Introdotta per offrire una formazione a chi non può frequentare le aule universitarie, la Dad diventa sempre più uno strumento di qualità, inclusivo e sostenibile. Le risorse del Recovery plan possono aiutare a superare i ritardi dei nostri atenei.
Didattica a distanza, un’esperienza positiva
Dai primi di marzo 2020 si sono succeduti numerosi Dpcm volti a contenere la diffusione del Covid-19. I primi provvedimenti hanno comportato, tra le altre limitazioni, il fermo generalizzato dell’erogazione della didattica e dell’espletamento di esami e sedute di laurea in presenza in tutti gli atenei del nostro paese.
Fatta eccezione per alcune esperienze che hanno anticipato il futuro, per la maggior parte di docenti e studenti il lockdown ha rappresentato il primo incontro con la didattica a distanza (Dad). Poiché il virus non ha mai smesso di circolare, la ripresa autunnale dell’anno accademico ha coinciso con la necessità di adottare nuove misure di contenimento. Diversamente dalla primavera scorsa, tuttavia, è stata evitata la chiusura generale e numerose università hanno scelto una didattica mista, mentre altre hanno optato per la sola modalità a distanza.
Tutto questo suggerisce che la Dad sia “qui per restare” anche nelle università italiane: dopo averla largamente utilizzata per mesi, imponendo uno sforzo organizzativo e di progettazione didattica considerevole a docenti e studenti, è difficile immaginare che, a epidemia sconfitta, si torni a insegnare esclusivamente in presenza.
Le prime indagini sull’esperienza della Dad da parte di docenti e ricercatori restituiscono un giudizio nel complesso positivo, anche se coloro che la adotterebbero in modo permanente in sostituzione della didattica in presenza rappresentano una esigua minoranza.
Il ritardo italiano
Tra gli esiti inattesi della pandemia c’è senza dubbio anche l’aver riportato la formazione al centro del dibattito pubblico, mettendo in luce l’obsolescenza dei metodi di insegnamento dei docenti e la loro quasi totale estraneità alle piattaforme tecnologiche utilizzate per la Dad. È evidente come l’Italia stia scontando un notevole ritardo sul fronte dell’e-learning. Eppure, eravamo partiti per tempo e con il piede giusto. Già trent’anni fa, infatti, il legislatore aveva previsto “il sostegno finanziario a iniziative di istruzione universitaria a distanza attuate dalle università anche in forma consortile con il concorso di altri enti pubblici e privati, nonché a programmi e a strutture nazionali di ricerca relativi al medesimo settore”.
A partire dai primi anni Duemila, però, da noi l’e-learning è stato confinato sdegnosamente nelle università telematiche, e la distanza tra l’Italia e gli altri paesi, specie quelli anglosassoni, ha iniziato ad allargarsi. All’inizio della pandemia il nostro paese ha sperimentato prevalentemente una Dad di emergenza, mentre negli Usa, già dalla primavera scorsa, alcuni atenei hanno cominciato a elaborare piani molto flessibili per favorire lo svolgimento delle lezioni che si sarebbero tenute interamente a distanza nell’autunno successivo.
Nonostante le difficoltà emerse in questo periodo e quelle che ancora si manifesteranno, i fruitori della Dad sembrano essere in numero crescente ovunque nel mondo. Nata per offrire una formazione a coloro che sono impossibilitati a frequentare le aule universitarie, la Dad sta diventando sempre più uno strumento di formazione di qualità, inclusivo e sostenibile. Da noi, i vantaggi offerti dalla Dad potrebbero aver contribuito all’aumento degli iscritti alle università tradizionali (U) per l’anno accademico in corso (2020/2021), come riportato nel grafico, rispetto agli anni precedenti (2018/2019-2019/2020) e alla tendenza opposta sperimentata dalle università telematiche (UT); per i politecnici (P) si osserva invece una lieve flessione.
Un sostegno dal Recovery plan
L’innovazione didattica non può essere portata avanti senza un piano complessivo per lo sviluppo digitale che riguardi tanto la formazione dei docenti quanto le infrastrutture tecnologiche delle università. Per quanto riguarda il primo punto, le potenzialità della Dad andrebbero esplorate oltre l’emergenza, permettendo ai docenti di familiarizzare, tra gli altri, con il metodo della flipped classroom, caratterizzato dall’alternanza tra apprendimento autonomo, con l’e-learning fuori dall’aula universitaria, e didattica in presenza più orientata all’approfondimento.
Il secondo punto rientra pienamente nella trasformazione digitale che costituisce uno dei pilastri del Next Generation EU. Sono davvero tanti i progetti che potrebbero venire finanziati con il Recovery plan e che non richiedono nemmeno stanziamenti particolarmente ingenti di risorse. A partire dalla realizzazione di piattaforme di e-learning anche pubbliche, dallo sviluppo di network digitali per la condivisione di buone pratiche sperimentate finora dagli atenei o su indicazione del ministero dell’Università e ricerca, dagli incentivi agli atenei tradizionali per adottare piattaforme di Dad di ultima generazione che consentano ai docenti e studenti di partecipare a lezioni quanto più possibile interattive, per finire con l’acquisto agevolato di dispositivi elettronici per connettersi a chi ancora non ne dispone, e con l’individuazione su tutto il territorio nazionale di aree riservate agli studenti in distant learning, per ovviare alla mancanza di spazi domestici adeguati a seguire le lezioni, garantendo un minimo di socialità in sicurezza.
Questi interventi consentirebbero di consolidare gli sforzi fatti finora e di recuperare in poco tempo il ritardo dell’Italia sul fronte della Dad. Quella che per molti negli ultimi mesi è sembrata una sfida fin troppo ardua diventerebbe così una eccezionale opportunità per lo sviluppo di una formazione inclusiva, innovativa e di qualità.
Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.
11 Commenti