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Le Autorità di regolazione si meritano vertici migliori

Le recenti nomine al vertice dell’Autorità di regolazione dei trasporti sono state decisamente discutibili. Non è un fatto isolato, anzi si colloca in una linea di progressivo peggioramento qualitativo. Come migliorare il processo di nomina?

Nomine discutibili

Le Autorità indipendenti di regolazione (Air) possono svolgere un ruolo molto importante all’interno del sistema di pesi e contrappesi che sostiene il processo democratico. Per farlo, devono però essere organizzate adeguatamente, a partire dai vertici che le guidano. Da questo punto di vista, la tradizione italiana non è esaltante.

Le ultime nomine effettuate dal governo e dal parlamento per l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) e l’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) sono state molto discutibili. Delle prime, avvenute nel luglio scorso, ci siamo occupati in un articolo su lavoce.info, rilevandone sostanziali difetti dal punto di vista sia dell’indipendenza sia della competenza richieste per ricoprire gli incarichi; delle seconde, più recenti, ci sembra di poter dire che replicano gli stessi difetti, forse aggiungendone uno ulteriore.

Si vorrebbe che le nomine si caratterizzassero per un’apertura nazionale, nel decision-making e nel risultato. Due delle tre nomine effettuate all’Art hanno invece una connotazione regionale e paiono riportabili, del resto, a influenze ugualmente regionali (precisamente, liguri: per una maggiore visibilità acquisita da esponenti politici locali dopo il crollo del viadotto genovese?)

Le circostanze determinanti

La principale determinante dei difetti delle nomine è da vedersi nella disfunzionalità dei retrostanti processi di decisione politica. Sono processi generalmente poco trasparenti che, per quanto è dato di intendere dai resoconti sui mezzi di informazione, si basano fondamentalmente su accordi di vertice tra partiti e conseguenti spartizioni. E d’altra parte, se si esaminano le nomine che sono state effettuate nella storia delle tre Autorità italiane (Agcom, Art e Arera) emergono due aspetti di grande e preoccupante rilievo: dal punto di vista dell’indipendenza, perché vi hanno sempre avuto molto peso figure che avevano posizioni e, spesso, trascorsi professionali caratterizzati da una forte vicinanza – e in qualche caso appartenenza – al potere politico; e da quello della competenza, per la scarsa presenza delle figure professionali che parrebbero essere le più adatte a entrare nei vertici di una Air: consulenti, professionisti, docenti universitari, ricercatori (vedi il nostro articolo “The Selection of Regulators, or, The Political Economy of Regulation in Italy”, di prossima pubblicazione in L’industria – Rivista di economia e politica industriale).

Negli ultimi tempi la situazione è addirittura peggiorata per l’assottigliarsi del numero delle figure più adatte; e, allo stesso tempo, per l’ingresso di una nuova figura, quella del politico o ex-politico. Viene perciò immediato pensare alla tesi di David Martimort, secondo la quale le Air, successivamente alla loro istituzione, sarebbero soggette a processi di progressivo indebolimento – o, se si vuole, di invecchiamento. Tuttavia, Martimort riconduce il processo a fenomeni di progressiva cattura delle Air a opera delle industrie regolate (e per questo i governi dovrebbero contrastarli). Nel nostro caso, invece, il processo dovrebbe venire riportato sì a fenomeni di cattura, ma questa volta a opera dei governi, senza peraltro escludere che gli stessi governi siano poi, almeno in parte, catturati dalle industrie, attraverso vari canali: dalle pressioni dirette, a quelle esercitate attraverso i mass media o forme di lobbysmo.

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Come migliorare la qualità delle nomine

Alcune modifiche della normativa, intervenendo sulla struttura degli incentivi, potrebbero però migliorare la qualità dei procedimenti di nomina (e dunque contrastare l’indebolimento delle Air). In materia, la letteratura – economica, giuridica, politologica – ha prodotto numerose indicazioni; qui di seguito, elenchiamo e illustriamo sinteticamente quelle che ci sembrano di maggiore interesse per il caso italiano.

La prima è una modifica del sistema di ricambio dei vertici delle Air, con nomine effettuate per periodi settennali sia nel caso di termine di mandato sia in quello di decesso o dimissioni. Attualmente, i vertici sono rinnovati in toto al termine del mandato e in caso di decesso o dimissioni di un componente, la sostituzione con un nuovo membro viene fatta per il periodo residuo. La possibilità del rinnovo della carica è prevista solo per i nuovi membri che abbiano davanti a sé un periodo residuo inferiore ai tre anni. Con il nuovo metodo qui proposto, nel corso del tempo, le nomine tenderebbero a de-sincronizzarsi progressivamente, e, in virtù di ciò, a produrre occasioni di nomina per numeri via via più ristretti.

La seconda modifica è un aumento del numero dei membri, che dovrebbero passare da tre a cinque (incluso il presidente) per le due commissioni sulle quali è articolata l’Agcom (ritornando così alla formula originaria prevista dalla legge istitutiva) e per l’Art. L’Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente), il cui vertice è adesso di cinque membri, andrebbe ristrutturata in due commissioni di cinque membri (rispettivamente, per energia e acqua-ambiente), con replica della formula adottata per l’Agcom. Su un piano generale, ciò avrebbe i vantaggi discussi da Paul Tucker sia rispetto a una composizione a tre (troppo ristretta e dunque esposta all’esercizio di un potere eccessivo da parte del presidente) sia rispetto a una composizione a sette (troppo ampia e dunque di gestione complicata).

Dal punto di vista del miglioramento qualitativo delle nomine, l’adozione di questa misura opererebbe in sinergia con la precedente, accelerando il rinnovo progressivo dei vertici, in virtù del fatto che le nomine integrative dei vertici potrebbero avvenire in momento diverso da quello del termine degli attuali mandati, e magari essere scaglionate nel tempo.

La terza modifica è l’introduzione dell’obbligo di pubblicazione di avvisi con la sollecitazione a presentare candidature corredate da curriculum vitae e magari da brevi note su competenze ed esperienze ritenute rilevanti e significative dal punto di vista dello svolgimento dei compiti tipici dei membri delle Air. In questo modo verrebbe reso obbligatorio un passaggio procedurale che si è avuto in alcune occasioni (le nomine all’Agcom del 2012 e quelle al Garante della privacy del luglio scorso) e che, a un tempo, segnalerebbe le figure disponibili per gli incarichi e offrirebbe una base comparativa alle valutazioni dei responsabili delle nomine (e forse potrebbe essere un incentivo per una valutazione prudenziale delle proprie qualità e possibilità da parte di chi volesse candidarsi)

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La quarta modifica è l’introduzione dell’obbligo di pubblicazione dei cv dei candidati e delle eventuali note riassuntive di accompagnamento, così da aiutare la funzione di controllo sociale dei mezzi di comunicazione di massa e dell’opinione pubblica, mettendo a loro disposizione le informazioni essenziali per esercitarlo.

La quinta modifica riguarda il conferimento del potere di nomina dei presidenti delle Autorità al presidente del Consiglio e ai ministri competenti (il ministro dello Sviluppo economico per Agcom e Arera e il ministro delle Infrastrutture e trasporti per Art). In questo modo, verrebbe adottata una formula intermedia tra quelle in uso per Agcom (il suo presidente è nominato dal presidente del Consiglio, i componenti da Senato e Camera secondo quote partitarie) e per Arera e Art (tutti i componenti sono nominati dal ministro competente). Il vantaggio sarebbe una personalizzazione delle scelte, e, allo stesso tempo, un loro frazionamento tra le diverse responsabilità del presidente del Consiglio e dei ministri.

Si può obiettare che in questo modo per Agcom si restringerebbe il ruolo del parlamento a favore di quello dell’esecutivo, andando così in una direzione discutibile in linea generale e già troppo a lungo percorsa. Ci sembra, però, che ci siano valide ragioni per l’adozione di questa soluzione, alcune di principio (per le nomine ai vertici delle Air dovrebbero rilevare i meriti e non la rappresentatività politica), altre di senso più contingente: il potere parlamentare sulle nomine alle Autorità sembra essere largamente una finzione, dati gli accordi di vertice tra i partiti e la precisa corrispondenza degli esiti delle votazioni a quegli accordi.

Una modificazione procedurale di maggiore portata potrebbe essere l’introduzione di un passaggio di valutazione e verifica delle candidature, con l’istituzione di una sorta di comitato nomine, che potrebbe richiamare nella struttura – ma non nella composizione – quelli in uso, per esempio, al ministero del Tesoro o alla Commissione europea. Un simile comitato avrebbe il compito di selezionare una rosa di candidati adatti da proporre al ministro competente, al quale spetterebbe la scelta finale. Qui, però, ci sono almeno due difficoltà che occorre segnalare: la prima è che la decisione sulla composizione del comitato potrebbe presentare gli stessi difetti che caratterizzano adesso le decisioni relative alle nomine alle Air. La seconda, forse più decisiva, è che verosimilmente la proposta non troverebbe un gradimento politico: molto probabilmente, sarebbe sentita come una limitazione indebita di un ambito di discrezionalità, che è spesso letto dagli interessati nella chiave del primato della politica.

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  1. Savino

    Quelli che, nel vecchio mondo, erano degli strapuntini, dei contentini da dare come risarcimento per una mancata rielezione o come dopolavoro per qualche ex di lusso, oggi assumono rilevanza fondamentale con la crescita della digitalizzazione, delle esposizioni mediatiche di alcuni interessi e dei diritti individuali dei vari consumatori ed utenti. Ragion per cui è auspicabile una spoliticizzazione sia delle nomine che del contenuto di queste Autorità e un loro riproponimento sotto forma di agenzie statali o di dipartimenti ministeriali o, ancora, di organismi giurisdizionali specifici di tipo amministrativo.

  2. Enrico

    Temo che l’unico modo per migliorare la qualità del top management nelle autority e nella PA sia un sistema che preveda qualche forma di sorteggio tra chi ha superato una prima selezione tecnica e politica. Il sorteggio allenta il legame di dipendenza tra nominato e designatori. La Serenissima Repubblica Veneta ha usato un metodo simile per eleggere il doge per circa 700 anni (…seppure con qualche broglio). Non sarebbe male prevedere anche un lungo periodo di tempo tra l’incarico ed eventuali collaborazioni con soggetti controllati. Poi se mancano professionisti all’altezza dell’incarico questo è un problema diverso.

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