La collaborazione tra Volkswagen e Ford su auto elettriche e veicoli a guida autonoma ribadisce la necessità di grandi volumi per giustificare investimenti ingenti. Che sono utili per continuare a primeggiare nelle vendite. E per scongiurare sanzioni.

L’accordo Volkswagen-Ford

La mobilità di merci e persone nei prossimi anni pare inevitabilmente destinata a cambiare. Già oggi, nelle città, si vedono sempre più mezzi – dalle bici ai monopattini – spinti o aiutati dall’energia elettrica e anche le automobili del prossimo futuro dovrebbero utilizzare questo “carburante” che non ha emissioni (dirette) allo scarico.

Tra le case automobilistiche più attive nella rivoluzione – o meglio, tra quelle che si candidano a giocare un ruolo da protagonista – vi è certamente il Gruppo Volkswagen che, nonostante gli oltre 27 miliardi di euro già sborsati per sanzioni e richiami dovuti al Dieselgate, conta di investirne ben di più nell’auto elettrica. Arma non segreta per condurre la battaglia elettrica sarà la specifica piattaforma Meb (Modularer E-Antriebs-Baukasten) che sarà utilizzata su vetture Audi, Seat, Skoda e Volkswagen, ma pure da almeno un modello Ford. Il colosso tedesco e quello americano hanno infatti ampliato l’alleanza pattuita a gennaio su veicoli commerciali e pick-up (quelli della Serie F della Ford sono i più venduti al mondo) alle vetture elettriche e ai veicoli a guida autonoma. Cardine dell’accordo, in quest’ultimo ambito, sarà l’Argo AI, un’ex startup, da inizio 2017 controllata da Ford grazie a un investimento di un miliardo di dollari; i tedeschi ve ne investiranno altri 2,6 e vi faranno confluire la società di veicoli autonomi oggi gestita da Audi.

Accordi per condividere costi e rischi

Gli accordi tra case automobilistiche concorrenti che riguardano piattaforme (il telaio, la base su cui viene costruita la vettura) e, dunque, stabilimenti produttivi sono piuttosto frequenti perché spinti dal peso crescente dei costi fissi, che richiede grandi volumi per assicurare un ritorno adeguato sul capitale investito. Volkswagen, forte dei 10,8 milioni di auto vendute nel 2018 con tutti i suoi otto marchi (256.255 le Porsche) – oltre 300 mila più di Toyota e quasi 500 mila più dell’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi – fa le cose in grande con cinque modelli tutti elettrici da immettere sul mercato entro il 2021. Del resto, il vertice della classifica mondiale è stato raggiunto proprio grazie alla flessibilità delle piattaforme, che permettono un’offerta estremamente variegata, con decine di modelli in listino. L’obiettivo ora è scalare velocemente le classifiche di vendita delle auto elettriche, che dovrebbero garantire il 40 per cento del fatturato nel 2030. Per il solo lancio della capostipite, la ID. 3 – addirittura il terzo capitolo della storia Volkswagen, dopo Maggiolino e Golf – non ancora presentata in versione definitiva ma ordinabile già da maggio, sono stati investiti 10 milioni di euro in soli spot televisivi, manifesti, filmati social, e da giugno 2018 è stato realizzato un prototipo da corsa, la ID R, che sfida con alterne fortune anche i record delle auto a benzina.

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L’aver trovato un partner in Ford, un altro grande costruttore generalista, è il modo migliore per ridurre costi e rischi, specie in ragione del “deserto del profitto” evocato dagli analisti. Si moltiplicano infatti le voci che giudicano spropositati gli investimenti miliardari di fronte a una domanda che, anche in prospettiva, appare ancora piuttosto fiacca. Per la stessa ID. 3 è già attesa una perdita di circa 3 mila euro per ogni vettura fino al 2025.

Pur condividendo l’analisi, e ricordando che il flop di una vettura di grande serie può avere su una casa automobilistica gli stessi effetti del flop di un colossal cinematografico su una casa di produzione (come nel celebre caso de “I Cancelli del cielo” per la United Artists), crediamo che gli investimenti (e i relativi annunci) vadano letti anche in relazione al conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO₂.

Come difendersi dalle sanzioni

Per stare all’Unione Europea, se le case automobilistiche non conseguiranno gli obiettivi del 2021 (già rinnovati al ribasso per il 2025 e il 2030) dovranno pagare sanzioni potenzialmente milionarie: 95 euro per grammo di CO₂ in eccesso per numero di autovetture immatricolate. Per convenzione alle auto elettriche nel conteggio sono assegnati zero g CO₂/km. Come rilevato dall’Agenzia europea per l’ambiente e al contrario di quanto avvenuto dal 2010 al 2016, dal 2017 le emissioni medie stanno aumentando. Quelle del Gruppo Volkswagen, ma anche di Ford, non fanno eccezione e l’ostracismo al diesel non fa che peggiorare la tendenza. Il rischio di sforare, e di conseguenza di multe, è elevato.

Senza mettere in dubbio l’impegno sulla piattaforma Meb, o quello di Fca a Mirafiori per la 500 elettrica o a Melfi per le Jeep ibride plug-in, arrivare alla scadenza del 2021 dimostrando di essere attivi almeno sul lato dell’offerta, può, come minimo, aiutare a negoziare le sanzioni. Per evitarle, infatti, non basta produrre auto a zero emissioni, ma è necessario venderle. Tuttavia, averle in gamma permetterà di spostare il dibattito sulle condizioni per la diffusione delle auto elettriche, a cominciare dalla disponibilità e velocità di rifornimento delle infrastrutture di ricarica, e sulla introduzione di incentivi di diverso tipo. Per quanto concerne le infrastrutture, peraltro, è più utile accordarsi con i distributori di carburante invece di pensare di istallarle, per esempio, presso le concessionarie, come appare da diversi piani delle case automobilistiche.

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Nel caso della guida autonoma, invece, più che le norme, le case automobilistiche paiono subire la spinta dei giganti dell’Ict, che ci vorrebbero eternamente connessi. Pure in quest’altro oneroso ambito le alleanze vanno di gran moda, anche perché permettono una presenza globale, utile per poter avere regole e infrastrutture abilitanti comuni (come le reti 5G) a livello sovranazionale. Il ricorso alla guida autonoma ha le potenzialità per ridurre lo spazio occupato dagli autoveicoli e quindi la congestione, contro cui nulla può neanche la più ecologica delle alimentazioni. Ma questo dipenderà dalle future regolamentazioni e dalle scelte dei consumatori.

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