L’insegnamento a distanza rischia di peggiorare le disuguaglianze territoriali e sociali. Ma si possono superare i problemi investendo sulle infrastrutture e supportando le competenze digitali, la programmazione e l’organizzazione della didattica online per massimizzarne l’efficacia.
Punti di forza e di debolezza dell’istruzione a distanza
Un miliardo e mezzo di studenti è stato mandato a casa in tutto il mondo da quando è esplosa la pandemia di Covid-19 e non si sa quando torneranno nelle aule. La chiusura delle scuole pare possa contribuire a rallentare la diffusione del coronavirus ma non è certo se studenti e bambini siano tra i principali agenti di trasmissione. Incerto è anche l’impatto della chiusura sull’apprendimento e sull’economia, nonostante il grande sforzo di sostituire la didattica ordinaria con quella a distanza.
Internet e la possibilità di digitalizzare l’insegnamento sono una benedizione in questi giorni cupi, perché permettono continuità nell’istruzione. In assenza di queste tecnologie vi sarebbe stata una semplice interruzione, vacanze forzate senza apprendimento. Tuttavia ci sono evidenze contrastanti sull’efficacia della didattica a distanza che può essere condizionata dai limiti nell’organizzazione e preparazione dei docenti e dalla scarsa abitudine degli studenti oltre che, chiaramente, dalle disparità nelle infrastrutture e nei redditi delle famiglie. C’è il rischio che le disuguaglianze nell’apprendimento penalizzino soprattutto le aree più povere dove l’equipaggiamento e le connessioni internet sono più deboli. La chiusura delle scuole crea anche difficoltà lavorative, con risvolti negativi sull’economia e sulla salute generale (si pensi ai genitori che lavorano nella sanità). Infine vi sono i possibili effetti negativi sulla salute psico-fisica dei bambini. In sintesi, l’istruzione a distanza ha punti di forza e debolezza. Tra i primi spicca la capacità di assicurare continuità nell’apprendimento, mitigando le conseguenze di una crisi come la pandemia e più in generale di garantire maggiore flessibilità e accesso allo studio raggiungendo potenzialmente chiunque. Tra le debolezze c’è il fatto che le lezioni online possono risentire dei limiti di accesso alla rete, di programmazione frettolosa e scarsa dimestichezza di docenti e alunni, come in parte è successo con il coronavirus.
La scuola italiana tra innovazione e disuguaglianze
In che misura l’Italia si deve preoccupare delle conseguenze di un improvviso e massiccio ricorso alla scuola online? Una valutazione in corso sull’utilizzo del Fondo sociale europeo per finanziare progetti di istruzione e formazione nel periodo 2014-2020, di cui a breve saranno pubblicati i risultati, ci conforta sul fatto che almeno sotto il profilo telematico siamo meno impreparati di quanto si potrebbe temere. Per esempio, grazie al Programma operativo nazionale scuola, un piano di quasi 3 miliardi finanziato da Fse e Fesr a cui hanno partecipato il 90 per cento delle scuole statali (I e II ciclo) e 1 milione di studenti, lo sviluppo delle competenze digitali e l’utilizzo delle piattaforme telematiche ha ricevuto un significativo impulso negli ultimi anni, soprattutto nelle aree svantaggiate, preparandoci in una qualche misura anche all’emergenza in corso. Bisognerà però attendere qualche tempo, per esempio i prossimi test Pisa sui quindicenni (2021 e 2024) o i test Invalsi, per comprendere meglio i possibili impatti negativi sulla conoscenza di una chiusura prolungata e imprevista delle scuole in un contesto, quello italiano, che già si trova ad affrontare problemi strutturali molto gravi. L’Italia, per esempio, ha una dispersione scolastica più alta della media (si veda figura 1 sull’abbandono scolastico precoce) e ottiene punteggi peggiori nei test Pisa (nella figura 2 i punteggi in scienze, matematica e lettura: più bassi della media Europea e decrescenti in scienze e lettura). Non solo il nostro paese è messo male in relazione a molti indicatori, ma la distanza dal resto d’Europa aumenta man mano che ci si sposta da Nord a Sud.
Opportunità da cogliere nella crisi
Le misure repentine prese per contrastare la pandemia se da un lato rischiano di stressare un sistema dell’istruzione che già presenta molte debolezze, dall’altro rappresentano un’opportunità di testare e consolidare le capacità di utilizzare la didattica a distanza. Il ricorso alla scuola online, se ben organizzato e diffuso in maniera omogenea sul territorio, pur non potendo sostituire completamente la didattica tradizionale, può consentire di ampliare le fonti del sapere, rendere più flessibile l’insegnamento in termini di tempi e contenuti, e di personalizzare i percorsi di apprendimento, rafforzando le motivazioni e il coinvolgimento di studenti e famiglie. Fattori essenziali per combattere la dispersione e le disparità nei livelli di apprendimento. L’auspicio è che finita l’emergenza, dinanzi ad un contesto mutato in modo significativo, in cui vi potrebbe essere una rarefazione della fisicità e una crescente necessità di ricorrere ove possibile all’istruzione online, si continui a rafforzare la capacità del sistema Italia. Da un lato investendo di più sulle infrastrutture, per garantire a tutti gli stessi mezzi, dall’altro supportando in modo sistematico e continuo le competenze digitali, la programmazione e l’organizzazione della didattica online per massimizzarne l’efficacia riducendo i rischi legati alle disuguaglianze e all’improvvisazione.
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