Politica energetica e sostenibilità ambientale sono temi strategici per il futuro. Nei programmi elettorali si trovano tanti auspici, ma poche descrizioni della maniera in cui si vogliono perseguire gli obiettivi. Soprattutto mancano indicazioni sulla copertura finanziaria degli interventi.
L’ENERGIA NEI PROGRAMMI
Una veloce scorsa alle liste dei candidati alle elezioni politiche che si terranno il 24 e 25 febbraio prossimi lascia un po’ perplessi. Sono tantissime, e quasi tutte promettono, già a cominciare dal nome, una curiosa miscela di rinnovamento e rivoluzione e di termini più rassicuranti, come moderazione e democrazia. Non è semplice orientarsi nella schiera di partiti e partitini, e soprattutto non è chiaro quali siano le effettive differenze tra le formazioni che si muovono all’interno della stessa sponda.
In questo articolo proveremo a capire qualcosa di più riguardo ai programmi, manifesti di valori o carte di intenti dei principali partiti candidati alle elezioni, con un focus particolare su due temi strategici per l’economia e la società quali la politica energetica e la sostenibilità ambientale.
PARTITO DEMOCRATICO E SEL
Partiamo dal Partito democratico, che secondo i sondaggi è quello che attualmente raccoglie le maggiori intenzioni di voto. Il programma dei democratici si chiama “Italia Giusta” e dedica grande attenzione e spazio ai diritti civili e della persona. Non ci sembra ci sia, però, alcun cenno alla questione energetica, se non nella sezione “Beni comuni”, in cui si pone l’accento sull’importanza dell’accesso non discriminato ai beni comuni, tra i quali l’energia. Più che delineare una politica energetica, viene ipotizzato un modus operandi con cui si intende gestire i servizi di pubblica utilità. Nella sezione “Sviluppo sostenibile” il Pd dimostra di non avere ben chiaro, come del resto accade ad altri politici italiani che spesso abusano di questa espressione, cosa sia esattamente lo sviluppo sostenibile. (1) In questa parte troviamo una miscellanea di un po’ di tutto, dal made in Italy all’accesso al credito per le piccole e medie imprese, dall’efficienza energetica all’innovazione tecnologica.
A differenza dei brevi punti presentati dal Pd, il programma di Sel è piuttosto lungo e articolato (sono 50 pagine). Il programma energetico di Sinistra, Ecologia e Libertà punta quasi interamente sulla produzione di energia da fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica. Sostiene la necessità di promuovere eolico, eolico off-shore, fotovoltaico, biomasse, idroelettrico, geotermico, eccetera. E propone sgravi fiscali a chi ristruttura o costruisce edifici a risparmio energetico. Sel sostiene che: “Tutto il patrimonio pubblico andrà ristrutturato, ed ogni investimento pubblico in energie rinnovabili, purché redditizio per il risparmio anche economico, andrà sottratto dal computo dei paramenti del Patto di stabilità”. Peccato non si parli dei soldi con cui Sel intende finanziare queste iniziative, di portata (potenzialmente) gigantesca.
POPOLO DELLA LIBERTÀ-LEGA NORD
Il Popolo della libertà concentra il suo programma su tasse, impresa e giustizia, ma trova anche il tempo di dedicarsi all’energia (paragrafo 13) e all’ambiente (paragrafo 14). Il Pdl punta allo sviluppo delle fonti rinnovabili e della rete elettrica; propone di diminuire le tasse che incidono sul costo dell’energia e di favorire la concorrenza nel settore energetico. Salta subito agli occhi come incentivi agli investimenti e diminuzione della bolletta per i consumatori non siano esattamente due obiettivi coincidenti. Anche in questo programma, come negli altri, manca una descrizione, seppure approssimativa, della maniera in cui si vogliono perseguire gli obiettivi esposti, e soprattutto della copertura finanziaria degli interventi proposti.
I programmi, infatti, pullulano di “auspici”; ne riportiamo, a titolo di esempio, uno contenuto nella piattaforma del neonato Fratelli d’Italia: “Avere il coraggio di investire sulla ricerca, capeggiando, da paese industrializzato privo di centrali nucleari, il consorzio internazionale per la fusione nucleare, cioè il nucleare pulito”. Se il riferimento è al progetto Iter, ricordiamo che una macchina sperimentale è già in costruzione in Francia; del consorzio, oltre all’Unione Europea, fanno parte Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti d’America, India e Corea del Sud, e il costo previsto è di 10 miliardi di euro.
MOVIMENTO 5 STELLE
Il Movimento 5 Stelle dedica una specifico e articolato capitolo del proprio programma all’energia. Obiettivo strategico è quello di puntare sull’efficienza energetica piuttosto che realizzare nuovi impianti, compresi quelli alimentati con fonti rinnovabili. Quello del M5S è uno dei pochi programmi che elenca, oltre agli obiettivi, anche un discreto numero di proposte concrete su come realizzarli, e molte, non necessitando di un’esorbitante copertura finanziaria, appaiono tutto sommato realizzabili. Tuttavia, un limite del programma M5S sull’energia è che si basa sovente su cifre non suffragate da alcuna fonte. Aggiungere da dove si sono presi i numeri che vengono snocciolati può fare la differenza tra un programma credibile e uno sulla carta. Se, poi, alcuni passaggi paiono fin troppo tecnici per poter essere del tutto compresi, altri, come “l’abolizione delle Authority e contemporanea introduzione di una vera class action”, andrebbero decisamente chiariti meglio. (2)
AGENDA MONTI
L’Agenda Monti dedica poche parole al tema dell’energia, all’interno del paragrafo dedicato all’economia verde, tanto ricco di obiettivi, in particolare sui rifiuti, quanto povero di mezzi concreti per raggiungerli.
Sull’energia spicca il richiamo alla proposta di Strategia energetica nazionale, con la menzione di due soli punti qualificanti: la crescita sostenibile e il cosiddetto hub energetico del Mediterraneo. L’ipotesi di fare dell’Italia un hub del gas, se da un lato non è per nulla nuova, dall’altro poggia su solide argomentazioni, quali la favorevole posizione geografica e il peso del gas naturale nell’offerta complessiva di energia, a cominciare da quello nella produzione di elettricità (maggior disponibilità di gas dovrebbe tradursi in prezzi meno onerosi). (3) Occorrerebbe però una riflessione più approfondita per comprendere se lo sviluppo di un hub sia un’esigenza che il mercato avverte oggi. Analoghe considerazioni andrebbero fatte in relazione alle prospettive di allargamento del parco di rigassificatori, che dell’hub fisico sono condizione necessaria. Vi è poi la questione del finanziamento delle infrastrutture necessarie alla realizzazione dell’hub che si effettuerebbero con garanzia di copertura dei costi d’investimento a carico del sistema, e cioè dei consumatori. Molto altro ci sarebbe da dire, ma forse basta questo per chiarire come non sia argomento da trattare con il semplificante lessico della politica, nuova o vecchia che sia.
RIVOLUZIONE CIVILE E FARE PER FERMARE IL DECLINO
Rivoluzione civile presenta uno stringato programma per punti di cui uno specifico “Per l’ambiente”. Sei righe e mezza per enunciare principi e intenti – dalla difesa dei diritti degli animali all’archiviazione di progetti come la Tav, a una mobilità sostenibile che liberi l’aria delle città dallo smog – ma neanche una parola su come raggiungerli.
Anche Fare per fermare il declino presenta un programma essenziale di sole dieci proposte, in cui però ci sono corposi approfondimenti. La questione energetica viene affrontata dal punto di vista della struttura del mercato; Fare vorrebbe una maggiore concorrenza, ed elenca specifici obiettivi per energia elettrica e gas. Anche qui, come nel caso del M5S, il linguaggio è piuttosto tecnico, con la differenza che l’approccio è molto più economico che “ingegneristico”, con un chiaro e comprensibile fine di maggior ricorso al mercato. Lo stesso fine, peraltro, caratterizza anche l’approfondimento sull’ambiente, tema che oggi sconterebbe un approccio troppo dirigista. E infatti numerose sono le proposte per ridurre l’intermediazione della pubblica amministrazione e della politica sulle questioni ambientali.
Ci asteniamo dal dare giudizi su quale sia il programma migliore; parimenti arduo, ma solo per eccesso di scelta, sarebbe indicare il peggiore.
(1) La definizione più accreditata di sviluppo sostenibile è quella del Bruntland Report (WCED, 1987): “uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”.
(2) La perentoria affermazione è, in verità, nel capitolo dedicato a Stato e Cittadini, ma la riportiamo perché inciderebbe in maniera sostanziale su un settore regolato quale è l’energia.
(3) Su lavoce.info ci siamo occupati più volte e in vario modo del progetto dell’hub del gas in Italia.
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