250 dei 290 comuni svedesi e rende particolarmente oneroso il costo della casa per tutta la popolazione, soprattutto per i meno abbienti. Eurostat stima che per il 41 per cento della popolazione a rischio povertà spenda per l’abitazione almeno due quinti del reddito, una percentuale tra le più elevate dei paesi europei. 

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Naturalmente, la situazione abitativa è più grave nelle principali città, malgrado quote non trascurabili del mercato della locazione siano di proprietà dei comuni (figura 1). Ma la loro offerta è evidentemente insufficiente rispetto alla domanda, e per l’assegnazione di un alloggio pubblico occorre attendere mediamente nove anni, secondo alcune fonti e addirittura trenta, secondo altre.  L’eccesso di domanda di alloggi pubblici si riversa sul mercato privato, accrescendo la carenza dell’offerta e allungando il tempo di ricerca di un alloggio.

L’origine del problema

La ristrettezza del mercato della locazione in Svezia è stata imputata al sistema di determinazione dei canoni. La proposta bocciata dal parlamento svedese prevedeva una flessibilizzazione della loro contrattazione, come richiesto anche dalla Commissione europea, e la riforma avrebbe riguardato solo gli alloggi di nuova costruzione. Con il sistema vigente, gli affitti non sono il risultato di un accordo tra i singoli proprietari e i singoli affittuari, ma sono contrattati collettivamente tra il rappresentante della proprietà e l’associazione degli inquilini. Il canone è determinato in base al “valore d’uso”, che riflette alcune caratteristiche dell’abitazione: superficie, numero di stanze, localizzazione urbana, offerta dei servizi e così via. La maggiore forza negoziale dei sindacati degli inquilini consente di contenere gli affitti di ingresso, rispetto ai livelli che raggiungerebbero se potessero essere contrattati liberamente; i canoni degli eventuali sub affitti invece non sono vincolati. Inoltre, le norme che regolano il rapporto tra il proprietario e l’inquilino sono orientate alla forte tutela di quest’ultimo. 

I critici del sistema ritengono che il dislivello che si crea tra gli affitti contrattati e quelli potenziali di mercato disincentivi gli imprenditori ad accrescere l’offerta con la realizzazione di nuovi alloggi per l’affitto e che sia anche fonte di distorsioni e inefficienze del mercato. La difficoltà di trovare abitazioni a canone contrattato ha come conseguenza il fatto che, accanto a quello primario, si sviluppino due mercati secondari: un mercato del sub-affitto, perfettamente legale, con canoni elevati di cui beneficiano i titolari del contratto di affitto; e un mercato nero, illegale, i cui effetti economici vanno a vantaggio, ovviamente, dei proprietari degli immobili. 

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Secondo il governatore della banca centrale svedese si riproduce così nel mercato della casa quella separazione tra insider e outsider che normalmente sintetizza le disparità che si riscontrano nel mercato del lavoro. In questo caso, gli insider sono gli inquilini che riescono a entrare nel mercato della locazione primaria e beneficiano di canoni che non possono superare gli importi contrattati, mentre gli outsider sono tutti coloro che non riescono a trovare un’abitazione da affittare o che devono rivolgersi ai mercati del sub-affitto e degli affitti in nero. Gli insider non sono necessariamente le famiglie con i redditi più bassi: una ricerca sulla città di Stoccolma rileva anzi che hanno un reddito più alto del 30 per cento rispetto alla media dell’area metropolitana.

Il sistema dei canoni contrattati ha, ovviamente, vari sostenitori, non solo tra i sindacati degli inquilini e tra i partiti, compreso quello di sinistra che ha fatto mancare il suo appoggio al governo presieduto da un socialdemocratico. Alcuni di loro sembrano però aver chiaro che questa modalità di determinazione degli affitti ha funzionato quando c’è stata una massiccia produzione di nuovi alloggi e contemporaneamente sono stati concessi generosi benefici agli inquilini per il pagamento degli affitti: “senza un’ampia offerta e un sostegno finanziario per gli inquilini, il sistema [diventa] vulnerabile”.

Caduto un governo, se ne fa un altro. Ma anche per il nuovo esecutivo non sarà facile trovare una via d’uscita per la crisi della casa.

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Pandora Papers: il vaso è già vuoto

  1. Pietro Della Casa

    La Svezia ha essenzialmente un problema di immigrazione, di cui la carenza di immobili in affitto è in larga misura una conseguenza. Circa il 26% della popolazione è straniera o di origine straniera, nel corso degli anni questo ha creato una sorta di “ghettizzazione naturale” etnica ed economica e sociale al contempo… nessuno ha interesse ad investire in alloggi popolari di cui fruirebbe essenzialmente questa parte della società. Vedere per esempio:
    https://www.fes.de/en/displacement-migration-integration/article-page-flight-migration-integration/wohnungsbau-motor-der-segregation-in-schweden

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