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Parlare in pubblico, una paura delle donne

La capacità di parlare in pubblico contribuisce a creare buone opportunità sociali ed economiche. Ma le donne tendono a non farlo. È un atteggiamento difficile da modificare attraverso incentivi. Diverso il comportamento di chi ha una madre che lavora.

Capacità di parlare in pubblico e successo professionale

La capacità di parlare in pubblico è considerata da molti esperti di risorse umane un’abilità strategica che contribuisce a creare buone opportunità sociali ed economiche. Questo tipo di capacità comunicativa è importante non solo per le posizioni di leadership (per organizzare, motivare, coordinare), ma anche per chi deve lavorare in gruppo, per il successo durante il percorso scolastico, nonché per guadagnare popolarità sociale.

A conferma di ciò, sono sempre più numerosi i corsi offerti da organizzazioni pubbliche e private che forniscono indicazioni pratiche su come parlare efficacemente in pubblico e su come gestire l’ansia che deriva dal farlo. Sì, perché parlare in pubblico è per molte persone un’esperienza estremamente stressante, che spesso induce ad attuare strategie di “evitamento”.

Donne meno propense a parlare in pubblico

Anche se è un atteggiamento diffuso in entrambi i sessi, molti studi psicologici mostrano che per le donne l’ansia che deriva da questo tipo di esposizione è maggiore e ciò potrebbe spiegare perché, ad esempio, negli incontri di lavoro o nei convegni o nelle conferenze tendono a intervenire di meno, con probabili conseguenze negative in termini di successo professionale.

In un recente lavoro, per cercare di comprendere meglio eventuali differenze di genere nella disponibilità a parlare in pubblico a parità di abilità e altre caratteristiche individuali, abbiamo condotto un esperimento sul campo: a circa 500 studenti universitari è stata data la possibilità di guadagnare due punti da aggiungere al voto finale di un esame risolvendo a casa una serie di esercizi/domande e accettando di presentare le soluzioni oralmente: di fronte al solo docente (durante l’orario di ricevimento), oppure di fronte all’intera classe (costituita da 100 o più studenti più il docente).

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Gli studenti sono stati preventivamente assegnati tramite sorteggio a uno dei due gruppi “presentazione in classe” o “presentazione al docente”; una volta conosciuto il gruppo a cui erano stati assegnati, hanno avuto due settimane di tempo per decidere se partecipare all’attività proposta.

L’analisi dei dati mostra che le donne hanno una maggiore propensione rispetto agli uomini a presentare davanti al docente, partecipando con un tasso medio del 43 per cento, contro il 38 per cento degli uomini. Tuttavia, quando devono presentare in classe, la partecipazione crolla al 25 per cento, cioè si riduce di ben 18 punti percentuali. Gli uomini, invece, hanno una propensione a presentare in pubblico del 38 per cento, quindi non diversa dall’altro tipo di presentazione.

Se la mamma lavora si ha meno paura

Coerentemente con una crescente letteratura che sottolinea il rapporto tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e stato occupazionale delle madri, troviamo che le donne cresciute da mamme che lavorano sono meno contrarie al parlare in pubblico.

Secondo le informazioni ottenute conducendo un sondaggio online tra gli studenti, le donne continuano a essere riluttanti a parlare in pubblico anche quando ciò permetterebbe loro di godere di un vantaggio relativamente grande. Inoltre, avere maggiore disponibilità di tempo per prepararsi alla presentazione non sembra aiutarle.

I nostri risultati suggeriscono che l’avversione delle donne a parlare in pubblico è difficile da modificare attraverso incentivi o maggiore disponibilità di tempo, poiché probabilmente dipende da norme sociali profondamente radicate e da un contesto che le coinvolge poco in questo tipo di attività, dato che raramente ricoprono ruoli in cui viene richiesto di esercitarla.

Poiché si tratta di un timore che può impedire l’accesso a posizioni di alto livello, sarebbe importante capire come intervenire. Dal momento che norme sociali e contesti sono difficili da modificare nel breve-medio periodo, occorre incoraggiare misure volte aiutare le donne a superare la loro avversione e, laddove è possibile, strutturare gli ambienti formativi e lavorativi in modo da non svantaggiare troppo chi ha difficoltà a parlare in pubblico. Secondo i nostri risultati, il raggiungimento di questo obiettivo si potrebbe aggiungere ai tanti benefici che deriverebbero dall’incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

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  1. Silvia

    Articolo interessante, si tratta di una riflessione che ho fatto sovente su me stessa. Sarebbe ancor più interessante interrogarsi sui meccanismi psicologici che causano questa “reticenza femminile” nell’esporsi a parlare in pubblico. Nel mio caso, credo che dipenda in buona parte dal fattore puramente “fisico”, essendo noi donne costantemente esposte a valutazioni di valore estetico, molto più di quanto accada agli uomini. Avere il proprio corpo sotto gli occhi della platea aumenta esponenzialmente il timore di accendere i riflettori sulle proprie imperfezioni, e questo non è semplice in un contesto in cui anche splendide donne del mondo dello spettacolo si sentono così inadeguate da dover ricorrere ad interventi chirurgici di ogni sorta e genere.

  2. Pierino

    Non credo proprio che le donne siano più reticenti a parlere in pubblico, rispetto agli uomini. E’ una questione di timidezza innata, fin dall’infanzia e se non corretta in quel periodo, genera questo handicap. Nello studio è stato chiesto, se da adolescenti erano timidi/e?

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