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Il lavoro autonomo non è più quello di una volta

In Italia la percentuale di lavoratori autonomi è sempre stata al di sopra della media europea. Ma negli ultimi anni il loro numero è sceso significativamente, in particolare in alcune categorie. Un fenomeno che ha riflessi economici, sociali e urbanistici.

Un fenomeno iniziato negli anni Novanta

L’epidemia in corso costringe l’Italia a fermarsi o per lo meno a rallentare notevolmente il ritmo. Questo avrà un impatto economico enorme, in particolare per quelle professioni che non possono svolgersi con un computer da casa ma che non danno nemmeno accesso alla cassa integrazione o ai sussidi di disoccupazione: non si tratta di lavoratori dipendenti, ma nemmeno di grandi imprese industriali. La crisi rischia di essere, quindi, particolarmente dura per gli esercizi commerciali e i piccoli autonomi accelerando un declino in corso da anni.

Nonostante sia passato quasi del tutto inosservato, infatti, si tratta di un fatto non secondario per un paese in cui la percentuale di lavoratori autonomi è sempre stata al di sopra della media europea. Il record negativo di dicembre è il punto di arrivo di un trend discendente cominciato a inizio anni Novanta, che inizialmente riguardava soprattutto il Mezzogiorno e che si è poi accentuato ed esteso a tutto il territorio nazionale con la crisi economica globale (figura 1). Solo dal 2008 al 2019 gli indipendenti sono diminuiti dell’8,5 per cento (contro un incremento dei dipendenti del 4,4 per cento).

Ma non si diceva che nel futuro le relazioni di lavoro subordinato erano destinate a scomparire a favore degli “imprenditori di se stessi”, che fossero professionisti super qualificati o fattorini con partita Iva? Per il momento i dati dicono l’esatto opposto. Evidentemente le figure che attirano l’attenzione mediatica non sono sufficienti a compensare la flessione di lavoratori autonomi “tradizionali”, come commercianti e artigiani.

Figura 1 – Occupati indipendenti e dipendenti, primo trimestre 1978 – terzo trimestre 2019, valori in migliaia (media mobile

Fonte: Rilevazione sulle forze di lavoro, Istat. Rielaborazione a partire dal Flash III Trimestre – Il mercato del lavoro.

Se andiamo a vedere i trend per gli altri due gruppi (figura 2) notiamo, come indica l’Istat anche nel Capitolo 5 del recente rapporto su “Il mercato del lavoro nel 2019“, che tra il terzo trimestre 2008 e il terzo trimestre 2019 sono scesi soprattutto i “datori di lavoro” (autonomi con dipendenti), mentre la riduzione più contenuta degli autonomi senza dipendenti è la sintesi dell’incremento dei liberi professionisti (+36,7 per cento) e del calo dei lavoratori in proprio (-12,4 per cento) e dei collaboratori (-54,8 per cento).

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Il calo dei collaboratori è probabilmente legato alle restrizioni introdotte dalla legge Fornero in poi. Quello dei lavoratori in proprio, invece, rispecchia il declino di piccoli artigiani e negozianti.

Figura 2 – Occupati per tipologia, terzo trimestre 2008=10

a) al netto dei coadiuvanti familiari
Fonte: Rilevazione sulle forze di lavoro, Istat. Rielaborazione a partire dal Flash III Trimestre – Il mercato del lavoro.

Scendono commercianti e artigiani

I dati del ministero dell’Economia, poi, ci mostrano come metà delle nuove partite Iva aperte nel 2019 aderiscano al regime forfetario, per il quale proprio da quell’anno il limite dei ricavi è stato esteso a 65mila euro. Resta, quindi, da vedere quanti di quei gruppi di lavoratori nuovi autonomi che crescono siano “veri” indipendenti e quanti “finti autonomi” che hanno trovato nel regime forfetario solo un modo per minimizzare tasse e contributi a carico del datore e del lavoratore.

Nonostante il calo, l’incidenza dei lavoratori indipendenti in Italia rimane tra le più alte dei paesi europei (22,9 per cento del totale degli occupati rispetto a una media Ue del 15,3 per cento nel 2018), ma se il trend dovesse continuare non è scontato che sarà ancora così nel futuro. Nel 2017, su questo sito, Emilio Reyneri aveva scritto di “lavoro indipendente sul viale del tramonto”. I dati più recenti ci mostrano che, in realtà, dietro la diminuzione generale si nascondono dinamiche diverse. A scendere sono soprattutto i “datori di lavoro” e i lavoratori in proprio. Se questo significasse un consolidamento delle nostre imprese (meno imprese, ma più grandi), potrebbe trattarsi di una buona notizia perché il “piccolo è bello” ha ormai mostrato tutti i propri limiti. Il recente Censimento delle imprese Istat mostra, in effetti, qualche leggero aumento della dimensione media delle aziende italiane nell’ultimo decennio. Tuttavia, il rovescio della medaglia, come già evidenziato da Reyneri, potrebbe essere la sparizione del commerciante e dell’artigiano all’angolo, soprattutto nelle zone periferiche delle nostre città e del nostro paese.

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Oggi, di fronte all’epidemia, i piccoli esercizi commerciali e gli autonomi hanno bisogno di aiuto per far fronte a settimane di attività ferma o ridotta e con fornitori, stipendi, affitti, tasse e contributi da pagare.
Ma, dopo l’epidemia, le tendenze in atto da anni nel lavoro autonomo meriterebbero uno studio più approfondito al di là del clamore – spesso altalenante – su Amazon o la grande distribuzione. Perché le implicazioni non sono solo economiche e sociali ma anche di struttura e organizzazione delle nostre regioni e città.

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  1. Piero

    Commercianti ed Artigiani che vivevano bene prima del 2000 sostituiti da Cassieri e Fattorini… un bel progresso..
    ed ora Amazon On Line.. e domani Amazon Go Off Line.. competeranno la trasformazione in SubProletariato.
    Nulla da sorprendersi che in Occidente, ed in Italia, i Sovranisti e la Deglobalizzazione avanzeranno ancora tra alti e bassi nonostante siano grezzi. Let it be.

  2. Lorenzo

    È il punto di arrivo delle politiche ormai ventennali della destra, da Berlusconi a Salvini. Diminuire la tassazione sulle rendite e aumentarle sul lavoro con ciliegina della flat tax (con approvazione della maggioranza degli elettori).

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