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Dov’è il valore dei fattori Esg

I fattori Esg sono diventati un tema centrale nelle decisioni degli investitori istituzionali. Al di là del rischio di greenwashing, è essenziale assicurare informazioni trasparenti basate su indici affidabili. E un impegno autentico sulla sostenibilità.  

Un acronimo che “non ha più bisogno di essere spiegato”

In un recente intervento, la Securities and Exchange Commission statunitense ha utilizzato un’evidenza empirica per segnalare l’importanza che i fattori Esg (environmental, social and governance) hanno acquisito per emittenti e investitori. Sino a qualche anno fa quasi esoterico e ignoto al di là di una ristretta cerchia di addetti ai lavori, oggi l’acronimo Esg “non ha più bisogno di essere spiegato”. E in effetti, i fattori Esg sono progressivamente divenuti un tema centrale nell’agenda dei consigli di amministrazione delle grandi imprese e dei comitati di investimento degli investitori istituzionali. Negli ultimi anni, l’accelerazione degli investimenti Esg è stata bruciante.

Alla fine del 2020, la massa gestita da fondi di investimento Esg ha raggiunto un controvalore di 1,7 trilioni di dollari, in esponenziale aumento rispetto a pochi anni fa e pare destinata a crescere. È notizia dell’8 aprile il lancio di un Etf (Exchange traded fund) con focus Esg (in particolare, sulla transizione a un’economia a basse emissioni) che ha raccolto 1,25 miliardi di euro, il ticket più grande mai raccolto da qualunque Etf nella storia, ormai trentennale, dell’industria. Uno studio di PWC stima che entro il 2025, gli attivi Esg rappresenteranno la maggioranza degli investimenti complessivi dei mutual fund europei, per un valore tra i 5,5 e i 7,6 trilioni di euro.

Un radicale cambiamento di prospettiva

L’idea che l’impresa contribuisca al benessere collettivo ed esprima una responsabilità sociale (corporate social responsibility) promuovendo pratiche orientate da canoni di sostenibilità non è certo nuova. Quella che pare essere cambiata è la prospettiva con cui il mercato guarda alla relazione tra sostenibilità e processo di creazione di valore: se prima era letta in chiave di mera accessorietà o ancillarità, è adesso considerata organica. Emerge dunque la consapevolezza che i fattori Esg incidano sul valore finanziario di un investimento nel lungo periodo, il che porta a concludere – nelle parole dell’amministratore delegato di State Street Global Advisors, uno dei più grandi asset manager al mondo – che i fattori Esg sono “una questione di valore, non di valori”.

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Posta in questi termini la relazione tra Esg e valore finanziario, si tratta, dunque, di integrare i fattori Esg nei processi e nelle decisioni di investimento. Ciò è particolarmente evidente per i temi climatici (la E del framework Esg): secondo Larry Fink, l’amministratore delegato di BlackRock, “rischio climatico significa rischio d’investimento”. Questa posizione è condivisa da molti grandi investitori istituzionali, che hanno aderito all’impegno di raggiungere entro il 2050 la soglia di zero emissioni nette per l’intero portafoglio in gestione, obiettivo che, sempre secondo Fink, avrà quale conseguenza una significativa riallocazione del capitale e, in ultima istanza, una “completa trasformazione della finanza”.

Lungo la stessa direttrice si muove anche, tra le altre, la Banca centrale europea, la quale ha annunciato l’avvio di programmi di stress testing del rischio climatico delle banche e ha pubblicato nel novembre 2020 una guida che esprime l’aspettativa che la sostenibilità climatica sia pienamente integrata in ogni fase del processo di credito. Ma, più in generale, è l’intero framework Esg ad aver acquisito la dimensione di elemento centrale ai fini del modello di creazione di valore, anche sulla spinta di dati – sebbene non conclusivi – che mostrerebbero una correlazione positiva tra sostenibilità e performance degli investimenti. Le imprese con un profilo Esg maturo beneficerebbero, dunque, di un premio di sostenibilità, che si manifesterebbe a una pluralità di livelli, tra i quali una maggiore profittabilità a lungo termine e una più efficace mitigazione dei rischi.

Un segnale di autenticità

Dal modello di piena integrazione di fattori di sostenibilità nei processi di investimento discende la necessità di fornire agli investitori un quadro informativo completo e trasparente e indici di misurazione affidabili e omogenei. Il greenwashing, cioè l’affermazione di risultati e obiettivi di sostenibilità non corroborata da elementi concreti e da un impegno genuino, potrebbe ostacolare una piena maturazione del mercato.

Le istituzioni europee hanno adottato un blocco di regole (il regolamento Sfdr-Sustainable Finance Disclosure Regulation, la Taxonomy Regulation e il regolamento Low carbon benchmark) in materia di finanza sostenibile e fondato su tre iniziative legislative volte a identificare criteri uniformi di classificazione di attività “ecosostenibili” e indici di riferimento climatici, dentro una cornice di obblighi armonizzati di informativa e trasparenza.

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Resta fondamentale per l’industria finanziaria dare un segnale di autenticità del proprio impegno verso la sostenibilità. Pur di fronte a una crescita marcata degli investimenti Esg e a dichiarazioni pubbliche di impegno, il quadro che emerge dal mercato, infatti, è un chiaroscuro. In un recente articolo, l’ex responsabile degli investimenti sostenibili di BlackRock ha scritto che la finanza starebbe “ingannando” gli investitori con promesse ipocrite che sarebbero poco più che manovre di pubbliche relazioni e strategie di marketing.

E PRI – un’organizzazione legata alle Nazioni Unite che promuove principi di investimento responsabili, a cui aderiscono più di 3 mila investitori che gestiscono complessivamente circa 105 trilioni di dollari – ha annunciato di valutare requisiti specifici di voto e di engagement per gli aderenti, in risposta a dati secondo cui solo una minoranza di essi eserciterebbe il proprio diritto di voto nelle assemblee delle società di portafoglio in modo coerente ai principi di sostenibilità alla base del manifesto dell’organizzazione.

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  1. zipperle

    “L’idea che l’impresa contribuisca al benessere collettivo ed esprima una responsabilità sociale (corporate social responsibility) promuovendo pratiche orientate da canoni di sostenibilità non è certo nuova.”
    Infatti, 15 anni fa si parlava di Social Responsible Investing (SRI) e tutto si è sgonfiato appena un investitore confrontava attivi SRI con un benchmark tradizionale.
    “Quella che pare essere cambiata è la prospettiva con cui il mercato guarda alla relazione tra sostenibilità e processo di creazione di valore: se prima era letta in chiave di mera accessorietà o ancillarità, è adesso considerata organica.”
    Questa volta in Europa c’è il Regolamento SFDR che obbliga ad essere trasparenti sugli investimenti sostenibili e sui rischi specifici, da cui l’ “organicità”.
    E’ probabile che l’inquinamento (ma anche le prassi sottostanti la sigla SG) sia un’esternalità negativa della crescita e in alcuni casi un fallimento del mercato: quindi l’unico modo di orientare gli investimenti verso obiettivi ESG è introdurre vincoli di legge

    • Simone

      Allora come si spiegano gli investimenti in Cina alla luce di questa sensibile verso le tematiche ESG. Faccia alzare i tassi d’interesse e vediamo se la bassa marea continuerà a bagnare l’ESG

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