La UE affronta epidemie come il coronavirus attraverso un complesso sistema di raccolta informazioni. L’obiettivo è accelerare l’identificazione di potenziali pericoli e permettere una risposta tempestiva. Il tempo dirà se in questo caso ha funzionato.
Il ruolo dell’Unione europea
La diffusione in molti paesi del Coronavirus Disease 2019 (Covid-19) induce a chiedersi se l’Unione europea preveda politiche condivise in casi come questo.
Va premesso che è competenza degli stati membri (articolo 168 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – Tfue) “definire la loro politica sanitaria e organizzare e fornire i servizi e l’assistenza medica, compresa l’attribuzione delle risorse necessarie”. L’UE svolge un’azione di “completamento” delle politiche nazionali, “anche per garantire la tutela della salute pubblica e il raccordo della “dimensione sanitaria” con le altre politiche e priorità europee”.
Tale azione “comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, (…) nonché la sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero” (articolo 168 Tfue). A quest’ultimo riguardo, l’UE ha predisposto diverse misure.
Un sistema per affrontare le epidemie
Innanzitutto, va citato il Sistema di allarme rapido e reazione (Sarr, istituito con decisione n. 2119/98/Ce, sostituita dalla e): è il sistema informatico utile a consentire “alla Commissione europea e ai paesi dell’UE di essere costantemente in comunicazione al fine di emettere eventuali allarmi, valutare i rischi per la salute pubblica e stabilire le misure necessarie per proteggerla”.
Il Sarr è gestito dall’European centre for disease prevention and control (Ecdc), agenzia di sanità pubblica indipendente, che supporta la Commissione europea e fornisce consulenza ai governi degli stati membri circa prevenzione e controllo di malattie trasmissibili e problematiche sanitarie correlate. L’Ecdc opera attraverso un metodo definito come Epidemic intelligence (Ei), processo di raccolta, verifica e analisi di informazioni allo scopo di accelerare l’identificazione di potenziali pericoli e permettere, mediante una valutazione del rischio sanitario, una risposta adeguata e tempestiva. L’Ei, che nasce a seguito dello sviluppo del web e dell’aumento della mobilità delle persone, integrando meccanismi di sorveglianza già esistenti, si fonda su due componenti: quella basata su “indicatori” e quella basata su “eventi”. La prima si caratterizza per una raccolta di informazioni di tipo quantitativo (numero di casi, tassi e così via): ogni paese, attraverso un contact point, le immette nel Sistema europeo di sorveglianza (Tessy), data base unico europeo per la segnalazione e il recupero di dati sulle malattie trasmissibili, così che l’Ecdc possa analizzarle e confrontarle. I dati raccolti vengono divulgati mediante l’Atlante per il controllo sulle malattie infettive.
La componente basata su “eventi”, invece, non si limita all’analisi dei dati ricevuti, ma si connota per un lavoro epidemiologico di ricerca attiva su internet e sui media in generale, al fine di rilevare informazioni correlabili a una minaccia per la salute degli stati membri. Tra le fonti usate vi sono i messaggi inviati sul sistema Early warning response system (Ewrs), piattaforma web ad accesso riservato, che collega la Commissione europea, l’Ecdc e le autorità di sanità pubblica ai fini della segnalazione tempestiva di pericoli sanitari, della condivisione di informazioni e del coordinamento della risposta. A ciò si aggiunge, inoltre, rilievo l’Epidemic Intelligence Information System (Epis), piattaforma web finalizzata allo scambio trasparente e tempestivo di informazioni tra autorità sanitarie circa rischi, attuali o emergenti, che abbiano un potenziale impatto sulla UE.
La risposta rapida a pericoli per la salute di portata transfrontaliera è coordinata a livello dell’UE dall’Health security committee (Hsc), comitato per la sicurezza sanitaria composto da rappresentanti dei paesi membri, che sostiene lo scambio di informazioni tra di loro, oltre alla rispettiva preparazione, programmazione e azione a fronte di rischi e situazioni di urgenza di sanità pubblica, compresi gli eventi dichiarati emergenza di interesse internazionale dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il comitato delibera, tra l’altro, sui messaggi di comunicazione agli operatori sanitari e al pubblico, affinché siano fornite notizie coerenti e idonee alle esigenze e alle circostanze.
In caso di gravi minacce transfrontaliere alla salute, qualora le capacità di risposta nazionali si dimostrino insufficienti, ogni paese dell’UE può richiedere l’assistenza di altri paesi attraverso il Civil protection mechanism (Cpm), facente capo all’Emergency response coordination centre (Ercc).
Il complesso sistema sopra descritto è stato attivato per l’emergenza Covid-19, come emerge da un recente vertice. L’Italia ha anche richiesto la fornitura di mascherine per la protezione facciale attraverso il citato meccanismo di protezione civile.
Quali sono i risultati fino a questo momento? Al di là dello scambio di informazioni, sono stati prodotti documenti di risk assessment, linee guida, rapporti. Tra qualche tempo sarà possibile verificare come il sistema abbia inciso sulla situazione attuale.
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