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Il lavoro? Si trova alla fiera

Nei Paesi Bassi partecipare alle fiere del lavoro aumenta del 7 per cento le possibilità di trovare un lavoro. Lo evidenzia una delle più importanti ricerche sulle politiche attive del lavoro. Potrebbe rilevarsi un buon modello anche per il nostro paese.

Una ricerca da manuale

Dal 2011 nei Paesi Bassi le fiere del lavoro sono diventate uno strumento sempre più utilizzato di politica attiva del lavoro per i suoi bassi costi e il moderato impegno organizzativo richiesto all’attore pubblico. Gli “Speeddates for Unemployed” vedono coinvolti disoccupati e una nutrita rappresentanza delle oltre 6 mila agenzie del lavoro presenti in Olanda, le quali partecipano gratuitamente all’evento.

Incuriosite dall’effettiva efficacia dello strumento, nel 2014 le autorità olandesi hanno incaricato l’università di Amsterdam di realizzare un’analisi volta a valutare l’impatto sul mercato del lavoro di questi eventi fieristici. Attraverso una procedura “randomizzata” (opportunamente bilanciata) sono stati selezionati, dall’elenco messo a disposizione dai centri per l’impiego olandesi, due gruppi (inconsapevoli di far parte di una sperimentazione): gli utenti invitati alla fiera del lavoro (i trattati) e altri utenti inseriti nel cosiddetto “gruppo di controllo”, i quali non venivano invitati all’evento.

Le offerte di lavoro presenti negli “Speeddates” erano identiche a quelle che si potevano trovare contattando direttamente le agenzie di lavoro, quindi da un punto di vista dei posti vacanti messi a disposizione non cambiava nulla.

Due settimane dopo l’evento, veniva inviato online un questionario appositamente realizzato per entrambi i gruppi. La partecipazione al sondaggio era volontaria (in caso di mancata risposta, era previsto un sollecito dopo una settimana) e le domande facevano “vagamente” cenno a una valutazione complessiva dei servizi (per esempio, i canali di ricerca del lavoro e, per i trattati, una valutazione dell’evento fieristico).

I dati del sondaggio sono stati integrati con quelli di natura amministrativa, che comprendevano informazioni socio-anagrafiche, la tipologia di lavoro, la retribuzione (al lordo dell’imposte), il numero dei giorni lavorativi e la presenza di indennità di disoccupazione. La definizione di “occupato” riguardava anche liberi professionisti, a patto che registrassero un determinato reddito all’interno del periodo di analisi.

Figura 1 – Disegno di ricerca della sperimentazione

Fiere del lavoro e chance occupazionali dei disoccupati

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L’analisi si è concentrata su 18 eventi fieristici, realizzati in undici località diverse dei Pesi Bassi tra luglio 2014 e febbraio 2016. Alla fase della sperimentazione hanno partecipano circa 12.600 persone, di cui il 76 per cento faceva parte del gruppo dei trattati.

La rigorosa metodologia applicata alla ricerca ne rende ancora più rilevante il risultato: partecipare a un evento fieristico aumenta le chance di trovare lavoro del 7 per cento. Si tratta di una percentuale tutt’altro che modesta, soprattutto se confrontata con gli esiti negativi di altri programmi di politica attiva del lavoro. Tuttavia, gli effetti positivi delle fiere del lavoro sono immediati, diminuiscono nei mesi successivi, fino ad azzerarsi completamente entro i dodici mesi.

I ricercatori hanno fornito una serie di ipotesi, sulla base delle informazioni raccolte, dei motivi del successo:

– la possibilità di incontrare decine di agenzie del lavoro in unico luogo e in un unico giorno (lo Speeddates tipicamente durava dodici ore continuate) aumenta esponenzialmente le informazioni in possesso del disoccupato e gli permette di conoscere nel dettaglio tutti i posti vacanti disponibili, in molti casi svolgendo anche un colloquio di pre-selezione, oltre a ricevere accurati feedback;

– la realizzazione di tantissimi Speeddates ha permesso di sviluppare agenzie del lavoro specializzate nel collocare in determinati settori individui con un livello di istruzione medio-basso;

– durante le fiere del lavoro il disoccupato può incrementare la propria rete di contatti e di relazioni che possono offrirgli maggiori chance di successo.

L’ultimo incoraggiante fattore riguarda il costo: la pubblica amministrazione olandese ha speso pochissimo per realizzare gli eventi e contemporaneamente ha ottenuto un risparmio netto in termini di sussidi non erogati grazie al ricollocamento. Un risparmio decisamente elevato se confrontato con programmi di orientamento individuale.

Un modello per l’Italia?

Organizzare fiere del lavoro può rivelarsi una mossa vincente nel collocare individui che sono disoccupati da tre mesi fino a un anno; ad esempio, potrebbe dare ottimi risultati soprattutto nella ricollocazione di licenziamenti dovuti a crisi industriali. Tuttavia, dato che la loro efficacia è immediata (il massimo rendimento in termini di inserimenti nel mercato del lavoro dura poche settimane), le fiere del lavoro devono essere tante e reiterate nel tempo.

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In Italia vi sono molti eventi dedicati all’incontro domanda e offerta di lavoro, ma sviluppare un modello di “fiere del lavoro” sull’esempio degli Speedates olandesi significa creare un “modello organizzativo” che possa realizzare almeno duecento eventi all’anno, distribuiti su tutto il territorio nazionale e che coinvolgano un numero enorme di soggetti. Un modello del genere, a differenza del caso olandese, necessita di risorse e di professionisti nell’organizzazione di eventi in capo ad Anpal, ma richiede anche un notevole investimento in comunicazione (nei Paesi Bassi, quasi il 36 per cento dei soggetti “trattati” che non hanno partecipato agli Speedates lamentavano una scarsa comunicazione dell’evento).

Durante la manifestazione, si potrebbero poi sviluppare servizi per l’impiego, quali attività formative o seminariali in action learning dedicate all’accompagnamento del lavoro, i “trucchi” per lo scouting online, lo sviluppo di micro-gruppi di “auto-aiuto” alla ricerca (Job club) e infine attività di gaming/simulatori di imprese.

All’interno dell’evento andrebbero anche predisposti micro-nidi, per facilitare la partecipazione delle donne. Infatti, dall’indagine olandese emerge che quasi il 10 per cento dei soggetti “trattati” invitati alle manifestazioni non ha potuto partecipare perché impegnato nell’attività di cura e assistenza all’infanzia.

Tuttavia, uno degli aspetti forse più rilevanti è che le prossime politiche del lavoro potrebbero essere oggetto di un’analisi analoga alla sperimentazione olandese: al contrario, oggi in Italia c’è la tendenza alla “auto-celebrazione” da parte delle varie strutture istituzionali, che spesso parlano di “buone pratiche”, senza neppure una minima evidenza sull’efficacia ed efficienza dello strumento realizzato.

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Il Punto

  1. Articolo interessante! I vantaggi emersi per le fiere del lavoro sono comuni a tutte le fiere ben progettate, l’incontro tra domanda e offerta che avviene in fiera è molto più efficiente ed efficace di altri strumenti con il medesimo obiettivo. Colgo lo spunto e lo propongo ai prossimi corsi di Accademia Fiera Milano

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