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Gran finale di Draghi a colpi di bazooka

Mario Draghi lascia in eredità a Christine Lagarde una politica monetaria ultra-espansiva. Ha fatto tutto quello che poteva per sostenere l’economia dell’area-euro. Adesso tocca alla politica fiscale. E la Germania dovrebbe fare da apripista.

Le misure adottate dalla Bce

Prima di passare la mano a Christine Lagarde, Mario Draghi ha voluto “blindare” la politica monetaria della Banca centrale europea, mettendo a punto un piano di stimoli monetari all’economia, che sono destinati a durare nei prossimi anni. Contrariamente a occasioni precedenti, non è stato dato alcun limite temporale alla nuova fase espansiva della politica monetaria europea. I tassi d’interesse rimarranno sui livelli attuali, o anche inferiori, fino a quando la convergenza del tasso d’inflazione verso l’obiettivo del 2 per cento non sarà abbastanza robusta. Ciò comporta che anche il nuovo programma di acquisto di titoli sul mercato abbia una durata indefinita.

La prima misura adottata il 12 settembre scorso dalla Bce è una ulteriore riduzione del tasso sui depositi delle banche presso la Bce stessa, già in territorio negativo: da -0,40 a -0,50 per cento. Il provvedimento è volto a stimolare le banche a “fare circolare” il denaro che ricevono in prestito dalla Bce. Bisogna però ricordare che, se anche una banca presta il denaro ricevuto, questo finirà comunque per essere depositato in un’altra banca, che si troverà con una liquidità in eccesso da depositare presso la Bce. In altre parole, la singola banca può disfarsi della liquidità in eccesso, ma il sistema nel suo complesso no. I tassi negativi finiscono quindi per essere una tassa sul sistema bancario. Ecco perché la Bce è venuta incontro alle richieste delle banche, esentando parte delle riserve depositate presso la banca centrale dal pagamento dello 0,50 per cento.

Per favorire l’afflusso di credito bancario all’economia, la Bce ha anche deciso di rendere più favorevoli le condizioni del programma di prestiti a lungo termine che concede alle banche (Targeted Longer-term Refinancing Operations – Tltro III). Il tasso di interesse su questi prestiti è stato ridotto di 10 centesimi e potrà raggiungere il livello di -0,50 per cento. La loro durata è stata estesa da due a tre anni.

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Ma il pezzo forte è la ripresa del Quantitative easing (Qe), il programma di acquisti di titoli sul mercato. Solo un anno fa, la Bce stava realizzando il suo programma di uscita dal Qe iniziato nel 2015, prima riducendo e poi terminando gli acquisti di titoli a partire dal 1° gennaio 2019. L’inversione di rotta, preparata con gli annunci dei mesi scorsi, vedrà una ripresa degli acquisti di titoli per 20 miliardi al mese a partire da novembre. Gli acquisti continueranno fino a poco prima di un eventuale aumento dei tassi di interesse. Peraltro, la Bce continuerà a sostituire i titoli acquistati in scadenza con nuovi titoli, per un lungo periodo dopo l’avvio della fase di rialzo dei tassi d’interesse.

Perché l’inversione di rotta? La risposta va trovata nell’indebolimento dell’economia europea, che quest’anno ha colpito anche il “motore” dell’area-euro: la Germania. La Bce ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita dell’area euro per il 2019 e 2020, che si collocano ora, rispettivamente, all’1,1 e 1,2 per cento. Le previsioni di inflazione sono state ribassate per tutto il triennio 2019-2021: per l’anno prossimo si prevede un tasso d’inflazione dell’1 per cento, in calo rispetto all’1,2 per cento di quest’anno.

Funzioneranno?

Che effetto avranno le misure sull’economia reale? I principali canali di trasmissione sono due: quello bancario e quello del tasso di cambio. Sul primo ci sono segnali che possa funzionare. I prestiti alle imprese crescono a un tasso soddisfacente (vicino al 4 per cento) e l’ultimo Bank Lending Survey della Bce segnala un aumento della domanda di prestiti da parte delle imprese (non dovuto all’accumulo di scorte). Quindi possiamo sperare che la maggiore liquidità che la Bce fornisce alle banche venga almeno in parte girata alle imprese, sempre che l’avversione al rischio degli istituti bancari non aumenti repentinamente.

Il secondo canale, la svalutazione del valore esterno dell’euro a sostegno delle nostre esportazioni, ha funzionato bene in fasi precedenti del Qe. In prospettiva, molto dipenderà dalle reazioni delle altre banche centrali, a cominciare dalla Federal reserve, sulla quale preme il presidente Usa Donald Trump. È prevedibile che la Fed reagirà alla mossa della Bce con ulteriori provvedimenti espansivi, cercando di contrastare un eventuale rafforzamento del dollaro.

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I governi facciano la loro parte

La Bce sta facendo tutto quanto è in suo potere per contrastare l’indebolimento del ciclo economico in Europa e per ancorare le aspettative di inflazione all’obiettivo del 2 per cento. Tuttavia, è indispensabile che la politica monetaria non sia lasciata da sola. Finora è stata l’unico strumento di contrasto alle contrazioni del ciclo economico, in presenza di una politica fiscale europea “ingessata” dal Fiscal compact, che ha indotto alcuni paesi a fare una politica addirittura pro-ciclica. Ben vengano quindi le proposte di revisione del quadro istituzionale europeo avanzate in questi giorni dall’European fiscal board, che prevedono regole più flessibili e più favorevoli alla crescita. Ma ci vorrà tempo perché vengano discusse ed eventualmente adottate. Intanto, i paesi che se lo possono permettere, a cominciare dalla Germania, dovrebbero fare una politica fiscale più espansiva, come la stessa Bce chiede.

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Ma ogni arma monetaria è a doppio taglio

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Un commento di Francesco Giavazzi all’articolo di Franco Bruni

  1. Savino

    Gli italiani si sanno difendere solo con le svalutazioni, rimandando i problemi strutturali; così avremmo fatto con la nostra liretta.

  2. bruno puricelli

    Egr. prof Baglioni,
    la situazione mi ricorda la sindrome giapponese negli anni ’90 dalla quale sembra usciranno lentamente (sono passati> di 20 anni!).
    Occorre uno strumento “alieno” per modificare il quadro stabilmente deficitario perché deficitarie sono tutte le politiche indifferenti alla fiducia negli individui: i produttori non investono perché manca la domanda, i cittadini non spendono perché non c’è fiducia della certezza di un reddito soddisfacente. Lo strumento “Alieno” consisterebbe in una operazione con collaterali che non intacchino la moneta in tasca ai cittadini e contemporaneamente non intacchino il debito pubblico così da poter sforare il 3% risparmiando gli interessi passivi. La soluzione a mio avviso c’è e l’ho più volte accennato su questo sito ma la “vulgata” dell’intellighenzia la snobba. Chiedere per lumi

  3. Marcomassimo

    Forse a qualcuno sfugge che il monetarismo, il formidabile impianto teorico elaborato dei ceti dominanti e propagandato con potenti mezzi finanziari a destra e a manca, nelle università come nei media; il monetarismo è alla frutta; possono pompare tutti i liquidi ed i titoli che vogliono, farli diventare 1000 volte il valore economico sottostante ma tanto l’economia non si schioda.
    E pure la riduzione delle tasse non serve se la gente non compra; il solo modo efficace è ridare fiducia alla gente e per farlo servono solo investimenti pubblici, posti di lavoro decenti e non asfittici, salari decenti per tutti, prima di tutto per quelli che stanno col cappio al collo, non certo per i supermanager parassiti che tanto quelli anche volendo più di tanto non possono fisicamente spendere ; se la Germania si vuole risollevare deve prendere esempio, ironia del destino, da Hitler, che in un fazzoletto di anni capovolse di 180° le sorti economiche tedesche; purtroppo si deve dire che Hitler ne capiva di più di economia dei 4 beccamorti liberisti che ci stanno ora in Europa.
    E che togliessero di mezzo quel’obbrobrio, quel film horror sadomaso che sono i MINIJOB che gridano vendetta al cielo come le aquile di Varo perdute nella selva di Teutoburgo.

  4. UEExit2020

    Il problema è che non esiste l’unione europea ma solo una somma di interessi dei singoli stati. La Germania ha vinto la guerra commerciale in UE dal 2000 al 2007 puntando sull’euro e sulka svalutazione competitiva e l’export. Ora si vorrebbe che cambiasse improvvisamente direzione per puntare all’import per far recuperare gli altri partners europei, posto che gli usa chiudono il loro mercato. Cioè i tedeschi dovrebbero rinsavire e capire che far fallire i mercati del sud Europa vuole dire segare l’albero su cui poggiano e su cui hanno costruito il loro surplus commerciale? Ma lo capite che è utopia. Quale politico tedesco dopo che per anni ha alimentato l’idea del sud europa fannullone e indebitato, potrebbe convincere l’opinione pubblica tedesca del contrario e che salvare l’Europa del sud è nel loro stesso interesse?
    La propaganda anti sovranista sarà la causa del fallimento del progetto europeo.
    Il progetto di unione europea è semplicemente destinato a implodere perché non si regge su strutture democratiche, bensì imposte dall’alto.
    Speriamo solo che avvenga in una trattativa commerciale pacifica fra i singoli stati (e non con una guerra), ma l’esempio brexit non è di buon auspicio.
    Quando un matrimonio non funziona ci si lascia senza punire i figli per gli errori dei genitori.

  5. marcello

    Vorei soltanto fare una breve considerazione su questo mantra del fare i propri compiti. Mi chiedo se non sia il caso di porre con maggiore determinazione il tema dell’esistenza dei paradisi fiscali nell’UE. Che senso ha citare come esempi da seguire Irlanda e Olanda se sappiamo che detengono il 50% dei FDI e che questo avviene perchè la loro tassazione sulle imprese è del 12,5% e 25%? Oxfam mette Olanda Irlanda e Lussemburgo tra i primi 10 paradisi fiscali del mondo. Il FMI associa il “double Irish with a Dutch sandwich” con le pratiche dei paradisi fiscali caraibici. Possiamo dire qualcosa di sinistra sul tema o il problema è sempre quello del tagli, vorrei sapere cosa, della spesa pubblica? Si puà chiedere di porre ll’ordine del giorno il tema della concorrenza fiscale nell’UE?

    • Henri Schmit

      Giustissimo. L’UE è solo un patto che permette agli Stati di essere più efficienti, più floridi e più forti, non la salvezza degli Stati incapaci. C’è quindi una soluzione diversa alla situazione insostenibile che lei sta descrivendo: che gli elettori italiani capiscano che sono i loro responsabili politici che da 30 anni non promuovono né tantomeno applicano politiche economiche e fiscali efficienti e convergenti. Per quanto concerne regimi fiscali abusivi i rimedi sono due: un ricorso davanti alle autorità europee (efficienti, cf. sentenza di oggi contro il Lussemburgo ma che condanna FCA di rimborsare qualche decina di milioni al tesoro lussemburghese troppo generoso nei confronti del gruppo italiano) e davanti alle autorità italiani (incapaci o conniventi) che possono disconoscere montaggi fiscali internazionali abusivi). Basterebbe farlo invece di chiedere quello che non sarà concesso dagli altri stati, cioè un’uniformazione fiscale fra i vari paesi UE.

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