La quarantena imposta dal Covid-19 e le prime fasi di riapertura hanno cambiato risultati e prospettive delle piattaforme informatiche di servizi. Alcune soffrono,  altre hanno accresciuto valore e potere di mercato. Meglio stabilire alcune regole.

La pandemia e le piattaforme

La quarantena imposta dal Covid-19 e le successive fasi di riapertura hanno già inciso sensibilmente sull’andamento e sulle prospettive della economia delle piattaforme, anche se in direzioni, intensità e modalità differenti. Tra l’altro, non è ancor chiaro quali effetti perdureranno nel medio-lungo periodo: ad esempio, il settore della consegna di cibo a domicilio, che ha avuto un incremento iniziale notevole, potrebbe riassestarsi su livelli inferiori con il ritorno alla normalità.

Una delle sfide più grandi, dal punto di vista della regolazione, è la crescita del potere di mercato che alcune piattaforme stanno acquisendo. Tre fronti preoccupano: il freno all’innovazione, la protezione dei consumatori, l’accumulo di dati.

Il lockdown ha prodotto effetti negativi soprattutto nei settori che implicano uno spostamento fisico del consumatore verso le merci o i servizi, come la mobilità e il turismo/accoglienza: evidenti (tabella 1) le difficoltà di Uber e Lyft (piattaforme che mettono in contatto offerta e domanda di passaggi in auto), con un crollo del 50 per cento delle corse e l’uscita, per Lyft, dal mercato scooter-sharing. Le due piattaforme hanno licenziato rispettivamente il 14 e il 17 per cento della forza lavoro. Problemi anche per Booking e Airbnb (che ha licenziato 600 persone).

Per contro, proprio la necessità di portare le merci e i servizi a casa del consumatore in “quarantena” ha rafforzato le piattaforme che possiedono le infrastrutture informatiche e logistiche per la consegna a domicilio, una attività che nel caso delle merci combina un segmento digitale (la aggregazione della domanda) e un segmento fisico (la consegna): Amazon, Alibaba e Deliveroo hanno risultati in crescita sia nel valore di mercato, che potrebbe indicare le aspettative degli investitori, sia nei guadagni.

In caduta il settore della pubblicità, con riflessi negativi sui colossi che trovano qui una rilevante quota di entrate: Facebook ha perso 3 miliardi di dollari in ricavi pubblicitari e le entrate per utente sono scese da 7,38 a 6,03 dollari. Gli incrementi modesti della capitalizzazione di Facebook e Alphabet sono probabilmente il risultato bilanciato della crisi dell’advertising e di fattori di rialzo (crescita della base utenti e della estrazione di dati personali).

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Anche Twitter, che dipende fortemente dalla pubblicità, ha sofferto nei primi mesi del 2020 una caduta nei guadagni del 100 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Al contrario, hanno beneficiato del lockdown le piattaforme di diffusione di contenuti audiovisivi in streaming: Spotify, ad esempio, ha aumentato gli utenti del 31 per cento nel primo quadrimestre del 2020, ma potrebbe subire pressioni sulle proprie commissioni da parte degli autori, i cui guadagni sono stati abbattuti dal crollo degli spettacoli live.

E Zoom ha fatto boom

Una riflessione ponderata merita il settore delle videoconferenze, in cui il caso Zoom (+178 per cento in un anno nel valore di mercato) spicca per eccezionalità. Da un lato, il lockdown ha costretto i consumatori all’utilizzo delle piattaforme producendo una spinta immediata; dall’altro si può ipotizzare che anche nel medio lungo periodo i meeting virtuali siano destinati a guadagnare quote di mercato rispetto alle riunioni e agli incontri fisici, con riflessi sul futuro degli uffici. Tuttavia, differenti modi di misurare il mercato portano confusione nei dati pubblicati: a seconda che si contino i partecipanti virtuali o i meeting, i numeri cambiano. Zoom, con 300 milioni di partecipanti quotidiani è leader, ma Facebook dichiara 700 milioni di utenti giornalieri che chiamano con Whatsapp e Messenger. Ma ci sono altri player: Networks GlobalProtect e Cisco AnyConnect dichiarano una crescita degli utenti unici del 94 e 86 per cento tra febbraio e marzo 2020. Tik Tok (short video sharing) è stato scaricato da 2 miliardi di persone, 113 milioni solo in febbraio. Byte Dance, che possiede Tik Tok, ha raggiunto una quotazione improbabile di 75 miliardi di dollari, ma è sotto inchiesta per l’uso improprio dei dati personali. Anche Zoom, dopo le rivelazioni di Motherboard secondo cui la piattaforma passava a Facebook i dati dei propri utenti, ha dovuto dichiarare di aver rimosso il codice di comunicazione con il social di Mark Zuckerberg.

In ogni caso, non è prevedibile come questa penetrazione di mercato potrà tradursi in entrate e profitti nel medio-lungo periodo.

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Una nuova regolazione?

Di fronte a cambiamenti così radicali del contesto in cui le piattaforme digitali operano si accentua la necessità di una buona regolazione pubblica su tre temi cruciali: potere di mercato, tutela dei consumatori e gestione dei dati personali. Antitrust e regolazione, due sorelle che tradizionalmente hanno alternato collaborazione e conflitti sui metodi e sui rispettivi campi di intervento, dovranno essere in futuro molto più cooperative per rispondere alle nuove sfide.

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