In Lombardia il numero di morti causati dal Covid-19 è altissimo rispetto ai contagiati ufficiali. Le spiegazioni ipotizzate sono diverse. Una è la carenza di posti in terapia intensiva. Ecco i risultati di una simulazione con il modello di contagio Seir.
Lo strano caso della Lombardia
Il numero di morti causati dal Covid-19 in Lombardia è altissimo (7.199 al 31 marzo) rispetto al numero di contagiati ufficiali secondo la Protezione civile (43.208 alla stessa data). Stando a questi numeri il tasso di letalità del virus Sars-CoV-2 nella regione sarebbe pari al 16,6 per cento, mentre nel resto del mondo è inferiore al 5 per cento.
Le spiegazioni proposte per l’anomalia sono due. La prima fa riferimento a caratteristiche specifiche della popolazione lombarda e più in generale italiana: frazione elevata di anziani, maggiore frequenza di contatto fisico nelle interazioni sociali, co-residenza di anziani e giovani nella tipologia italiana di famiglia allargata. La seconda fa riferimento alla possibilità che il numero di contagiati ufficiali registrati dalla Protezione civile sia stato largamente sottostimato, dato che i tamponi sono stati fatti solo ai pazienti con sintomi relativamente gravi. Secondo l’amministratore delegato del milanese Centro Medico Santagostino, Luca Foresti, questa spiegazione suggerirebbe che i contagiati reali siano, a livello nazionale, addirittura più di 11 milioni.
Purtroppo, c’è anche una terza spiegazione molto meno favorevole, ossia che l’alto numero di morti per Covid-19 in Lombardia sia dovuto alla carenza di posti in terapia intensiva rispetto alla domanda. La figura 1 mostra perché questa ipotesi è plausibile.
Figura 1 – Letalità causata dal Covid-19 in Lombardia
In assenza di vincoli, la frazione di pazienti Covid-19 ospedalizzati che ha bisogno di terapia intensiva dovrebbe essere costante al variare del numero di pazienti. Se su 100 persone ricoverate in ospedale perché infette, 15 hanno bisogno della terapia intensiva, su 1.000 saranno 150 ad avere la stessa necessità e così via. La figura 1 mostra che il rapporto ha invece un andamento decrescente per la Lombardia nei giorni dall’8 al 31 marzo e questo perché il numero di pazienti ospedalizzati (al denominatore) è più che quadruplicato, passando da 2.802 a 11.883, mentre il numero di pazienti in terapia intensiva (al numeratore) è “solo” poco più che triplicato, passando 400 a 1.324.
Il risultato indica quanto sia importante tenere presente il vincolo rappresentato dall’offerta di cure mediche, in particolare quelle in terapia intensiva, nei modelli di previsione di ciò che accadrà nelle prossime settimane e soprattutto nei modelli che vogliono valutare gli effetti delle diverse ipotesi di riduzione graduale dell’obbligo di distanziamento sociale. Anche perché è elevato il rischio di un secondo picco di contagi nei prossimi mesi, come avvenne per l’influenza “spagnola” del 1918-1920.
Il modello aggiornato
Abbiamo integrato il modello matematico di contagio Seir (Susceptible, Exposed, Infected, Removed), che in questi giorni tutti abbiamo imparato a conoscere, estendendolo per rendere la mortalità dipendente dal vincolo imposto dalla capienza dei reparti di terapia intensiva. In questo modo, il tasso di letalità del virus diventa endogeno rispetto al numero di infetti quando il vincolo è attivo. Per gli altri parametri del modello utilizziamo i valori standard adottati in altri esercizi simili per il Covid-19: in particolare, R0 (il parametro di riproduzione netta del virus) pari a 2,2 e tasso di letalità in assenza di vincoli pari a 1,38.
I risultati sono illustrati nella figura 2, che riporta la mortalità osservata e quella simulata dal nostro modello in due scenari.
Figura 2 – Evoluzione dei decessi osservati in Lombardia e di quelli simulati con o senza vincolo attivo di insufficienza dei posti in terapia intensiva
Il primo scenario impone la presenza del vincolo di disponibilità dei posti in terapia intensiva, che quindi non possono crescere in modo da soddisfare la domanda. Il secondo ipotizza invece una capacità di 3 mila posti in terapia intensiva per l’intera regione, quindi un numero ragionevolmente superiore a quello che sarebbe stato necessario per soddisfare la domanda. Con il vincolo attivo, il modello simula molto bene il numero elevato e crescente della mortalità osservata. Il secondo scenario, invece, mostra che il numero di decessi avrebbe potuto essere largamente inferiore. La differenza verticale tra i due misura il numero considerevole di vite umane che avremmo potuto salvare se il vincolo dei posti in terapia intensiva non fosse stato rilevante.
Il modello con vincolo indica anche che il numero di casi totali di contagio è probabilmente molto superiore rispetto a quello ufficiale della Protezione civile per la Lombardia: 185 mila contro i 43.208 ufficiali, su una popolazione di 10 milioni di persone. È comunque un numero molto inferiore a quello ipotizzato, ad esempio, da Foresti.
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