Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca a Matteo Renzi: davvero nella sua carriera non ha mai aumentato una tassa?
La dichiarazione
Il tema delle tasse è molto sentito in Italia, dove la pressione fiscale è storicamente tra le più alte in Europa. Nel momento in cui bisogna stabilire le leve della prossima legge di bilancio, c’è una schizofrenia generale a rifuggire l’aumento dell’Iva, anche se selettivo e anche se serve finanziare misure per la crescita come un taglio del cuneo fiscale. Tant’è che Matteo Renzi, uno degli “azionisti” del governo Conte bis e leader del nuovo progetto politico Italia Viva, ha definito il suo un partito “no-tax”. Per rafforzare il retaggio liberale del suo progetto, nella recente intervista rilasciata a Il Foglio l’ex presidente del Consiglio ha affermato:
“Nella mia esperienza di capo di una giunta o di un governo non ho mai alzato una tassa”.
Siamo perciò andati a verificare se effettivamente Renzi non abbia mai aumentato alcuna tassa, né in veste prima di presidente della provincia e poi di sindaco di Firenze né in veste di presidente del Consiglio.
Il periodo fiorentino
Iniziamo con i suoi anni da amministratore. Nella Relazione di fine mandato da sindaco di Firenze (2009-2014) emerge come nel 2012, nel passaggio da Ici a Imu, sia stata maggiorata l’aliquota sulle seconde case dallo 0,76 all’1,06 per cento (applicando così l’aliquota massima prevista dal decreto salva Italia). È stata inoltre introdotta, sempre nello stesso anno, l’aliquota allo 0,2 per cento sugli immobili rurali a uso strumentale che prima non c’era. Anche in questo caso l’aumento si può imputare a una decisione comunale, perché il decreto salva Italia che l’aveva introdotta prevedeva per i comuni anche la possibilità di ridurla allo 0,1 per cento. Infine, nel 2013 l’aliquota Imu per le abitazioni principali in categoria A/1, A/8 e A/9 fu incrementata dallo 0,4 allo 0,6 per cento. A onor del vero, in precedenza, nel 2012, l’aliquota sull’abitazione principale era stata ridotta dallo 0,6 allo 0,4 per cento: si era scelto di adottare per le prime case l’aliquota base prevista dal decreto salva Italia per aumentare quella sugli altri immobili. A livello complessivo, però, la pressione fiscale sugli immobili nel comune di Firenze aumentò nel 2012.
Sempre durante il suo mandato da sindaco di Firenze, Renzi introdusse nel 2011 la tassa di soggiorno, con una tariffa variabile da 1 a 5 euro al giorno in base alla struttura ricettiva. La tassa era sì stata istituita con il decreto legislativo 23/2011, tuttavia, il decreto prevedeva solo la facoltà di introdurla, delegando la decisione effettiva a livello comunale. L’aggravio è quindi totalmente imputabile all’amministrazione Renzi.
In veste di sindaco di Firenze, dunque, il leader di Italia Viva ha aumentato in vari casi l’imposta sulle abitazioni e ha introdotto la tassa di soggiorno. Mentre non risulta alcun aumento durante il suo mandato come presidente della provincia di Firenze.
Gli anni a Palazzo Chigi
Ma il più importante aumento delle tasse da ascrivere a Matteo Renzi è avvenuto durante i suoi anni da presidente del Consiglio. Con il decreto legge 66 del 2014 (articolo 3 comma 1) è stato previsto l’aumento dell’imposta sostitutiva sui redditi da capitale dal 20 al 26 per cento a decorrere dal 1° luglio 2014. Per redditi da capitale si intendono i dividendi e i redditi di natura finanziaria, come i capital gain sui titoli azionari o gli interessi sui titoli di debito. L’incremento fu giustificato come misura di giustizia sociale, poiché faceva parte delle coperture di quel decreto volto al rilancio dell’economia attraverso la riduzione del cuneo fiscale.
C’è comunque da dire che durante gli anni del governo Renzi (2014-2016) la pressione fiscale complessiva, ossia il rapporto tra gettito fiscale e Pil con cui si indica il peso dell’imposizione sull’economia di un paese, si è ridotta. Dai conti economici nazionali dell’Istat, risulta infatti che dal 2014 al 2016 la pressione fiscale sia scesa dal 43,1 al 42,2 per cento del Pil.
Il verdetto
Matteo Renzi, nel voler propagandare il suo partito come “no-tax”, ha affermato di non aver aumentato mai neanche un’aliquota. A ben vedere, nella sua carriera da sindaco ha alzato varie volte le aliquote Imu e ha introdotto volontariamente la tassa di soggiorno nel comune di Firenze. Poi, come presidente del Consiglio, ha avallato l’aumento dell’aliquota dell’imposta sui redditi da capitale. La sua dichiarazione è pertanto FALSA, con l’attenuante che, nel complesso, durante il suo governo la pressione fiscale italiana è scesa di quasi un punto percentuale.
Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.
13 Commenti