L’Irlanda va al voto per eleggere una nuova Camera dei rappresentanti. Che a sua volta eleggerà la maggior parte dei senatori. Sia il suo parlamento bicamerale sia il suo sistema elettorale potrebbero ispirare riforme utili anche in Italia.
Le elezioni anticipate in Irlanda
Sabato 8 febbraio gli irlandesi eleggono i loro 160 deputati. A metà gennaio la Camera (Dáil) è stata sciolta perché il governo centrista di minoranza del Fine Gael (popolari europei, 50 seggi), guidato dal primo ministro Leon Varadkar, sostenuto da alcuni indipendenti e, dall’esterno, dai 45 deputati del Fianna Fáil (gruppo liberal-democratico europeo), si è dimesso in seguito a diverse mozioni di sfiducia. Per legge, le elezioni si svolgono entro 30 giorni dallo scioglimento.
Le previsioni danno il Fine Gael in calo (dal 25,5 per cento nel 2016 a circa il 20 per cento), il Fianna Fáil stabile (24 per cento) e in forte crescita lo Sinn Féin, che è su posizioni radicali per la riunificazione con l’Irlanda del Nord e che dovrebbe arrivare al 24 per cento dal 14 per cento e 22 deputati di questa legislatura. Gli altri deputati saranno esponenti di piccoli partiti, fra cui il Labour e i Verdi, e una quindicina di indipendenti. Tutti – tranne i Verdi (dati in forte rialzo, all’ 8 per cento rispetto a meno del 3 per cento nel 2016) – dovrebbero peggiorare.
Perché, a prescindere dal risultato, queste elezioni dovrebbero interessare l’Italia?
Un Senato solo consultivo, ma autorevole
L’Irlanda ha un sistema di governo parlamentare paragonabile a quello italiano. Il parlamento è bicamerale, ma la seconda camera (Seanad) è eletta indirettamente con l’obiettivo di selezionare i più qualificati. Entro 90 giorni dallo scioglimento i deputati eleggono col metodo proporzionale 43 dei 60 senatori, le due principali università ne indicano 6 e il primo ministro ne nomina 11, favorendo così una maggioranza certa.
Il Senato esprime solo pareri, ma può rallentare l’iter legislativo. Il ruolo consultivo, stabilizzatore e di coerenza normativa implica il diritto d’iniziativa legislativa, ma esclude la fiducia. Esiste una procedura più snella per le leggi finanziarie e per altri casi urgenti; se necessario, il presidente può fungere da arbitro. Il presidente irlandese ha poteri simili a quelli previsti dalla Costituzione italiana, ma è eletto direttamente (per sette anni) fra candidati proposti da almeno 20 dei 220 parlamentari o da 4 delle 31 autorità locali. La maggioranza del Senato, insieme a un terzo dei deputati, può chiedere al presidente di indire un referendum su questioni di importanza nazionale.
Il sistema potrebbe servire da modello per una riforma del bicameralismo italiano, da tempo criticato perché paritetico e, attraverso riforme costituzionali ed elettorali, reso pure omogeneo, quindi pressoché superfluo.
Un sistema elettorale scrupoloso ed efficiente
L’altro elemento interessante del modello irlandese è il sistema elettorale utilizzato per tutte le cariche costituzionali, presidente e due assemblee. Il single transférable rispetta i principi democratici di libertà e uguaglianza dei candidati e degli elettori nonché il principio di maggioranza. La regola di maggioranza esige che colui che è preferito dalla metà degli elettori più uno, è eletto. Con più seggi e più preferenze la quota di maggioranza diviene: Qᵐ = [V/(M+1)] + 1, o Qᵐ > V/(M+1), dove V sta per il totale delle preferenze valide e M per il numero di seggi da eleggere.
Il sistema per eleggere il Dáil permette all’elettore di esprimere l’unico voto attraverso più preferenze subordinate, da uno a tutti i candidati. Ognuna delle 39 circoscrizioni conta da 3 a 5 seggi. I candidati sono raramente più di tre volte tanto. Nessun partito ne presenta troppi per evitare che le preferenze si disperdano e che tutti i suoi candidati siano scavalcati da concorrenti di altri partiti che ne presentano meno. Per determinare i vincitori si contano prima le prime preferenze e si dichiarano eletti coloro che raggiungono la quota di maggioranza. Se non tutti i seggi sono assegnati in questo modo, si trasferiscono le preferenze che superano il numero necessario di coloro che sono già eletti e quelle dei candidati eliminati – perché meno votati – al candidato votato in subordine, e così via fino all’assegnazione dell’ultimo seggio. Il trasferimento dei voti assomiglia a un secondo turno di voto e svolge la stessa funzione delle liste elettorali, solo che sono gli elettori a decidere l’affinità politica fra candidati, mentre con il sistema proporzionale di lista i candidati (o i loro partiti) lo decidono prima delle elezioni.
Risultati proporzionali che favoriscono i partiti più votati
I risultati del sistema irlandese sono perfettamente proporzionali, nel doppio limite del riparto definitivo per circoscrizione, senza correzione nazionale, e del rispetto della condizione della quota di maggioranza. La dimensione massima di 5 seggi per circoscrizione implica una soglia effettiva pari a S = [1: (5+1)] – 25% = 12,5%. Calcolata sulla media di 4 seggi la soglia è del 15 per cento e del 18,75 per cento per solo 3 seggi. L’abbattimento del 25 per cento riflette una stima dell’effetto di dispersione del voto su candidati irrilevanti, non eletti. Un partito che supera la soglia ha buone probabilità di ottenere un seggio. Le preferenze per un candidato giovano al candidato più votato dello stesso partito però solo se gli elettori li classificano l’uno dopo l’altro.
Secondo le previsioni il Fianna Fáil dovrebbe vincere le elezioni con più di 50 seggi, mentre a farne le spese dovrebbe essere il Fine Gael, che dovrebbe scendere sotto i 40 seggi, quanto basta alle due formazioni centriste per formare, a posizioni invertite, un nuovo governo. Lo Sinn Féin non capitalizzerà tutto il suo potenziale e conquisterà probabilmente meno di 30 seggi, perché – prevendendo un minor consenso a suo favore – ha schierato un numero insufficiente di candidati in circoscrizioni dove con le ultime previsioni poteva sperare di vincere due seggi. I due grandi partiti escludono qualsiasi coalizione con i nazionalisti intransigenti dello Sinn Féin. I Verdi potrebbero quintuplicare i loro seggi da 3 a 15 e scavalcare il Labour. Gli altri circa 20 seggi saranno conquistati da candidati appartenenti a partiti minori o da indipendenti.
Un sistema che favorisce i candidati centristi potrebbe risolvere la maggior parte dei problemi politici e giuridici in materia elettorale vanamente discussi da 30 anni in Italia. Se si applicasse la formula irlandese in circoscrizioni con cinque seggi, i grandi partiti conquisterebbero quasi ovunque almeno un seggio. La competizione si concentrerebbe sulla conquista dell’ultimo seggio decisivo. Vincerebbe il partito che in più circoscrizioni conquista un secondo seggio e la coalizione di partiti che in più circoscrizioni conquista un terzo seggio.
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