Con la crisi causata dalla pandemia, torna in auge la proposta di cancellare il debito contratto per far fronte all’emergenza. Un’espressione vuota che nasconde un’idea distorta del ruolo della Bce. Con il rischio che i costi superino i benefici.
Il ruolo della Bce
La crisi conseguente al Covid sta generando forti incrementi del debito pubblico in diversi paesi europei. Nelle cronache recenti alcuni membri delle istituzioni italiane ed europee sono tornati ad aleggiare soluzioni estreme per affrontare il problema del debito, spingendosi a suggerire che l’Europa dovrebbe farsi carico della cancellazione tout court del debito da Covid. In che senso è possibile anche solo concepire la cancellazione del debito? Quali conseguenze potrebbe portare? Vediamo alcuni punti essenziali.
Il concetto di “cancellazione del debito” è del tutto vuoto. Sarebbe come dire “biodegradare” il debito. Del tutto privo di significato se non se ne illustrano i meccanismi e le procedure. Esistono in realtà strategie cosiddette “non ortodosse” per normalizzare il livello del debito: (i) ridefinizione dei contratti, cioè un default controllato; (ii) imposizione di tasse sulla ricchezza, cioè tasse patrimoniali; (iii) repressione finanziaria, cioè un default mascherato. L’unica possibilità esistente dunque è il default o la ristrutturazione del debito, che altro non è che un default parziale.
È verosimile che per cancellazione qualcuno intenda “monetizzazione” del debito. L’idea sarebbe probabilmente che la Bce acquisti tutto (o parte) del debito esistente (per esempio quello italiano) e di nuova emissione. Ma per fare cosa? Come minimo per tenere questi titoli fino a scadenza, senza rivenderli sul mercato. Niente a che vedere però con la “cancellazione” del debito. Alternativamente, nella mente dei “cancellazionisti”, la Bce potrebbe ristrutturare i titoli di stato che detiene. Per esempio trasformandoli da titoli a 20 anni in titoli a scadenza infinita. Ma non potrebbe essere una decisione che la Bce prende unilateralmente. Dovrebbe contrattare la cosa con ciascun stato debitore.
In entrambi i casi, però, il punto centrale è che la Bce subirebbe una perdita di bilancio. I titoli di stato che la Bce detiene sono infatti una attività nel bilancio della banca centrale. Se a questi titoli venisse semplicemente allungata la scadenza (per non dire altro) la Bce subirebbe una perdita di bilancio. Le perdite di bilancio della Bce non sono neutrali. Semplicemente implicano a valle meno profitti redistribuiti alle banche centrali nazionali dell’Eurozona, e a loro volta ai governi. Benché non sia chiaro come ciò potrebbe attuarsi in pratica, se di colpo tutti i titoli di stato italiani detenuti dalla Bce venissero “cancellati” la Bce vedrebbe realizzata una enorme perdita dal lato delle attività. Il che altro non sarebbe che una partita di giro, perché i governi della zona euro a loro volta subirebbero ingenti perdite.
I rischi per l’Eurozona
È possibile a questo punto che qualcuno obietti: che importa se la Bce soffre una perdita di bilancio? Può stampare moneta con un click, e ripianare la perdita. Peccato che “stampare moneta” per la Bce non significhi creare maggiori attività di bilancio, bensì l’opposto, dato che la moneta (circolante e depositi) costituisce una passività nel bilancio di qualsiasi banca centrale. La Bce non potrebbe allora semplicemente proseguire con le perdite dal lato delle attività? Che cosa succederebbe in tal caso? Succederebbe che la Bce smetterebbe di essere una banca centrale. Per una banca centrale controllare la quantità di moneta (il suo mestiere) consiste nel comprare e vendere titoli (principalmente di stato). Quando la banca centrale acquista titoli, espande la quantità di moneta (emette riserve in favore delle banche); quando la banca centrale vende titoli, la banca stessa induce una contrazione nella quantità di moneta. Se la Bce generasse un enorme buco di bilancio dal lato delle attività (perché, per ipotesi, i titoli di stato italiani sono stati “cancellati”) come farebbe, per esempio, a ritirare moneta dal mercato, che è ciò che tipicamente una banca centrale fa quando vuole contenere l’ascesa dell’inflazione?
Posto che una banca centrale non potrebbe funzionare con persistenti perdite di bilancio (perché non avrebbe titoli sufficienti dal lato delle attività per condurre le proprie operazioni di mercato aperto), non potrebbe la Bce semplicemente “ristrutturare” il debito una tantum, e poi tornare alla normale gestione del bilancio? Tutto è possibile (pur tralasciando i divieti imposti dai trattati europei), basta che se ne comprendano e se ne dichiarino i costi. E in questo caso i costi sarebbero a dir poco ingenti, e di due tipi. Innanzitutto, per ritornare alla normale gestione del proprio bilancio, la Bce dovrebbe essere ricapitalizzata, con costi enormi per i governi della zona Euro a scapito di utilizzi ben più funzionali. In secondo luogo, l’Europa dovrebbe dire addio all’indipendenza e credibilità della propria banca centrale, un bene pubblico fondamentale la cui importanza non è mai abbastanza sottolineata.
Se cancellare il debito è un “non datur” dal punto di vista logico ed economico, sarebbe importante che chi evoca soluzioni così drastiche chiarisse in modo inequivocabile procedure e meccanismi. È solo da un dizionario corretto che una strategia del genere emergerebbe in tutti i suoi costi (ingenti) e benefici (del tutto incerti).
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