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Immobili: è l’ora dell’affrancamento

Buona parte della ricchezza degli italiani è investita in immobili. Un mercato oggi bloccato. Anche per un fattore di ordine fiscale: chi detiene immobili tramite una società, in caso di vendita, sconta una forte tassazione sulla plusvalenza realizzata. La soluzione è una legge di affrancamento.
IL BLOCCO DEL MERCATO IMMOBILIARE
È un fatto noto che la percentuale della ricchezza totale detenuta sotto forma di immobili e terreni è molto più alta nei paesi dell’Europa del Sud (Austria, Italia, Grecia, Francia e Spagna) rispetto ai paesi del Nord Europa (Danimarca, Svezia, Germania e Olanda) e agli Usa. (1)
All’interno dei singoli paesi, è poi vero che la quota di ricchezza detenuta in forma di attività finanziarie (conti correnti, obbligazioni, azioni, fondi comuni e fondi pensione) cresce con la ricchezza totale dell’individuo e il grado di istruzione.
Bisogna però mettere insieme il dato di fatto strutturale con i fatti del breve periodo, cioè la cosiddetta congiuntura: per una serie di motivi – che vanno dall’aumento dell’incertezza economica e politica (si veda una stima della dinamica dell’incertezza qui), alla difficoltà di ottenere mutui bancari e all’inasprimento della tassazione patrimoniale (Imu) – accade che il mercato immobiliare sia sostanzialmente bloccato: i prezzi scendono ma non abbastanza, mentre cala drasticamente il numero delle compravendite.
Un ruolo importante in questo stallo è sicuramente giocato da un fattore psicologico di “avversione alle perdite” (loss aversion): i potenziali venditori trovano alquanto fastidioso realizzare un prezzo che è sensibilmente inferiore a quello che hanno pagato (o avrebbero potuto ottenere) nel biennio 2007-2008, cioè nel momento in cui i prezzi degli immobili raggiunsero un picco. Il comportamento di avversione alle perdite non è del tutto razionale, perché si guarda al passato dei prezzi, invece di guardare al futuro e individuare investimenti che hanno rendimenti migliori a parità di rischio.
LA TASSAZIONE DELLE PLUSVALENZE
Accanto a questo fattore psicologico – su cui può intervenire soltanto l’educazione finanziaria – vi è anche un elemento fiscale importante, che è stato sostanzialmente trascurato nel dibattito politico, ma che è nella testa degli addetti ai lavori: la tassazione sulle plusvalenze patrimoniali realizzate nel caso di immobili detenuti da società di capitali. È un dato di fatto che gli italiani ricchi e abbienti spesso detengano immobili messi a reddito (cioè affittati) attraverso società, invece che direttamente: tali patrimoni immobiliari sono sovente gestiti con mentalità da cassettista, cioè con il fine di conservare il capitale e ottenere reddito senza effettuare molte movimentazioni.
Possiamo discutere quanto vogliamo sull’ottimalità di questa strategia di gestione del risparmio, rispetto a scelte più orientate agli investimenti finanziari, ma si dà il caso che la stessa strategia sia molto meno conveniente oggi, dopo l’introduzione dell’Imu sperimentale, la quale è particolarmente pesante sulle seconde case e in particolare sugli immobili affittati, in quanto non assorbe la tassazione reddituale.
La risposta razionale all’inasprimento fiscale dovrebbe consistere nel fenomeno generalizzato per cui alcuni si sposteranno su altre forme di investimento, contribuendo all’abbassamento delle quotazioni immobiliari: ciò porta a sua volta al riequilibrio dei rendimenti futuri, poiché – a parità di affitti – i nuovi acquirenti beneficiano di un prezzo più basso.
Chi detiene gli immobili con mentalità da cassettista probabilmente non ha mai, o quasi mai, rivalutato il costo storico degli immobili: per quale ragione farlo se il piano a lungo termine consiste nel mantenere gli immobili, anche per ragioni affettive, e affittarli?
Basta parlare con un commercialista avveduto per avere un’idea della situazione attuale: molti proprietari che detengono i beni attraverso una società di capitali pur avendo voglia di vendere non lo fanno, esattamente per evitare un’imposta sulla plusvalenza realizzata, che è ritenuta – a torto o a ragione – eccessiva. Questo comportamento, già analizzato da Joseph Stiglitz negli anni Ottanta, è una perdita per tutti: la minaccia di pagare un’imposta punitiva sulla plusvalenza ingessa ulteriormente il mercato immobiliare, mentre l’erario incassa poco o nulla, in quanto la tassazione è sulle plusvalenze realizzate, non su quelle maturate. (2)
Una sola la soluzione: è urgente che il parlamento voti una legge di affrancamento, che permetta -attraverso il pagamento con aliquote sostitutive sensate – di adeguare i valori contabili di immobili e terreni ai valori di mercato: in questo modo lo Stato incassa, e viene meno uno dei fattori che bloccano il mercato immobiliare. (3)
Sappiamo tutti che la politica italiana è bloccata nel suo normale funzionamento per lo stallo creatosi dopo le elezioni di febbraio: se non si sblocca la politica, contribuendo alla diminuzione dell’incertezza generale, che almeno si sblocchino in maniera intelligente le politiche.
(1) Dimitrios Christelis, Tullio Jappelli e Mario Padula [2005]. “Wealth and Portfolio Composition in SHARE – The Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe”, CSEF Working Paper n.ro 132, disponibile qui http://www.csef.it/WP/wp132.pdf
(2) Joseph E. Stiglitz [1983]. “Some aspects of the taxation of capital gains”, Journal of Public Economics 21(2): 257-294.
(3) Si noti anche che nel luglio 2011 il governo Berlusconi ha introdotto una tassazione reddituale aggiuntiva sui beni (ad esempio immobili) dati in godimento ai soci, parametrata su quanto si ricaverebbe dall’affitto di un bene consimile. È evidente come per questi beni l’intestazione in capo a una società viene penalizzata fortemente, ma non è stata prevista una norma transitoria che permetta l’assegnazione ai soci senza il pagamento dell’imposta piena sulla plusvalenza realizzata.

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  1. FILIPPO

    Concordo, qualsiasi maniera utile a far scendere i prezzi degli immobili è puro ossigeno per l’economia.

  2. Ivan Berton

    Filippo ti do ragione, però mettiti nei panni di chi come me ha comprato l’immobile nel periodo 2006/2008, che sta pagando un mutuo che è più alto del valore dell’immobile in questo momento sul mercato, che non può cambiare mutuo dato che i tassi sono alle stelle, tu che faresti ?
    Io non sono una banca che con un pò di giochetti contabili rigira le perdite agli altri , e al massimo se fa buchi giganti interviene lo stato che siamo noi ( vedi MPS ).
    Qui si tratta di, o perdere subito il 20% del valore della casa ( scusa ma parliamo di 20/30000€ ), oppure continuare a sperare che almeno le quotazioni ritornino a quando è stata comprata, almeno nessuno ci guadagna ma nemmeno ci perde.
    Le banche non devono perderci i privati si ?

    • Licurgo Fava

      Ivan sei anche tu vittima della assurda fissazione per il mattone degli italiani. Gli immobili nel periodo 2006-2008 sono stati venduti a prezzi folli, completamente ingiustificati. Il valore della tua casa non tornera’ mai a quei prezzi, o vendi ad un prezzo inferiore oppure te la tieni. Se intendi vendere ti conviene farlo il prima possibile, perche’ i prezzi delle case nei prossimi anni continueranno a scendere ed anche di parecchio.

  3. Articolo su un tema molto interessante e sinora trascurato anche dai vari governi. In Germania sostengono che la ricchezza media familiare italiana è superiore a quella tedesca. Lasciano quindi comprendere di essere favorevoli ad una tassazione più alta dei patrimoni familiari italiani per ridurre il Deb/PIL. Ma nei patrimoni italiani la parte importante è quella immobiliare dove i prezzi sono mediamente superiori a quelli della Germania. Un appartamento a Roma ha un prezzo al mq pari ad almeno 3 volte quello di un appartamento di medesimo livello a Berlino. Ma una famiglia romana con lavoro a Roma non può vendere e trasferirsi a Berlino. La causa dei prezzi alti in Italia deriva anche dai patrimoni immobiliari ingessati perché intestati a soc. a valori pre-inflazione che in caso di vendita implicherebbero imposte elevatissime con effetti espropriativi. Il prossimo governo potrebbe sbloccare questi beni e incassare imposte consentendo rivalutazioni e agevolando in qualche modo cessioni di immobili o scioglimenti di società con attribuzione degli immobili alle persone fisiche dei soci.

  4. Giuseppe

    Mi ritrovo ad avere ereditato società con immobili acquisiti negli anni 80 , volendo vendere , straconvinto che il deprezzamento immobiliare
    in Italia pùo solo progredire , anche per un semplice fattore demografico,
    MI ritrovo a dover pagare 4 tasse a cascata è tutte molto pesanti che , contialla mano superano il 50% del valore di quello che dimetterò, che fa due
    passaggi (uno è all’assegnazione ai soci, dal quale non si muove un euro) dato che vendere da società è quasi impossibile,quindi da società ai
    soci e poi all’acquirente
    Ires Plusvalenza società : 27,50 % +
    Irpef socio plusvalenza sulle quote : 33,33% +
    Registro e catastali : 4% +
    irpef su eventuale ultima plusvalenza 33.33%
    Chiaramente per il fisco i valori di riferimento sono quelli OMI attualmente superiori alle offerte che stiamo ricevendo.
    DI contro mia moglie ha ereditato una prima casa prontamente venduta ,(siamo emigrati), ed ha pagato zero sulla plusvalenza!
    DI sicuro c’è che emigreranno anche i mie di soldi…..

  5. felice goldsmith

    Professore,
    l’ultima rivalutazione/affrancamento degli immobili risale al 2008 e in fase di redazione dei bilanci ci si pone il problema in merito all’adeguatezza del valore e non il contrario. Ovviamente mi riferisco a coloro che hanno aderito alla legge.
    Con l’attuale stretta in tema di società di comodo mi chiedo se invece sia opportuno approvare una nuova norma in tema di scigliomento agevolato per le immobiliari di gestione.
    Se venissero approvate aliquote appettibili dal mio punto di vista molti preferirebbero sciogliere questi contenitori e il problema delle plusvalenze verrebbe risolto alla radice considerato che ai fini irpef non si realizza plusvalenza dopo 5 anni dell’acquisto.

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