Il pronunciamento della Corte costituzionale tedesca potrebbe creare un precedente potenzialmente esplosivo, in grado di condurre di fatto alla disintegrazione dell’intero impianto comunitario. Sta ai paesi membri neutralizzarne gli effetti.
Conseguenze da non sottovalutare
Il 5 maggio 1955 è la data della fine dell’occupazione della Germania Ovest da parte delle forze alleate dopo la Seconda guerra mondiale. Coincidenza o meno, la Corte costituzionale federale tedesca ha scelto proprio il 5 Maggio per emettere una sentenza che potrebbe condurre a una Germanexit: almeno nel senso di un’uscita selettiva da una politica della Banca centrale europea cruciale per la zona euro.
La sentenza della Corte tedesca ha dichiarato il programma di acquisto di titoli della Bce ultra vires. Si tratta di quel programma che, a seguito della dichiarazione di Mario Draghi secondo cui la Bce avrebbe fatto “qualsiasi cosa” (“whatever it takes”) per preservare l’euro, si è rivelato fondamentale nel prevenire la frammentazione finanziaria nell’Eurozona e ha di fatto salvato la moneta unica. Per affermare la sua autorità adesaminare il programma della Bce, tuttavia, la Corte tedesca ha dovuto in via preliminare intraprendere un ulteriore passo foriero di conseguenze: mettere da parte la sentenza della Corte di giustizia dell’Ue che aveva precedentemente legittimato le decisioni della Bce. Lo ha fatto dichiarando anche quest’ultimo pronunciamento ultra vires poiché, nella sua analisi, andava manifestamente oltre gli standard ammissibili per l’interpretazione legale. Il tono aggressivo della sentenza della Corte tedesca non ha precedenti e definisce il ragionamento della Corte di giustizia incomprensibile ed arbitrario. Con un unico pronunciamento vengono così impartiti due colpi al cuore dell’integrazione europea: la moneta unica e il primato del diritto comunitario.
La questione non va sottovalutata. La Corte sa di non avere giurisdizione diretta sulla Bce per quanto riguarda il suo programma di acquisto di titoli pubblici. Per questo motivo indirizza la sua sentenza alle autorità tedesche, ingiungendo loro di prendere tutte le misure necessarie per rovesciare la politica della Bce e di non adottare provvedimenti attuativi. Per la Bundesbank ciò significherebbe il ritiro dal programma della Bce, una mossa che ne minerebbe profondamente la credibilità e l’efficacia. Inoltre se è vero che, come afferma la Corte, questo caso non riguarda i nuovi programmi di emergenza di acquisto di titoli adottati a seguito della pandemia di Covid-19, la sentenza impone però una serie di condizioni molto rigorose per qualsivoglia programma della Bce sulla base di un’interpretazione restrittiva dell’art. 123 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Tfue), il quale vieta il finanziamento monetario degli stati membri della zona euro. Infatti, la Corte tedesca concorda con la Corte di giustizia sul fatto che il programma di acquisto titoli non viola l’art. 123, ma solo perché include una serie di condizioni a suo avviso necessarie per preservare la disciplina di mercato dalle politiche fiscali nazionali. Tali condizioni per esempio limitano il volume massimo degli acquisti al 33 per cento e stabiliscono che debba essere determinato in anticipo. Il problema è che condizioni di questo tipo non sono più previste nel nuovo programma emergenziale per far fronte alla pandemia. Ciò rischia di minacciare ancor di più la credibilità degli interventi della Bce, come tra l’altro sembra dimostrare il livello crescente dello spread.
Come disinnescare l’ordigno
Per quanto riguarda il primato del diritto europeo e l’autorità della Corte di giustizia, questa sentenza potrebbe creare un precedente capace di minare le fondamenta del diritto europeo. Non è la prima volta che corti costituzionali degli stati membri mettono in questione l’autorità della Corte di giustizia ma non è mai accaduto in questa modalità e con tali possibili disastrose conseguenze. Paradossalmente, la Corte tedesca non poteva scegliere occasione peggiore per affermare il ruolo delle corti costituzionali nella supervisione del controllo giurisdizionale della Corte di giustizia circa i limiti del diritto europeo. La Corte tedesca riconosce che il programma della Bce persegue obiettivi di politica monetaria che rientrano nelle sue competenze. Tuttavia, sostiene che non abbia agito in modo proporzionale, perché non ha dimostrato di aver tenuto conto di una serie di effetti economici negativi, quali l’impatto sul risparmio o il rischio di bolle sui mercati immobiliari e finanziari. Al contrario, la Corte non prende in minima considerazione i possibili benefici economici in altri stati membri: il giudizio sulla proporzionalità è condotto da una prospettiva esclusivamente tedesca. In sé questo non è sorprendente dato che il carattere nazionale dei procedimenti limita la partecipazione di interessi nazionali di altri paesi. È per questo motivo che la Bce e la Corte di giustizia sono in una posizione ben più appropriata per valutare gli interessi di tutti gli stati membri in questa situazione. A maggior ragione, quindi, la competenza tecnica cui normalmente gli organi giudiziari si rimettono e la necessità di proteggere l’indipendenza della Bce farebbero propendere contro la revisione di proporzionalità di una misura della Bce stessa da parte di una corte nazionale.
Quali prospettive adesso? La Corte tedesca ha innescato un dispositivo nucleare ma vi ha anche messo un timer per disattivarlo, sospendendo gli effetti della sentenza per tre mesi, così da dare il tempo alle autorità tedesche di ottenere una nuova valutazione di proporzionalità da parte della Bce conforme ai requisiti della sentenza stessa. L’Eurotower non deve quindi rispondere direttamente alla Corte federale, cosa che potrebbe dare il via molteplici ricorsi nazionali e porrebbe la Bce sotto la giurisdizione di tutte le corti costituzionali degli stati membri, con conseguenze disastrose per la sua indipendenza ed efficacia. Può però rispondere a richieste di informazione da parte della Bundesbank e dei membri del Parlamento europeo. Nulla impedisce alla Bce di utilizzare tali occasioni (o le motivazioni di una decisione futura) per provvedere a fornire una giustificazione più approfondita della proporzionalità delle sue azioni. Questo dovrebbe essere sufficiente per la Bundesbank per sostenere che le richieste della Corte tedesca sono state assolte e per continuare a partecipare al programma della Bce.
La questione tuttavia ha risvolti ben più ampi, che potrebbero innescare un processo di disintegrazione come anche rafforzare l’integrazione europea. Lo scenario catastrofico vedrebbe il precedente della Corte costituzionale tedesca diffondersi come un virus (si fa per dire…) tra gli ordinamenti giudiziari nazionali. In questo caso l’efficacia e l’eguaglianza del diritto europeo andrebbero perduti e i conflitti tra interessi nazionali non verrebbero più aggiudicati in sede europea ma solo al livello delle corti nazionali. Allo stesso tempo, poiché la Bce non sarebbe in grado di ristabilire la credibilità delle sue politiche, ci sarebbe un effetto di frammentazione sui mercati finanziari, con un probabile conseguente sgretolamento dell’euro. Nello scenario positivo, invece, la Commissione minaccerebbe la Germania con una procedura di infrazione, senza però avviarla formalmente evitando così l’intensificarsi del conflitto. Nel frattempo le autorità tedesche potrebbero affermare che, come illustrato sopra, sono soddisfatte dalle spiegazioni della Bce circa la proporzionalità dei suoi interventi: in questo modo non ci sarebbe bisogno di perseguire l’infrazione e la credibilità della Bce verrebbe preservata. Solo corti e governi di regimi illiberali, quali la Polonia e l’Ungheria, a questo punto potrebbero essere tentate di seguire il modello tedesco ma sarebbe relativamente facile ricondurle a ragione attraverso sanzioni finanziarie, a norma dei trattati. L’isolamento della Corte costituzionale tedesca, così, finirebbe per rafforzare l’ordinamento giudiziario europeo e l’autorità della Corte europea di giustizia. Infine, i limiti posti dalla Corte tedesca alla partecipazione della Germania a interventi di mutualizzazione del debito e di trasferimenti fiscali non verrebbero usati dal governo tedesco per ostacolare l’Ue nel promuovere la ripresa economica ma, al contrario, al fine di creare una genuina e indipendente capacità fiscale per l’Unione.
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