Lo stato stanzia ingenti risorse per dare liquidità al sistema produttivo, ma continua a non pagare i propri debiti verso le imprese. Per spingere le amministrazioni a tenere comportamenti corretti, si dovrebbero prevedere sanzioni e penalizzazioni.

Liquidità garantita, ma a debito

In una fase di grave emergenza finanziaria, con il sistema produttivo che soffre di una drammatica carenza di liquidità, la spesa pubblica può rappresentare un efficace volano per l’economia.

Tuttavia, i provvedimenti adottati nei mesi scorsi per stimolare la rapida ed efficace erogazione delle risorse pubbliche (come, ad esempio, i cosiddetti decreti “rilancio” e “semplificazioni”) non sono riusciti a risolvere la grave insolvenza delle pubbliche amministrazioni che, a causa dei ritardi nei pagamenti dei beni e servizi acquistati, hanno accumulato debiti nei confronti delle imprese per oltre 30 miliardi di euro.

Il governo nazionale e quelli regionali hanno adottato diverse misure per fornire liquidità alle attività produttive, per lo più attraverso agevolazioni per l’accesso al credito bancario, contributi, agevolazioni fiscali e contributive: si tratta però di soluzioni che attenuano gli effetti della pandemia, ma non risolvono quelli dell’insolvenza delle pubbliche amministrazioni.

Le agevolazioni per l’accesso al credito bancario, ad esempio, dotano di una liquidità che deriva da indebitamento. In altre parole, le aziende che hanno procurato beni e servizi alle pubbliche amministrazioni senza riceve i pagamenti dovuti, sono costrette a indebitarsi per ottenere le risorse necessaria a finanziare le proprie attività (ad esempio, pagare dipendenti e fornitori). Invece, se riuscissero a incassare i crediti nei confronti degli enti pubblici, potrebbero disporre di risorse proprie, a costo zero.

Le altre misure finanziarie adottate in questi mesi (sospensione di adempimenti, contributi, agevolazioni fiscali e contributive) danno risorse finalizzate a compensare una parte dei costi aggiuntivi e della riduzione di entrate prodotte dagli effetti, diretti e indiretti, della pandemia, ma non retribuiscono gli oneri sostenuti dalle imprese per fornire beni e servizi alla Pa.

Le imprese creditrici della Pa si trovano, infatti, in una situazione più difficile delle altre perché, oltre alla riduzione delle entrate e della liquidità prodotte dalla crisi, devono affrontare la difficoltà a recuperare le risorse investite e far fronte ai debiti contratti per acquistare i beni e finanziare i servizi forniti alle amministrazioni pubbliche.

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In ogni caso, appare paradossale che lo stato stanzi ingenti risorse per dare liquidità al sistema produttivo, ma non paghi i propri debiti vero le imprese. Oltretutto, gli enti pubblici potrebbero adempiere in larga misura con somme già stanziate o accantonate in bilancio. Le regole di contabilità, infatti, consentono ad amministrazioni, enti e società pubbliche di programmare spese soltanto se risultano stanziate in bilancio le risorse necessarie ad assicurarne la copertura (a eccezione dei debiti fuori bilancio). Sicché i debiti commerciali delle Pa originano dalle difficoltà di applicazione delle regole contabili o dalla loro violazione.

Le anticipazioni: una buona idea

Per far fronte alla drammatica situazione i decreti sblocca-debiti di maggio e agosto hanno garantito alle amministrazioni pubbliche morose anticipazioni di liquidità per circa 12 miliardi, da destinare al pagamento dei debiti verso le imprese.

Si tratta di uno strumento potenzialmente efficace, perché in grado di fornire risorse in tempi molto rapidi, ma l’attivazione è stata subordinata alla discrezionalità delle amministrazioni debitrici, che hanno richiesto meno di due miliardi, sufficienti per il pagamento di circa il 10 per cento delle fatture.

Il timore di incorrere in responsabilità per violazione delle complesse e numerose regole procedurali, l’alluvionale disciplina anti-Covid che ha introdotto una innumerevole mole di norme e adempimenti a carico delle amministrazioni pubbliche, le difficoltà organizzative connesse alla gestione dello smartworking e delle procedure di sicurezza sul lavoro, l’assenza di sanzioni o penalizzazioni per il prolungato inadempimento delle obbligazioni verso le imprese e per la mancata adesione alle anticipazioni di liquidità spiegano la scarsa adesione degli enti morosi a uno strumento che avrebbe consentito loro di ripianare i debiti e fornire un consistente aiuto ai sistema produttivi territoriali senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

L’accumulo di debiti verso le imprese causato da cronici ritardi nei pagamenti costituisce una grave violazione di precise disposizioni normative europee e nazionali. Dunque, per farvi fronte si potrebbero prevedere sanzioni e penalizzazioni a carico delle amministrazioni inadempienti, sotto forma di riduzione delle risorse di loro competenza o della libertà di spesa.

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Il taglio di risorse alle amministrazioni inefficienti è uno strumento già sperimentato dallo stato, che ha superato il vaglio di legittimità costituzionale, a condizione che non pregiudichi il finanziamento di prestazioni essenziali. Mentre il restringimento dell’autonomia gestionale è previsto dalla legge di bilancio 2019, che riduce il budget di spesa corrente degli enti in ritardo con i pagamenti perché impone loro di accantonare una quota di risorse proporzionale all’importo dei debiti accumulati. In questo modo, gli enti debitori sono costretti a rinunciare a una parte delle proprie spese (non essenziali) per destinarle al pagamento dei debiti verso le imprese. L’attivazione del meccanismo, però, è stata per il momento congelata.

Superati i principali ostacoli al proficuo utilizzo delle anticipazioni di liquidità, per ampliare il perimetro e l’importo delle risorse fornite dallo stato, le regioni potrebbero attivare loro anticipazioni, parallele a quella prevista dalla legge statale, che riguardino in particolare gli enti in condizioni finanziarie critiche e consentano di incrementare l’importo delle risorse erogabili.

Per prevenire l’insorgere di nuovi debiti si potrebbe poi perfezionare la disciplina della compensazione e introdurre misure efficaci di buona gestione finanziaria, come controlli effettivi sul rispetto delle regole contabili, standard efficienti di organizzazione dei servizi e delle procedure di riscossione delle entrate, concreta attuazione delle regole sulla spending review e sulla performance dei dipendenti, premi alle amministrazioni virtuose e sanzioni a carico di quelle che spendono male e non incassano il dovuto.

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